Corte Europea: i militari hanno diritto ai sindacati. E’ ora di una legge
Il 2 ottobre la Corte europea dei diritti dell’uomo ha depositato due sentenze , che considero di portata storica, per i componenti delle Forze Armate, affermando in entrambe la violazione dell’Articolo 11 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo da parte degli Stati che vietano la costituzione di sindacati o di associazioni professionali tra i militari.
Nello specifico le sentenze riguardano la Francia, ma l’applicabilità delle stesse si estende automaticamente a tutti gli Stati aderenti alla Convenzione firmata a Roma nel 1950, quindi anche all’Italia.
Non posso che accogliere questa notizia, in qualità di capogruppo in Commissione Difesa ed a nome del gruppo di Sinistra Ecologia Libertà, con grande piacere e speranza.
Il tema della “sindacalizzazione” militare è da anni nella nostra agenda politica. Già nella XV legislatura depositammo una prima Proposta di Legge (a prima firma On. Elettra Deiana) in questo senso, mentre è adesso in discussione in Commissione Difesa della Camera la mia proposta sulla “Disciplina della rappresentanza sindacale del personale delle Forze armate e dei corpi di polizia ad ordinamento militare” (A.c. 1993).
L’intento che ci ha mosso, sostenuti anche da una forte e diretta richiesta delle parti in causa, nasce dagli evidenti limiti della normativa che regolamenta l’attuale “rappresentanza militare”.
Parliamo della Legge n.382 del 1978 (ad oggi confluita nel decreto legislativo n.66 del 2010) che ha introdotto per la prima volta nell’ordinamento militare la rappresentanza soggettiva del militare in relazione alla tutela dei soli diritti collettivi, nonché il principio per cui anche il militare è titolare di interessi legittimi che non possono ritenersi conclusi nell’ambito del rapporto gerarchico disciplinare.
Con l’affermazione di questo principio di democrazia nasceva all’interno delle Forze armate italiane la “rappresentanza militare”, un complesso di organismi sostanzialmente articolato su tre livelli con un sistema elettorale di secondo grado e che, però, solo in minima parte garantisce una reale rappresentatività delle istanze e delle aspirazioni del personale militare. Importante ricordare come il principio fondante dell’attuale rappresentanza è quello di essere un organismo dell’organizzazione militare e quindi, in quanto tale, inserito nel sistema gerarchico-disciplinare, che diventa corpo meramente consultivo delle autorità di comando.
Da questo conseguono pericolose peculiarità strutturali, talvolta appunto contraddittorie rispetto a quella che dovrebbe essere la natura di organismo rappresentativo. Un esempio su tutti è la evidente mancanza di una adeguata tutela dei delegati nello svolgimento delle proprie funzioni, spesso in conflitto e divergenti con l’Amministrazione, e quindi potenzialmente soggetti a sanzioni derivanti da interpretazioni restrittive delle norme sulla disciplina militare.
Per queste ragioni, seguendo anche l’esempio di quasi tutti i paesi europei, abbiamo immaginato l’adozione di un sistema di rappresentanza del personale militare che abbia le forme proprie del sindacato, forti anche delle richieste esplicite delle parti interessate, nonché di interpretazioni giuridiche che col tempo si stanno avvicinando ad una maggiore apertura dei diritti. Già nel 1999 infatti la Corte Costituzionale, investita del problema della legittimità costituzionale dell’articolo 8 della L.382 del 1978, aveva dichiarato “non incostituzionale” il divieto per i militari di costituire associazioni professionali o sindacali.
Le sentenze della Corte Europea rendono giustizia ad una battaglia che tanti hanno portato avanti all’interno delle forze armate, trovando raramente la politica ed il legislatore pronti ad accogliere le loro istanze.
L’Europa propone, se non addirittura impone, al nostro Paese l’affermazione di vincoli democratici e di assoluto buonsenso, si tratta ora di lavorare affinché il Governo del ” modernizzatore” Renzi e le forze politiche della maggioranza , a cominciare dal PD che esprime la Ministra della Difesa, siano conseguenti e ascoltino ciò che l’Europa ci chiede in termini di avanzamento di diritti. Si tratta, infine, di riconoscere il lavoro importante che i militari hanno prodotto in questo senso nonostante l’ostracismo che i vertici delle forze armate hanno messo in campo perché la Costituzione fosse fermata all’ingresso delle caserme.