Eternit, bisogna ripartire, non bisogna arrendersi
Sono 3000 le vittime dell’amianto causate dall’Eternit: 2200 morti e 800 malati. La sentenza della Prima Corte di Cassazione di Roma – pronunciata alle ore 21.00 del 19 novembre 2014 – ha annullato la sentenza d’appello di condanna a 18 anni per disastro colposo ambientale a carico di Stephan Ernest Schmidheiny, l’uomo che era a capo dell’Eternit.
Il reato, secondo la Cassazione, è prescritto e i risarcimenti alle vittime stabiliti dai giudici delle sentenze di primo e secondo grado sono annullati.
Mentre nell’affollatissima aula seguivo la relazione del Procuratore Generale Francesco Iacoviello che illustrava la richiesta di annullamento mi sentivo sempre più umiliato e offeso. Riflettevo sui decenni, anzi sul secolo abbondante di lotte nelle miniere e nelle fabbriche, poi di battaglie sindacali e in Parlamento, per porre fine alle stragi della fibra killer, per far cioè riconoscere “ufficialmente” dalla legge quel che la medicina sapeva da tempo, ovvero la nocività letale dell’amianto che ha falcidiato i lavoratori di tante aziende, i loro parenti contaminati dalle fibre portate in casa, i cittadini che abitavano le zone vicino alle fabbriche, ai depositi e ai cantieri, a cominciare da quella che per certi versi era la “città dell’Eternit”, Casale Monferrato, dove era collocato lo stabilimento più grande e importante. Poi, dopo la requisitoria, è arrivata una sentenza inimmaginabile.
Bisogna ripartire, non bisogna arrendersi.
Bisogna ripartire dalla richiesta dell’approvazione in Parlamento delle norme che rendano giustizia e risarciscano i lavoratori e i cittadini, risanino l’ambiente e pongano fine all’abuso di potere, all’uso di materie nocive da parte delle imprese.
Fonte www.antoniopizzinato.it