Atene 2015: La speranza è arrivata, ed è di tutta l’Europa
“Samaras?” “No, Tsipras”. E’ una giornata di sole autunnale quella che illumina due manifesti di Nea Democratia e di Syriza in cui i leader di carta sembrano guardarsi quasi allo specchio da due palazzoni della periferia nord. Scorrono veloci fuori dal finestrino di un autobus mentre signore di mezza eta’ si animano parlando di politica. Se fosse frutto di una strategia di comunicazione, quella di mettere quasi a ogni pensilina di autobus il manifesto di Syriza con lo slogan “La speranza sta arrivando”, sarebbe una mossa non solo efficace ma piena di autentica poesia in strade in cui la speranza sembra lontana e impossibile come l’autobus della domenica. Si discute a scossoni fino alla prossima fermata, fino ai seggi gremiti dove giovani e anziani cercano i numeri che segneranno sulla scheda per indicare le loro preferenze.
Se sono molti gli over 65 al voto, (1 su 5) il loro apporto e’ ancora piu significativo perche’ mancano alle urne moltissimi giovani. Sono i 18enni del 2014 ovvero la stragrande maggioranza dei nati nel 1996: non hanno potuto votare perche’ le liste elettorali qui si rinnovano il 1 febbraio di ogni anno e dunque quelle di oggi sono quelle di 358 giorni fa. C’e’ il trambusto di chi si saluta e di chi chiede informazioni dando per scontato di trovarsi tra greci, mentre gli internazionali sono moltissimi e ovunque. Quella confusione in cui ci si capisce a gesti e ognuno si ritrova a fare il proprio: di timidezza, di gioia, di emozione, e poi sempre le stesse parole: semplicemente, “Efkaristo’, “Grazie per essere qui”. Ci sono i caffe’ tradizionali, Cafeneion dove il tempo sembra immobile da 50 anni e lo Zappeion, enorme sala stampa internazione dove piu’ di 870 giornalisti accreditati vanno e vengono compulsando ogni minuto il tasto refresh sui siti della Reuters, delle Ansa, della BBC, del Ministero degli Interni Greco.
Ci sono le mense dei poveri e tanti, tantissimi homeless che non voteranno perche’ hanno perso cosi’ tanto da non essere sedotti nemmeno dalla promessa dell’elettricita’ in tutte le case o dalla risoluzione del problema umanitario cosi’forte nel Paese. La disperazione fa ancora parte di questa giornata e di molte di quelle che verranno, lo dicono le facce stanche di chi fuma sui gradini sporchi della Bank of Greece, dei pochissimi bambini che giocano nei giardini, dei moltissimi stranieri impoveriti piu’ della classe media greca. L’affluenza e’intorno al 70% in un paese in cui il voto e’ ancora un dovere che se non viene eseguito, almeno sulla carta, puo’ essere punito con il carcere. C’e’ l’Acropoli bellissima che tutto sorveglia, anche quando arrivano le nuvole e le urne si chiudono. E poi c’e’ il tendone elettorale in cui iniziano ad arrivare i primi risultati delle 53 circoscrizioni. Arrivano lenti mentre gli inglesi e gli scozzesi cantano “People have the power” con tutte le parole giuste, gli che cantano ” venceremos adelante”, gli italiani, onnipresenti ,che intonano “bella ciao” e “bandiera rossa”. Ci sono i tedeschi che sono giovani e biondissimi come nei migliori stereotipi. Hanno cartelli di solidarieta’ alla Grecia firmati Die Linke e la timidezza della giovinezza mentre la gente li fotografa, li abbraccia, li indica. E poi ci sono loro, i greci, che sembrano quasi essersi dimenticati che la festa e’ la loro e gli altri sono solo invitati o imbucati a godersi un’occasione meravigliosa di festa, di lotta, di speranza e una giornata ,come dira’ Tsipras poco piu’tardi dal palco, di “solidarieta, di democrazia, di liberta’ per tutta l’Europa”. Cantano con il pugno chiuso “I mera ekini de theargisi” (“questo giorno arrivera’”), e poi, quando le delegazioni italiane, francesi, inglesi e spagnole hanno salutato nella loro lingua, ci si sposta tutti in piazza Panestimiou ad ascoltare Alexis Tsipras. Tocca scomodare parole e categorie novecentesche per descrivere la piazza perche’ quello che si vede dall’alto e’ un autentica Internazionale che guarda a questa giornata come a quella in grado di cambiare non solo la Storia greca ma quella dei propri paesi e di tutta Europa. Bandiere di SEL, di Rifondazione Comunista, di Tsipras per l’Europa, di Die Linke, Di Esquierda Unida, di Podemos e poi bandiere di tanti rossi diversi e bandiere della pace. E’ pacato Tsipras quando parla. Sa che la festa e’ relativa non solo perche’ cosi’ sembra essere ancora la sua maggioranza e quindi la sua governabilita’, al palo a 149 seggi su 151 fino a tarda notte, ma piu’ che altro perche’ consapevole di rappresentare istanze post belliche: la risoluzione della crisi umanitaria in cui versano moltissimi greci, la disoccupazione record, la ricontrattazione del debito, il ripristino di livelli salariali di sopravvivenza.
Il discorso e’ denso, ci dice Linda, una signora greca che ha studiato in Italia. Ringrazia noi venuti da lontano e alla domanda su come sia possibile replicare questa pagina di storia fuori dalla Grecia dice: “Bisognava soffrire per arrivare qui ma l’Italia deve imparare da noi che non e’ necessario cadere cosi’ in basso per rialzarsi.” Poi sorride: non c’e’ speranza che non nasca dal dolore e voi in Italia dovete lavorare insieme a noi per un’Europa di speranza, di unita’, di solidarieta’”. “Zeitegeist” e’ una parola tedesca che significa “spirito dei tempi”. Lo Zeitgeist ad Atene e’ mutato e Alexis Tsipras e’stato pronto a coglierlo e a saperlo interpretare di fronte agli occhi di tutta l’Europa. Mi sorride Linda mentre riattacca una canzone greca che le fa brillare gli occhi: “e’ un parto di cui solo noi conosciamo il dolore, prima, e la gioia che viene, dopo”. La piazza inizia a svuotarsi, i manifesti sono pieni di scritte. ” Erchetai-sta arrivando” e’ stato cancellato e corretto con “erke”. Si’, Perche’ ad Atene la mezzzanotte passata. Oggi e’ un altro giorno e la speranza, ora, “e’ arrivata”.
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