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Giovedì, 6 marzo 2014

A chi dare il cinque

astolfo

E’ successo ieri, mercoledì, sulla rotta Bruxelles-Siracusa. Come già Sigmund Freud fece con il circolo degli psicanalisti viennesi radunandoli a casa sua ogni mercoledì sera, così Matteo Renzi dedicherà questo stesso giorno della settimana per visitare una città italiana e fare incontri. Ha cominciato da Treviso, e ieri è toccato a Siracusa. Vuole capire le condizioni reali del paese, per poi risollevarle definitivamente con Del Rio e Alfano. E da dove comincia il capire se non dall’ascoltare? Così ieri ha ascoltato i bambini e i ragazzi di una scuola materna ed elementare della città che, radunati dalla maestra in uno dei pochi angoli non pericolanti della scuola, cantavano una canzoncina scritta appositamente per lui.

Titolo: Clap and jump per Renzi. Testo: Facciamo un salto, battiam le mani / ti salutiamo tutti insieme presidente Renzi / muoviam la testa, facciamo festa. Grillo, sospese per un istante le procedure giornaliere di espulsione, ha avuto da ridire: “Come il Duce con i Figli della Lupa”. Ma dai, non si può neanche più canticchiare in classe adesso? Spontaneamente, poi. Finito il recital, il Presidente si è rivolto a un bimbo: “Tu, come ti chiami?”. “Roberto” (ai bimbi di nome Enrico la maestra il giorno prima aveva mandato un twitter che diceva: staiserenomaacasa). “Dammi il cinque”, ribatte il Renzi gaudente levando in alto la mano destra. In quel preciso istante riceve in pieno mento, come risposta, un poderoso uppercut, il pugno d’attacco per eccellenza nella boxe, che lo stende in pieno. Non viene da Robertino, ma da Bruxelles.

Dentro il pugno, un messaggio. Dice più o meno così: “Siete un paese dagli squilibri eccessivi, al livello della Slovenia e della Croazia. Toglietevi dalla testa la balzana idea di venirci a chiedere di rivedere il tetto del 3% per ricavare risorse con cui volete riverniciare le scuole, pagare gli arretrati della pubblica amministrazione alle imprese e ridurre il cuneo fiscale.” E mentre i bimbetti siracusani ricantano più volte il motivetto clap and jump nel tentativo di rianimarlo, il governo corre ai ripari. Per adesso mediatici.

Parte all’attacco Filippo Taddei, responsabile economico del Partito Democratico. Minimizza. E’ un documento “tecnico” (non lo era anche la letterina di Trichet che mandò a casa Berlusconi?), “non vedo dove sia la notizia” (in effetti), ridurremo il debito facendo ripartire la crescita (non si vede dove sia la notizia). E snocciola la sua ricetta: ridurre il debito, per ridurre il debito aumentare la crescita, per aumentare la crescita abbassare le tasse sul lavoro, per abbassare le tasse sul lavoro senza far risalire il debito tagliare la spesa pubblica. Tutto bello, professore, chiede l’intervistatore. Ma dove taglierete? Da Siracusa i bimbetti sospendono il coro e trattengono il fiato. “Lo scoprirete presto. Non dico una virgola in più, la saluto.” Riprende deluso e sempre più stonato il clap and jump che già tocca a lui, al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.

Domanda del giornalista del Sole-24 Ore : “Renzi spinge a tutta forza. 10 miliardi di cuneo fiscale, 60 di pagamenti alle imprese, jobs act, edilizia scolastica, credito d’imposta per la ricerca. Lei sa dove prendere i soldi?”. “Stiamo verificando la possibile entità dell’intervento e dei relativi tempi.” Da Siracusa segnalano una resipiscenza del Presidente Renzi, un po’ per l’effetto stordente ormai del clap and jump, un po’ per quello deludente o poco rassicurante dei suoi uomini di partito e di governo. Solleva il busto d’intorno e con la voce querula di chi ha un fastidioso cerchio alla testa dice: “I numeri non sono quelli di Letta. Non faremo alcuna manovra”. E ripiomba nel sonno non prima di aver lanciato con gli occhi alla maestra il minaccioso avvertimento che se si azzarda a far ripartire il clap and jumb dei bimbetti manderà Stumpo a fare il direttore didattico a Siracusa.

Il quadro è chiaro ed è un quadro che preoccupa. Si compone dei seguenti lati. Primo lato, un uomo solo al comando che promette di rivoltare il paese come un calzino alla velocità della luce senza dire mai come e guardando alla sua popolarità in vista delle europee. Secondo lato, i suoi uomini che ben conoscendo situazione e meccanismi fanno capire che occorre rallentare senza però poterlo dire. Terzo lato, la Commissione Europea che tiene il punto delle sue fallimentari politiche di austerità chiedendoci di ridurre il debito per far ripartire la crescita quando è dalla crescita che può dipendere la riduzione del debito. Quarto lato, torna la parola principe del lessico che fu di Monti e di Letta: “manovra”. Quando si risveglierà del tutto e tornerà nella Capitale lo stilnovista della politica italiana troverà sul tavolo due dossier: lavoro e Europa. Dovrà trovare le risorse, prima di tutto le sue risorse.

Che non sono quelle monetarie o fiscali o economiche, a quelle Taddei e Padoan potrebbero persino dare un contributo originale. Ma la risorsa primaria che tocca avere a chi governa un paese in piena crisi, con un’Europa che non schioda dalle politiche dell’austerità, è prima di tutto morale. E consiste nel coraggio di invertire in fretta la rotta e di dire a quella nuova politica che muove dalla condizione delle nostre vite quasi cancellate: “Dammi il cinque”.

 

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