Blockupy contro la Bce e per una «nuova Europa»
Domani, animato da una coalizione ibrida che raccoglie dalle reti di movimento (Interventionistische Linke e Ums Ganze!) al partito Die Linke, passando per organizzazioni della società civile come Attac e realtà sindacali come Ver.Di., i metalmeccanici dell’Ig Metall e persino della confederazione Dgb, sarà finalmente il giorno X della mobilitazione contro la Banca Centrale e per una «nuova Europa» a Francoforte. E c’è nervosismo alla vigilia tra le autorità tedesche.
Al di là degli impegni formali a «garantire il diritto costituzionale a manifestare», i fatti parlano un’altra lingua. Il Consiglio comunale del capoluogo dell’Assia ha respinto la richiesta di mettere spazi coperti a disposizione dell’accoglienza dei manifestanti. E il dispositivo di sicurezza che si sta dispiegando è impressionante. Ottomila poliziotti sono già arrivati a Francoforte, accompagnati da 28 idranti, tutti quelli disponibili sul suolo tedesco. La nuova Eurotower, la sede della Bce al cuore della contestazione, è da ieri circondata da transenne in tripla fila avvolte da chilometri di filo spinato militare. Chi esce dalla stazione centrale, se non ha l’aspetto del banchiere, viene sistematicamente controllato. Così come viene annunciata, per l’intera giornata di domani, la chiusura dello spazio aereo sopra il centro cittadino come «misura anti-terrorismo». Insomma, un copione già visto all’insegna della «pre-tattica securitaria» che non manca di suscitare anche qualche involontario effetto comico: come la nota ufficiale pubblicata online dalla Polizia del Land Assia che, nell’annunciare il rischio che una «parte dei manifestanti voglia attuare pratiche illegali e violente», punta l’indice sui «manifestanti provenienti dall’Italia» inserendo il link a un video pubblicato su YouTube dagli attivisti «rainbowbloc» della Comune d’Europa. Puerile e scontato appare questo tentativo di distinguere «manifestanti pacifici e politicamente motivati» dai potenziali «violenti», proprio quanto è l’intera coalizione Blockupy ad aver pubblicamente annunciato, all’insegna del «diciamo ciò che facciamo, e facciamo ciò che diciamo», l’obiettivo di impedire, attraverso pratiche condivise di disobbedienza civile, la cerimonia d’inaugurazione e di disturbare in ogni caso la normale giornata lavorativa della Bce.
Ma il dispositivo di polizia non sembra intimidire affatto una partecipazione che si annuncia numerosa e politicamente assai variegata: le sole presenze organizzate in arrivo a Francoforte per i blocchi della mattina parlano di almeno 5mila persone e di una previsione di oltre 15mila per il corteo cittadino del pomeriggio. Ma è l’inusuale qualità politica, tedesca e transnazionale, della mobilitazione a colpire l’osservatore: ci sono manifestanti in arrivo da Francia, Danimarca, Polonia, Olanda e Svezia. E un discorso a parte merita la partecipazione italiana: la carovana di bus in viaggio da diverse città verso i confini tedeschi porta con sé il più ampio contingente internazionale, oltre seicento persone che esprimono nella propria composizione tutte le articolate potenzialità dell’alternativa, dai delegati di Fiom e bancari Cgil alla Brigata Kalimera, dagli «strikers» dei laboratori dello sciopero sociale a militanti e parlamentari di Sel (guidati da Nicola Fratoianni) e dell’Altra Europa (con Eleonora Forenza), dagli studenti della Rete della Conoscenza ai tanti «nuovi comunardi» dei Centri sociali.
Particolarmente attesi i pullman che da due giorni stanno viaggiando dalla Grecia, stipati di attivisti delle reti sociali Solidarity for All e Dyktio, di Syriza e del movimento anti-autoritario AlphaKappa, ma carichi soprattutto della speranza che, in queste ore, si sta scontrando a Bruxelles come a Francoforte con la rigidità delle regole dell’austerity e le chiusure di chi pensa così di neutralizzare il «contagio ellenico», in un continente che vorrebbe invece farla finita con cinque anni di gestione ordo-liberale della crisi. Höffnungsträger — «portatori di speranza» — si diceva infatti in un tempo non lontano da queste parti.
Dal quotidiano il Manifesto