Al fianco dei movimenti, e delle sinistre europee e latinoamericane. Perché Sel dice no all’accordo di libero scambio tra Ue, Peru e Colombia
La costruzione di reti di solidarietà e lavoro comune tra partiti della sinistra e movimenti sociali in Europa e America Latina è uno degli obiettivi che ci prefissiamo, assieme alla convergenza nell’opposizione alle politiche neoliberiste e commerciali della UE. Non solo TTIP quindi. Come tutti gli accordi di libero scambio conclusi dall’Unione Europea nel quadro della strategia “Global Europe” questo accordo è improntato sull’obiettivo di favorire la penetrazione delle imprese europee in settori chiave quali i servizi, e l’accesso alle risorse naturali, a scapito dei diritti umani e dell’ambiente, come denunciato già da tempo dal Tribunale Permanente dei Popoli che negli anni scorsi ha tenuto delle sessioni dedicate alle politiche commerciali UE in America Latina.
E’ questo il caso dell’accordo di libero scambio (TLC) tra Unione Europa, Perù e Colombia la cui ratifica è ora in agenda al Senato.
Sinistra Ecologia Libertà si è opposta alla ratifica dell’accordo alla Camera e ribadirà la sua posizione al Senato per le seguenti ragioni, condivise con movimenti sociali europei, e latinoamericani e con partiti di sinistra in Perù e Colombia quali Tierra y Libertad e Polo Democratico Alternativo, con i quali stiamo stringendo relazioni di lavoro, nonché con coloro che nel gruppo parlamentare del GUE seguono il dosseir, primo fra tutti l’eurodeputato tedesco Helmut Scholz. Anzitutto, questo accordo prevede la liberalizzazione nel settore dei servizi, in favore di imprese europee nei settori delle telecomunicazioni, acqua, petrolio, ed agevolazioni per imprese europee che investono nei settori estrattivo-minerario, forestale, agricolo. Non viene prevista alcuna misura di prevenzione dei flussi illeciti di capitale a differenza di quanto invece accade negli altri accordi commerciali tra UE ed altri paesi, né per la prevenzione dell’evasione fiscale. Viene invece favorita la massima libertà di circolazione di capitali, senza alcun tipo di supervisione dei processi di liberalizzazione delle attività finanziarie, in particolare quelle ad alto rischio speculativo. Esiste poi un grave rischio di perdite di gettito fiscale da tassazione delle imprese straniere, che potrebbero evadere le tasse utilizzando sedi di comodo in parafisi fiscali, (in Europa basti pensare alle isole di Guernsey e Jersey, al Lussemburgo, all’Irlanda). I leitmotiv di questo accordo di libero scambio sembrano essere la conquista di terra e di risorse naturali preziose, con conseguenze gravi ricadute sulla sicurezza ed aumento della violenza rurale in realtà già caratterizzate da un’enorme diseguaglianza nella distribuzione della terra, In Colombia si calcola che nelle ultime due decadi, il “landgrabbing” abbia sottratto ai legittimi proprietari circa 6,6 milioni di ettari di aree coltivate, in una situazione nella quale lo 0,4% dei proprietari terrieri controlla il 63% della terra. La stessa valutazione di impatto condotta a suo tempo, anticipava l’aumento di conflitti sulla terra, e nei territori indigeni, in seguito all’espansione delle colture per biocarburanti, un settore nel quale è attiva in Colombia un’impresa italo-spagnola, la Poligrow, produttrice di biofuel da olio di palma, e già al centro di casi di landgrabbing. Rischio di lavaggio di denaro sporco, “landgrabbing” e distruzione delle foreste,aumento delle diseguaglianze e mano libera alle imprese straniere sono quindi tra le principali conseguenze di questo accordo, per non parlare poi dell’inadeguatezza delle misure previste per il monitoraggio della situazione dei diritti umani, e sindacali nei due paesi. Continuano infatti le denunce di intimidazioni, minacce, e violenza contro attivisti, sindacalisti, e leader indigeni in Colombia, ed in Perù. Dall’inizio della presidenza Santos in Colombia poi si è registrato un deterioramento della situazione dei diritti umani, che rischia di degradare ulteriormente dopo la recente “rottura” delle trattative di pace con le FARC : tra il 2010 ed il 2012 è raddoppiato il numero di omicidi di difensori dei diritti umani, nel 2013 sono stati uccisi 70 attivisti e 46 sindacalisti, e 23 gli indigeni uccisi nella prima metà del 2013. A suo tempo il Parlamento Europeo si rifiutò di ratificare il testo finale del TLC con le clausole di diritti umani tradizionalmente incluse in tali accordi, chiedendo che venisse inclusa una “roadmap” vincolante sul rispetto dei diritti umani, del lavoro ed ambientali, affermando che andrà assicurata l’applicazione effettiva della clausola sui diritti umani, senza che a ciò seguisse però l’impegno a prevedere norme di applicazione vincolanti. Ad oggi nessun progresso è stato registrato rispetto all’applicazione della roadmap. Helmut Scholz del GUE segue da tempo questo dossier, organizzando incontri con le associazioni, sindacati, organizzazioni per i diritti umani e movimenti colombiani e non in una sorta di “monitoraggio” parallelo, vista l’inadeguatezza delle misure di monitoraggio previste dall’accordo.
La nostra opposizione al TLC verrà portata all’interno delle mobilitazioni previste in occasione del prossimo vertice UE-CELAC, quando a Bruxelles in parallelo ai capi di stato e di governo europei, dell’Amercia Latina e dei Caraibi, si riunirà la Cumbre de los Pueblos. Dall’8 al 10 giugno infatti parteciperemo, assieme a decine di rappresentanti di movimenti sociali, ambientalisti e sindacali di Europa ed America Latina alle contromanifestazioni convocate nella capitale belga per denunciare le politiche commerciali europee in America Latina, e chiedere che si adotti un trattato che obblighi le imprese a rispettare i diritti umani, attualmente in discussione al Consiglio ONU sui diritti umani.
Una delle richieste che sono anche contenute in un documento congiunto al quale abbiamo aderito e proposto da Syriza, Rifondazione, Izquierda Unida e Iniciativa Verts Catalunya, come seguito dell’incontro del primo forum del sud europa, tenutosi a Barcellona a gennatio che ha visto anche la partecipazione attiva di Sinistra Ecologia Libertà.
Commenti
-
Gaetano Longo