Eutopia, ovvero i possibili luoghi della politica
“Terminale sociale”. Conciso, esplicativo, pregnante.Con una definizione secca il professor Rodotà è riuscito a dare il senso, in positivo, del percorso che ha portato alla nascita del gruppo parlamentare “sinistra italiana”, facendo piazza pulita dei facili schematismi che dipingono caricaturalmente la neonata creatura.
Troppo spesso il dibattito a sinistra si nutre di cotrapposizioni sterili e di visioni apodittiche: basso contro l’alto, gruppo parlamentare contro processo partecipato.Come se la politica fosse un processo a compartimenti stagni in cui aspiranti stregoni misurano la gisutezza delle loro formule alchemiche, e non un mare magnum, magmatico e contradditorio, in cui percorsi e passioni si intrecciano e producono nuovi equilibri e nuovi orizzonti.
Un partito, e gli errori della sinistra in questo fanno da monito, non nasce per volontarsimo.Nasce piuttosto perchè un movimento collettivo, in cui basso e alto non si elidono ma fanno sintesi, riesce a interpretare una nuova fase storica, producendo innovazione negli strumenti interpretativi e nelle pratiche politiche.
Alla generosità con cui i parlamentari si sono messi in discussione, cercando di andare oltre le proprie pazialità, vogliamo rispondere, nel piccolo, con un’ apertura speculare: componendo, nel nostro territorio, uno spartito che riunisca ,in un unico coro intellegibile e prorompente, le mille voci dissonanti di un popolo frammentato.
Un impegno quotidiano di ritessitura della trama sociale che si dipana nelle vite di uomini e donne portati alla disperazione dalla povertà, dalla disoccupazione, da un lavoro povero, da una pensione misera, da servizi pubblici al collasso, da un sistema universalistico di previdenza ed assistenza sociale ridotto alla residualità, da una vita senza futuro per un’intera nuova generazione.
Abbiamo individuato, come strumento di lavoro, quello di un associazione. Locale ma non localistica, politica ma non politicista.Un associazione che permetta di ricostruire una collettività politica – un “io assieme agli altri” – che si cimenti nellla stesura di un abbecedario dell’alternativa, ridando senso a parole antiche e trovandone delle altre, di nuove, per descrivere quanto di nuovo ci circonda.
L’abbiamo chiamata eutopia, buon luogo.Non solo un luogo fisico di incontro, ma uno spazio ideale percorso e innervato dalle passioni di uomini e donne che si fanno comunità.
La scommessa è enorme. Ed è innanzitutto quella di recuperare, salvaguardare e far crescere il punto di vista di chi ritiene esista un primato: quello della politica sull’economia, quello delle persone sul denaro, quello del lavoro sul capitale.
E’ la consapevolezza che questa scommessa possa essere vinta a partire dai luoghi in cui ciascuno esercita ed ha esercitato il proprio individuale diritto alla resistenza,siano essi il parlamento, un consiglio comunale o il luogo di lavoro, che ci ha spinto a considerare piuttosto che la conta e la somma di cifre organizzative , la moltiplicazione delle energie, delle competenze, delle sensibilità e dei saperi che si esprimono nella lotta antagonista alle politiche neo liberiste e nelle alternative al decadimento morale ed ai contenuti che la politica esprime.
“Siamo sconfitti ma non vinti” ci ripeteva Ingrao. Non ci hanno vinto perché non ci hanno convinto affatto che questo sia il migliore dei mondi possibili. Perché sappiamo che l’indignazione da sola non basta a trasformare noi stessi in soggetti partecipi di un riscatto. Perché sappiamo che la questione non è, o non è solo, morale. Perché la posta in gioco della politica non è, o non è solo, il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, l’arroganza di chi comanda e il dissenso di chi disobbedisce: è la presa dei poteri sulle vite, con i loro dispositivi che vanno, uno per uno, conosciuti e smontati: con la politica. Perché politica non è altro che questo, «io e altri insieme, per influire, fosse pure per un grammo, sulle vicende umane».
L’immagine è un opera di Alessandro Chetta “Eutopia”