La mossa di Paola
A rimanere turbati dalla mossa a sorpresa di Paola Bacchiddu sono stati molti uomini e donne appartenenti al mondo di sinistra, sinistra un po’ più di sinistra, per capirci. E donne soprattutto. Non so se il turbamento sia dilagato altrove. Il gossip sicuramente sì. Ma il turbamento un po’ ansioso, quello che lascia spaesato e pieno di dilemmi chi ne viene colpito, riguarda solo quel preciso pezzo di mondo. La sinistra, appunto. Uomini e donne, per motivi in parte convergenti in parte no. Le donne particolarmente ostili per il rispecchiamento negativo in quella donna, che sbalestra il canone dell’”essere donna di sinistra”. Ancora dura infatti ed è dura a morire la trappola della fusionalità del sesso femminile .
Bacchiddu è una giovane giornalista, sostiene la lista L’altra Europa con Tsipras, si è messa a disposizione prendendosi la responsabilità di dirigere il gruppo comunicazione della lista. E’ noto, almeno a chi condivide la scelta dell’Altra Europa con Tsipras, che i media hanno creato intorno alla lista un muro invalicabile. Nessuno ne parla. Non fa notizia, semplicemente non esiste. Il circo politico-mediatico gioca tutta la partita delle elezioni europee in chiave di competizione elettorale tra Renzi e Grillo. Renzi il salvatore dell’Italia, Grillo lo sfasciatore. Tutta la messa in scena mediatica, salve le dovute concessioni a Berlusconi – per altro utili anche a Renzi – è finalizzata a promuovere a vantaggio del premier il voto utile. L’Altra Europa con Tsipras, stando così le cose, potrebbe chiudere baracca e burattini e mandare tutti a casa, con tanti saluti per i quasi trecentomila cittadine e cittadini che con le loro firme hanno reso possibile la presentazione delle liste.
Bacchiddu ha chiaro il quadro della situazione, conosce bene polli e pollame di quel mondo e avverte la pesantezza delle dinamiche escludenti in atto, che possono rendere impossibile per la lista superare lo sbarramento del quattro per cento. La faccia nell’impresa lei ce l’ha già messa, cercando spazi sui media, interloquendo in tutte le direzioni, scrivendo e telefonando a destra e manca. Decide di metterci il suo bel fondoschiena, per altro compostamente rivestito di bikini, e pubblica su fb la foto ormai nota, con la frase, altrettanto nota, che per la lista lei è pronta a tutto. Tenta l’azione eclatante, insomma, vuole smuovere le acque. E via così, dove la porta il cuore.
Qual è il problema? Che le donne sono ancora o madonne o puttane e non sapete dove piazzare una che sta dalla vostra parte ma si comporta liberamente, scombinando il canone della maschile semantica politica?
Quella di Paola Bacchiddu è una scelta in tutto e per tutto consapevole e libera, in cui il suo corpo e ogni sua parte non sono oggetto a disposizione di nessuno ma un tutt’uno col soggetto decidente, cioè lei stessa, espressione diretta di quella decisione. “Ci ho messo la faccia, ci metto anche il culo”, tanto per dirla come si dice ormai senza pudibondi convenevoli in ogni dove. Atto di una donna che decide di dare corso al suo desiderio – fare di tutto per il successo dell’impresa a cui oggi tiene fortemente – e si assume la responsabilità di quello che fa e di quello che dice. Esporre provocatoriamente il suo corpo, pubblicando una fotografia che in sé, per altro, non ha nulla di provocante – una foto da spiaggia come centinaia di altre – e vedere l’effetto che fa.
Sul piano simbolico – nel contesto conflittuale in cui avviene, cioè la tensione tra chi non vuole dare spazio alla lista a livello di informazione e lei che vuol rompere quegli impedimenti – la decisione di Paola è come la mossa del cavallo nel gioco degli scacchi, l’attacco di una guerriera, che non si tira indietro e tenta la mossa vincente. E’ però proprio quello stesso contesto a far diventare provocatoria, altamente perturbante la mossa. Perché il contesto è antropologicamente prima ancora che politicamente quello di cui sopra, con una sinistra ancora in parte pervasa da una sorta di sindrome duale del sacro e del profano, dove il sacro è l’idea della politica in sé e della sua ritualità semantica, e il profano è la dimensione del personale e del privato, con il suo firmamento denso di debolezze e contraddizioni su cui si transige senza preoccupazioni nella sfera appunto del privato. E invece quelle debolezze e contraddizioni sono, come il femminismo ha spiegato, pane quotidiano della politica.
Ma la sordità a sinistra su questo decisivo tasto non ha smesso di essere tale. La vocazione a tenere separati i piani, a non contaminare l’uno dell’altro, è sempre forte, un marchio di fabbrica, dove convivono i fantasmi di antiche dignità operaie e le tracce pesanti di postmoderne ipocrisie politiciste. La foto del fondoschiena di Paola mostrata agli amici in un ambiente privato avrebbe al più suscitato qualche complimento un po’ spinto, messa là invece come, messaggio e sfida di ispirazione politica, “à la guerre comme à la guerre”, scombina la semantica interiore, il senso delle cose, l’ordine dei valori. E’ il feticcio della politica, dimensione compiuta in sé, etico-morale in radice, a essere messo in discussione dalla contiguità con un corpo femminile e dal desiderio osceno – nel senso etimologico del “fuori scena – che esso può suscitare. Oscenità dell’incongruo accostamento di un corpo sessuato di donna al corpo mistico della politica, che mette in discussione quadri mentali escludenti, scale di valori, rapporti tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Anche nei commenti negativi che molte donne di sinistra hanno espresso sulla vicenda è presente questo retro-pensiero ma è più sfumato, come tutto ciò che le donne accolgono del modo maschile di concepire le cose e di collocarle in una dimensione simbolica. Ma In loro, nelle donne di sinistra, la l’ostilità al fondoschiena di Paola Bacchiddu è più direttamente frutto del canone della dignità femminile messa sotto scacco e del non volersi confondere di fronte allo sguardo maschile (di sinistra) che giudica. Non sono come lei. Perché la dignità per molte donne di sinistra è attraversata anche da quei fantasmi della politica sacralizzata di cui sopra.
La dignità da affermare come valore e tutelare è stato il motore del movimento “Se non ora quando”, e delle mobilitazioni femminili di piazza e di opinione contro i fasti belusconiani del passato, e il rapporto tra sesso e potere che quei fasti hanno alimentato. Possiamo chiamarlo “femminismo moralista” perché di questo nel suo focus ispiratore significa. E’ una componente diffusa e pervasiva della cultura mean streaming dominante a sinistra ed evidenzia un posizionamento femminile sul mondo che rovescia nel suo contrario, in una sorta di declinazione regressiva, la più grande acquisizione della modernità di cui le donne sono state protagoniste: il loro essere responsabili di se stesse e delle proprie scelte, fuori da modelli etici e graduatorie valoriali da altri decise.
Della nostra grande storia femminista questo è il punto essenziale, che ha mutato l’ordine delle cose e messo al mondo la libertà femminile. Che vale grandemente in sé perché può aiutarci a costruire meglio le nostre vite, le vite di chi amiamo e le cose che amiamo. Tutto il resto è Troika.
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