Agli italiani il Senato dei nominati non piace. Preferirebbero cancellarlo. Ma se devono tenerselo allora vogliono votarlo
Agli italiani il Senato dei nominati voluto da Renzi non piace. Preferirebbero cancellarlo del tutto, ma se proprio devono tenerselo allora vogliono poterlo scegliere col voto. E’ il risultato di un sondaggio IPR (la sola agenzia ad aver previsto il successo del Pd alle ultime elezioni europee) realizzato negli ultimi giorni e presentato ieri al Senato da Loredana De Petris, presidente del Gruppo Misto-Sel, da alcuni senatori trasversali agli schieramenti classici (da Mineo e Corsini, del Pd, a Minzolini, di Fi) e da Alfonso Pecoraro Scanio, presidente Fondazione Univerde.
I dati sono eloquenti. Il 63% del campione vorrebbe eliminare la camera alta, ma senza la cancellazione solo il 30% approva la formula del governo. Il 55% è invece a favore del senato elettivo, e il resto del campione non si pronuncia. Per la Camera, il responso va nella stessa direzione. Oltre il 6°% delle risposte è contrario alle liste bloccate e vorrebbe il ritornod elle preferenze. Se si aggiunge che, per quanto riguarda le funzione del Senato “riformato”, la maggior parte dei sondati lo preferirebbe come camera delle parti sociali e al secondo posto si piazzano quelli che lo vorrebbero come luogo deputato alla rappresentanza dei partiti che nons ono entrati alla camera, si comprende bene che la richiesta degli italiani è quella di avere più di rappresentanza e partecipazione diretta. Non molta di meno come nel progetto di Renzi.
Dunque non un Senato che affidi tutto il potere a un partito solo, dunque a un segretario di partito solo. Non un Senato privo di ogni reale potere di controllo, come hanno segnalato tutti gli interventi in conferenza stampa. Ma un Senato scelto dai cittadini che, pur non votando la fiducia, possa esercitare davvero le funzioni di controllo sull’operato del governo.
Ma i senatori presenti non si sono limitati a commentare un sondaggio che conforta chi chiede non di affondare la riforma del senato ma di renderla davvero utile, democratica e efficace. Hanno anche segnalato l’assurdità di procedere con i tempi imposti dal governo su un tema così delicato. Come si può pensare di esaurire in un giorno, domani, la lettura in commissione dell’intero Titolo V e delle parti salienti della riforma del Senato? Come si può portare io testo in aula poche ore dopo il voto in commissione, mercoledì mattina, senza che nessuno lo abbia davvero potuto leggere per studiare emendamenti adeguati?
Saranno in molti a chiedere al presidente del Senato di frenare e concedere il tempo utile per esaminare non un leggina qualsiasi ma addirittura la riforma della Carta. Due gruppi parlamentari, noi del Gruppo Misto-Sel e il M5S, ma anche una ventina a passa di senatori di Fi e una ventina del Pd, probabilmente anche qualcuno dell’Ncd. Insistere sull’accelerazione estrema sarebbe una forzatura assurda, alla quale è auspicabile che non s i presti il presidente Grasso a cui si è rivolta direttamente la presidente De Petris.
Né vale l’alibi per cui la rincorsa è necessaria per strappare all’Europa “la flessibilità” il 16 luglio. Con gli interventi che servirebbero davvero a ridare fiato all’economia italiana la riforma del senato c’entra poco e niente. Però è davvero roba che l’Europa entri in campo, o almeno che gli italiani, i costituzionalisti italiani, si rivolgano all’Europa per segnalare lo scempio che si sta compiendo a cuor leggerissimo nell’architettura istituzionale italiana.
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Daniele