All’elettore Pd: dimmi se sei felice
Giorni agri questi, cara elettrice, caro elettore del partito democratico. Oggi il capo del partito diventa anche capo del governo, ma non credo tu sia felice. C’è stato, un anno dopo quello di Prodi e della carica dei 101, un altro corto circuito della politica italiana e ne è causa, come allora, il tuo partito. Meno di tre mesi fa sei stato a lungo in coda davanti ad un gazebo, insieme ad altre tre milioni di persone, per eleggere con le primarie il nuovo segretario del partito. E’ un caso unico al mondo, da ogni altra parte il capo del partito lo eleggono i propri iscritti. Le primarie, infatti, nascono nelle diverse democrazie, a partire da quella americana, per scegliere le cariche pubbliche, mai per scegliere il capo del partito. In genere succede che la partecipazione alle primarie è alta e questo, come dicono il giorno dopo tutti i commentatori, “legittima” chi le vince. Ma poi succede sempre qualcosa di diverso, se non addirittura di opposto, a quello che ti era stato detto che sarebbe successo chiedendoti il voto.
Forse è giunto il momento che anche tu ti chieda perché, cioè se le cose di un partito possono funzionare così, se questo sia il modo più efficace per costruire e consolidare un partito che si propone di governare l’Italia per portarla fuori dal declino in cui versa. Prima di Natale le primarie hanno incoronato Matteo Renzi, sospinto dal vento della rottamazione del vecchio ceto politico. Tra i suoi trofei di rottamatore non figura anche quel Veltroni che qualche anno prima sempre le primarie avevano “legittimato” segretario del partito con quasi l’80% dei voti? Ma tu, che con questo strambo meccanismo hai legittimato entrambi, avresti mai voluto questo esito? Incoronando appena ieri Renzi intendevi ritrovarti oggi con il suo governo che si propone di continuare con la destra per altri quattro anni? Pensi che con la destra si potrà fare una vera lotta all’evasione fiscale, combattere alla radice la corruzione, invertire quelle politiche di austerità che hanno fin qui prodotto diseguaglianza e povertà sociale, introdurre una qualche forma modernamente europea di patrimoniale?
Come vedi sono domande banali, la cui risposta è no. No, non lo pensi. Pensi invece, di questo sono abbastanza sicuro, che sei andato anche questa volta, come le altre, in coda ad un gazebo per dare una possibilità al centrosinistra, cioè ad una alternativa a Berlusconi, al berlusconismo, ai suoi epigoni. E anche se non hai fatto sufficiente attenzione al piccolo particolare che Renzi, il candidato che hai legittimato, non pronuncia mai la parola “centrosinistra”, avresti voluto che l’uscita di scena del deludente governo Letta oltre che avvenire con ben altro stile avesse come puntata successiva uno spostamento, anche lieve, a sinistra, come usa dire. La destra è divisa, Berlusconi alle corde, i grillini fermi sulle ginocchia del loro stesso immobilismo, il centro che si tiene insieme come le schegge di una bomba. Quale migliore occasione, per l’uomo solo al comando che ha il vento in poppa, dentro e fuori il partito, per orientare la bussola nella direzione del cambiamento?
C’erano tanti modi per farlo, in politica ci sono sempre tanti modi e il cambio improvviso di governo era solo uno di questi. Ha scelto proprio quello di ridare centralità a Berlusconi, che ora vola nei sondaggi, e di spostare il tempo del governo dall’emergenza dei diciotto mesi di Letta all’intera legislatura. Fosse così, il partito democratico attraverserebbe la durata della crisi governando per quasi sette anni ininterrottamente con la destra, cinque di legislatura e gli altri col reciproco sostegno a Monti. Come potrà dire di essere alternativo alla destra quando prima o poi ci sarà il voto? E’ dunque una direzione, quella verso cui Renzi sta portando il partito democratico, in fondo alla quale risulterà mutata, o definitivamente chiarita, la sua stessa natura e collocazione nel sistema politico italiano.
Ora, cara elettrice e caro elettore del partito democratico, delle due l’una. Se “legittimando” Renzi alla guida del tuo partito volevi si giungesse a tanto, niente da dire, ci sei riuscito e anche rapidamente. Cavallerescamente c’è da augurarti buona fortuna e fine dell’equivoco. Ma se lo spirito con cui ti sei recato al gazebo era quell’altro, a questo punto dovresti davvero fare qualcosa di nuovo. Come vedi la delega domenicale della democrazie e della partecipazione non funziona. Neppure funziona ogni volta l’incazzatura dell’attimo dopo che ti fa solo trangugiare rospi. Il tuo esofago dovrebbe essere già ben saturo di questo permanente esercizio che accompagna l’ancor breve storia del tuo partito. E con l’esofago in tilt la tua voce sparirà a poco a poco, finché ti ritroverai muto.