Emendamenti al Documento politico per la Conferenza Programmatica di Sel proposti da Gianni Mattioli
Emendamenti al Documento politico per la Conferenza Programmatica di Sinistra Ecologia e Libertà proposti da Gianni Mattioli
1) Da inserire a pag. 5 (dopo la riga 5)
Della natura economica e finanziaria della crisi sappiamo ormai tutto. Emerge come fattore progressivamente dominante, nel quadro delle enormi diseguaglianze sociali presenti nel mondo globalizzato, la questione della domanda, che nei termini essenziali si può riassumere così. A partire dal dopoguerra, si assiste ad una crescita accelerata di innovazione tecnologica, che, sotto la spinta della incessante competizione tra le imprese, produce sia innovazione di processo che innovazione di prodotto. In particolare, si assiste ad un continuo aumento di produttività del lavoro. Questo avrebbe potuto portare, in un mondo governato dall’equità sociale, ad una riduzione dell’orario di lavoro. Ma così non fu. Si cominciò così a generare, allargandosi al livello del mercato globalizzato, una diversità crescente tra la velocità con cui si rovesciavano merci sul mecato e la insufficiente disponibilità di risorse finanziarie per sostenere la domanda. Nei primi decenni del dopo guerra, man mano che questo meccanismo si palesava, e con esso la necessità evidente di sostenere la domanda al di là delle classi sociali più abbienti, si ricorse alla scelta di accollare allo stato la spesa per il welfare, la salute, l’istruzione e si generò così il crescente debito pubblico. Ma la crisi era ormai innescata, con il suo effetto diretto sull’occupazione e ciò portava già nel ’94 J.Delors a scrivere nel Libro Bianco U.E. che l’uscita dalla crisi (e il rilancio della occupazione) difficilmente sarebbe venuto dai settori produttivi usuali – di beni rispondenti a bisogni individuali – ma sarebbe potuto venire da un nuovo settore dove si produce e si vende una nuova merce che si chiama qualità della vita. Si indicava dunque nella prospettiva della riqualificazione urbana, del risanamento idrogeologico del territorio, della mobilità sostenibile, delle energie pulite e rinnovabili, della prevenzione sanitaria, cioè della domanda di beni per il ben vivere collettivo, il terreno della possibile uscita dalla crisi. Era la proposta della conversione ecologica dell’economia, ma non ebbe allora gran che di ascolto dalla politica e dalla economia. Oggi essa si impone sempre di più all’attenzione sotto l’imperversare della crisi ecologica ed, in particolare, dell’evidenza drammatica dei cambiamenti climatici. Nel frattempo, l’idea, proveniente in particolare dagli USA, che si potevano sostenere i consumi ricorrendo al prestito, e che i prestiti potessero essere commerciabili, ha portato alla crescente finanziarizzazione dell’economia, cioè al progressivo affermarsi dell’economia finanziaria sull’economia reale. Dunque conosciamo le dinamiche delle cause materiali da cui è scaturita la crisi, il retroterra…
2) Da inserire a pag.12 subito dopo il titolo
SE PRENDIAMO COSCIENZA CHE IL TEMPO E’ SCADUTO
In questo contesto dell’economia capitalistica quale consenso poteva avere una proposta di profondo cambiamento come quella, sopra richiamata, della Conversione ecologica dell’Economia, con effetti benefici sulla crisi dell’impianto economico? Ma chi ci crede? Al più, conversione ecologica come fervorino domenicale per anime belle. In fondo, che i limiti del pianeta fossero forzati, che fosse a rischio la disponibilità delle risorse, che gli inquinamenti producessero aggressione sanitaria, tutto questo era ben noto, denunciato dai movimenti ambientalisti, dai partiti Verdi. Ma con effetti assai limitati, in particolare in Italia, dove la tardiva conquista della indipendenza nazionale non ha aiutato, a differenza che in altri Paesi, la crescita di una cultura diffusa del bene comune. Ora però la vicenda dei cambiamenti climatici, con le sue manifestazioni evidenti, spesso drammatiche, si appresta ad imporre per forza ciò che non si era scelto per razionalità e bene comune. Il Rapporto “Abrupt Climate Change” dell’Accademia Nazionale delle Scienze USA non potrebbe essere più esplicito: improvvisi cambiamenti climatici possono accadere quando cause graduali (si tratta, come è noto, dell’aumento della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera) portano il sistema terrestre al di là di una soglia, al di là della quale si ha la rottura della stabilità dei cicli climatici: stagioni, correnti marine, circolazione dei venti. Non è più la storia dell’aumento della temperatura al suolo del pianeta, ma la rottura generalizzata della stabilità climatica. Prima ancora che l’Agenzia delle Nazioni Unite è la natura stessa della biosfera giunta al punto limite di non ritorno a dirci che ormai “il tempo è scaduto” e non è più dalla nostra parte, cioè dalla parte dell’intera civiltà. Quel che solo ieri si marcava come visione apocalittica di un pensiero “radicale” attorno al cambiamento climatico, oggi si tramuta in un radicale bisogno d’intervento richiesto dalla scienza e, con colpevole ritardo, dalla stessa politica.
3) Da inserire alla pag. 15 , dopo la riga 28
La conversione ecologica è obbligatoria ma, come sopra ricordato, essa può risultare anche un fattore potente per il rilancio dell’impianto economico e produttivo e dunque dell’occupazione, legata come è non alla domanda di beni individuali, ma ad interventi necessari alla collettività, per i quali gli investimenti pubblici possono aprire la strada agli investimenti privati: ricerca scientifica, energia, riqualificazione urbana, mobilità sostenibile, agricoltura pulita e risanamento idrogeologico, prevenzione sanitaria. E’ questo il terreno su cui può avvenire l’incontro tra forze che mettano al primo posto l’ attuazione di valori di ben vivere comune, il lavoro per tutti e la democrazia della partecipazione.
Questione giuridica e questione economica debbono interagire sul medesimo piano, se vogliamo pensare a una società regolata non come ora dalla contrapposizione svantaggiosa tra mercato e democrazia, ma da un effettivo bilanciamento dei diversi poteri.