Nomine aziende partecipate: un cambio di passo da sostenere
Colpisce l’inusuale silenzio, da parte del mondo politico e sindacale, seguito alle nomine delle aziende partecipate dallo Stato. Le nomine hanno riguardato un gran numero di consigli di amministrazione, tutti caratterizzati come espressione di un centrodestra che sembra lontano anni luce dai sentimenti politici attuali degli italiani.
È difficile credere che della gestione delle aziende partecipate non importi più a nessuno, né del loro destino industriale, né degli occupati, diretti e indiretti; semmai tutto questo può essere letto come un segno dei tempi, in cui le scelte della politica nell’economia sono viste come ineluttabili e lo spoil sistem è giudicabile solo a valle dei disastri gestionali.
Eppure questa volta, per le aziende strategiche nei settori energetici, così non è stato e la scelta è stata fatta a valle di un lavoro importante di una commissione del Senato che ha analizzato l’operato dei Consigli di amministrazione uscenti.
Un elemento di discontinuità con un passato che è durato per ben 13 interminabili anni, in cui la piena autonomia gestionale degli amministratori è stata da loro fraintesa al punto da ridurre il collegamento con la sfera pubblica al solo distacco della cedola.
Vogliamo sperare che i risultati della commissione presieduta dal Senatore Mucchetti siano stati il punto di partenza che ha permesso al Governo di poter rivoluzionare le aziende partecipate e le nomine che ne sono scaturite.
Nel caso di Enel e di ENI si è scelto la provenienza interna e i nuovi AD rappresentano, sicuramente, il giusto mix di: conoscenza delle aziende, dei settori in cui operano e della necessità di un cambiamento culturale oltre che politico.
Il pensiero renziano si è concretizzato nell’affermazione: non esistono donne e uomini adatti a tutte le stagioni.
Ma allora, per coerenza con l’ondata di novità dell’azione governativa, è necessario rispondere ad altri quesiti: quale mandato è stato assegnato ai nuovi amministratori e quale sarà la nuova modalità di verifica della coerenza tra il mandato espresso e i risultati ottenuti? A chi spetta la conoscenza della mission di politica economica? Al solo Governo (di turno) o anche al Parlamento?
Se riflettiamo sul fatto che aziende come ENI ed Enel, per i settori in cui operano, hanno da sempre un ruolo chiave nella strategia energetica nazionale, conoscere gli aspetti sopra richiamati è il vero elemento di discontinuità con il passato, senza nulla togliere alle importanti richieste sul piano dell’etica manageriale (nel solo caso di Enel l’Assemblea degli azionisti ha fatto proprio il requisito di onorabilità come richiesto dal Ministro dell’economia).
Non è sfuggito che i compensi riconosciuti ai nuovi vertici sono ben diversi da quelli che gli usciti si sono auto-assegnati nel corso delle loro interminabili gestioni, condividendo con una platea amica i riconoscimenti a dispetto dei risultati tutt’altro che positivi.
La credibilità del nuovo corso sarà espressa anche dal modello organizzativo, già in parte innovato in ENI e in progettazione in Enel; un aspetto non marginale visto, per esempio, l’importante ruolo (sic) assegnato nel passato alla comunicazione, soprattutto nella fase di realizzazione del progetto nucleare per conto del Governo Berlusconi.
Il bisogno di cambiamento era percepibile anche all’interno dell’azienda, confermato dall’esito di ben tre indagini di clima.
Una calma ovattata ha assorbito negli anni passati ogni possibile dissenso, reso impossibile anche dall’assenza di un’azione sindacale di alto profilo e con le organizzazioni di categoria piuttosto schiacciate sulle esigenze contingenti del management; ogni scelta “strategica” sostenuta da una campagna pubblicitaria a sostegno, sia all’interno dell’azienda sia al di fuori.
Tanto a giustificazione degli insuccessi c’era sempre la scusante della crisi della domanda e dell’aumento dei costi delle fonti energetiche.
Le dimissioni registrate in Enel in questi giorni danno l’idea che qualcosa sta cambiando e le prime parole dell’Amministratore Delegato lo hanno premesso con determinazione.
Ma oltre al mandato ricevuto dal Governo che attiene ai poteri di indirizzo dell’esecutivo, molte scelte rientreranno nel ruolo che l’Ex Ente deve svolgere nell’ambito delle strategie di politica energetica del Paese, condizionate dal nuovo assetto del mercato elettrico che l’Europa vorrà darsi e dall’allineamento delle politiche ambientali dei singoli Stati.
Un quadro complesso in continua evoluzione che fa sembrare già superato il lavoro avviato dal Governo Monti sulla Strategia Energetica Nazionale, come preludio al PEN (Piano Energetico Nazionale).
Strategie di lungo periodo che non possono escludere le forze politiche e che possono essere in continuità con quanto avviato dalla Commissione Mucchetti.
SEL in questo scenario è portatore di una visione non marginale per un futuro ecologico dell’economia e le assunzioni di responsabilità in questa fase di trasformazione del Paese devono riguardare anche temi sostanziali quali l’energia e quale sostenibilità assicurare alle future generazioni.
Il nostro Partito, travagliato in questo periodo da dubbi esiziali, può e deve incalzare il Governo sulla redistribuzione della ricchezza e dell’equità sociale, sui diritti delle persone e sul valore sociale del lavoro; ma tali tematiche comportano progettualità e attenzione anche su corollari come l’azione di volano per l’economia industriale delle aziende partecipate; il rilancio del paese e i costi dell’energia; la sicurezza energetica e la sostenibilità ambientale attraverso il recupero dei disastri sul territorio.
Siamo una sinistra di governo e abbiamo chiaro che occupazione, economia e sociale necessitano di idee e luoghi dove discuterne, oggi dall’opposizione domani chissà.
Giuseppe Macrì
Coordinatore Circolo SEL di Enel
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