10 anni senza Aldro
Sono passati dieci anni da quel maledetto 25 settembre. Federico aveva 18 anni, come è successo a tutti a quell’età aveva appena passato una serata insieme agli amici in un locale a Bologna. Dopo aver salutato gli amici incontra la Polizia. E muore. Chi volesse ripercorrere la storia di quel giorno, e la vicenda giudiziaria che ne è seguita, può vedersi E’ stato morto un ragazzo, il documentario di Filippo Vendemmiati premiato con il David di Donatello.
Non conoscevo Federico. Ma ricordo bene quel giorno, o meglio, ricordo bene i giorni che seguirono. Le veline della Questura, il giovane “tossico” morto per malore, il disinteresse della città, il dolore della famiglia. “Beh, sì dai…”, devo confessare che la mia reazione sul momento fu più o meno questa: un altro caso come tanti, pensai, non ne sapremo nulla come nulla abbiamo saputo delle tante morti sospette avvenute nelle strade, nelle caserme e nelle carceri del nostro paese. Non conoscevo la mamma di Federico, pur frequentando spesso il Comune, ma le sue colleghe mi avevano cominciato a raccontare delle stranezze del caso, delle foto e delle indagini fantasma. Poi è stato pubblicato l’appello di Patrizia Moretti sul blog e improvvisamente si è rotto l’incantesimo. Grazie a quelle parole, grazie a quella foto tutti hanno potuto vedere, tutti hanno potuto sapere, tutti hanno potuto farsi domande. Qualcuno ha finalmente dovuto dare risposte.
Ferrara è una bellissima città: il Po e la sua pianura l’avvolgono nella nebbia, è una città lenta come tutta la provincia italiana e con un tessuto sociale che solo da pochi anni ha saputo aprirsi all’esterno. Ma ha anche anticorpi democratici profondi. Magari pochi, sicuramente lenti ad attivarsi, ma profondi. Un po’ come è successo recentemente per un’altra terribile immagine, grazie alla potenza di quella denuncia, anche in città qualcosa è accaduto. E’ nato il comitato, ci sono stati i primi presidi fatti da poche decine di persone in una piazza fredda e deserta, la stampa ha cominciato a parlarne. Ma larghi strati del tessuto sociale di quella che noi, sempre più a fatica, continuiamo a chiamare sinistra continuavano a pensare “è un tossico che se le è andata a cercare”, e forse lo pensano ancora. Ma il movimento per chiedere giustizia è cresciuto, sino alla grande manifestazione nazionale dell’anno successivo che ha sancito la svolta nella coscienza della città è del paese.
Prima però, va sottolineato, sono arrivate le Istituzioni, Sindaco di allora in primis, a chiedere conto alla Questura di quello che era successo. Prima ancora del grosso della cosiddetta società civile, e prima di gran parte della stampa: solo grazie a questi interventi c’è stata prima la sostituzione del Questore e poi l’avvio delle indagini, oramai però inquinate da quella “falsa partenza”.
Oggi, a 10 anni dalla scomparsa di Federico, dobbiamo ringraziare Patrizia Moretti, Lino e Stefano Aldrovandi, la famiglia e gli amici di Aldro per il loro coraggio, perché hanno saputo condividere con noi il loro dolore e la loro sete di giustizia. Dobbiamo ringraziarli perché senza di loro probabilmente altri casi come quello di Federico sarebbero finiti nel grande cesto dei “Beh, sì dai…”. Li dobbiamo ringraziare, e allo stesso tempo scusarci con loro, perché forse è proprio grazie alla loro incommensurabile perdita se oggi siamo ancora qui a lottare per l’introduzione del reato di tortura, per l’identificazione delle forze dell’ordine durante le manifestazioni, e se ci poniamo il problema della democratizzazione delle forze di polizia.
E proprio di questo si discuterà a Ferrara nella due giorni organizzata dall’Associazione Federico Aldrovandi in occasione del decennale (programma qui e su Facebook) che culminerà con il concerto per Federico di sabato 26 settembre. Perché finita la vicenda giudiziaria la famiglia e gli amici vogliono che Federico sia ricordato per quello che era: un ragazzo di 18 anni con tanta voglia di vivere.
Va fatto un ultimo ringraziamento. Alla persona che ha permesso che il caso di Federico giungesse a 4 condanne: Anne Marie Tsegueu, ospite nel nostro paese, ora cittadina onoraria di Ferrara, che ha saputo vincere la paura di un permesso di soggiorno in scadenza per insegnare a tutti noi, testimoniando in tribunale, cosa significa voler vivere in una società giusta.
*Consigliere comunale Sel a Ferrara