Consiglio al Pd e al Governo di guardare bene le piazze di oggi. Chi ha scritto quella riforma non ha mai letto Don Milani
Consiglio al Governo e al Partito Democratico di guardare bene le piazze di oggi riempite ovunque dallo sciopero della scuola. Consiglio di farlo perché il gioco a puro uso mediatico della riforma che i sindacati “non hanno letto”, il gioco propagandistico delle resistenze corporative di chi si oppone al radioso cambiamento che ora tocca ai banchi di scuola, questa volta è un discorso che proprio non funziona da nessuna parte.
Lo scrive Nichi Vendola, presidente di Sinistra Ecologia Libertà, sul suo blog sull’Huffington Post dopo aver partecipato alla manifestazione di Roma sulla scuola.
Piazze di gente libera e democratica, pacifica e motivata, piazze vive di docenti e di studenti, di genitori e di operatori scolastici. Il gioco dei “garantiti” che protestano e si oppongono dicendo sempre e solo “no” stavolta sarà, per il governo, tutto a perdere.
Il popolo della scuola che oggi è sceso in piazza ha solo una cosa da “garantire”, la più preziosa e irrinunciabile: il futuro di quegli studenti, di quei figli, il futuro di un sapere libero e critico. E’ lì, dentro quella fabbrica del futuro che è la scuola, che si costruisce, giorno per giorno, l’avvenire del Paese, che si misura lo spazio della sua libertà, il valore dell’uguaglianza, il livello reale della democrazia. E la “garanzia” di questo senso del futuro è scritta una volta per tutte nella Costituzione, di cui la scuola è “organo” essenziale, fondativo dell’identità stessa del Paese. E’ precisamente questo pilastro portante che la “riforma” del Governo intende scardinare, praticando la medesima logica – l’unica che fin qui Renzi dimostra di possedere – messa in atto ieri con la legge elettorale e prima con quella sul lavoro. Al fondo vi è il modello, che non si può definire se non autoritario, dell’uomo solo al comando.
Il comando della politica nel governo del Paese come il comando nella fabbrica e adesso nella scuola. Il comando che accentra su di sé ogni potere di scelta, di decisione, un comando che apre le porte all’arbitrio.
Cos’è la nuova funzione del preside che il Governo propone se non la prefigurazione di un sistema scolastico autoritario nel quale l’uomo solo al comando dell’istituto scolastico procede alla chiamata diretta degli insegnanti e in nome di un “merito” indefinito li sottopone ad una valutazione del tutto esposta a criteri e parametri personalistici?
Quegli insegnanti continueranno, con questa riforma, ad essere i meno pagati di tutta Europa, dato che il capitolo delle risorse finanziarie, già ridotto all’osso, rimane tutto da scrivere. Per non dire delle risorse umane, “tagliate” tra docenti e personale ausiliario negli ultimi anni di quasi 130 mila unità. Un esodo che impoverisce la scuola pubblica, ne restringe la capacità critica, penalizza studenti e famiglie, separa il centro dalla periferia, accresce proprio a partire dal diritto al sapere e allo studio le diseguaglianze che da solco già profondo si tramuteranno ben presto in una crepa di divisioni e discriminazioni.
“E su di noi ora chi investirà?”, si chiedono gli insegnanti di quelle tante scuole di periferia, di frontiera sociale, di bisogno formativo primario, dinanzi alla scelta del governo di destinare il 5 per mille alle scuole private o di donare ai singoli istituti.
Se consiglio al Governo di guardare bene alla domanda che pongono le tante piazze di oggi è perché dev’essere chiaro che con questa partita che si apre sulla scuola siamo giunti alla chiusura del cerchio. Non varrà il contrappeso del ricatto sui 100 mila precari, il governo non ha necessità di questa pessima proposta di riforma per assumerli, può farlo subito, per decreto, ed è anzi già in ritardo. Voglio dirlo usando il tono e le parole giuste e chiare: se la nostra battaglia sulla legge elettorale è stata ferma, quella che ora si apre sulla scuola lo sarà ancora di più.
In nome di un principio che racchiude l’idea di politica che abbiamo: “Educare i ragazzi all’ambizione di diventare sovrani”. Il testo di questa riforma l’abbiamo letto attentamente. E’ piuttosto chi l’ha scritta che non ha mai letto davvero don Milani.
Commenti
-
francesco antonio Romito
-
francesco
-
francesco