Evo Morales, il pragmatico, rieletto per la terza volta presidente
Evo Morales si conferma ancora come leader indiscusso della Bolivia. Senza forzature, anche se le opposizioni denunciano abusi di potere nei confronti della stampa, e con alcune ombre per quanto riguarda le concessioni alle lobby del transgenico. La chiave del succeso di Morales, unico leader in forma del blocco che faceva riferimento al venezuelano Chavez, è il pragmatismo con il quale ha affrontato il tema degli idrocarburi, storicamente sacheggiati dai paesi limitrofi, e della ripartizione dei proventi una volta nazionalizzazione.
Senza cedere a facili populismo ridistributivi, Evo ha sostenuto con forza la lotta alla povertà, investito per industrializzare un paese schiavo delle materie prime e saputo garantire un livello di stabilità macroeconomica riconosciuto anche dal FMI. La sua è una rivoluzione democratica possibile, che parte dalla dignità riacquistata nei confronti delle potenze regionali, per poi scommettere sugli ultimi, anche a livello di responsabilità politica. Gli indios, anche se il suo non è un governo indigenista, non hanno mai avuto un protagonismo simile e questo fa la differenza in un paese dove non sono minoranza, ma maggioranza.
Una parte dei meriti va riconosciuta al suo vicepresidente Linares, fine intellettuale che è riuscito a stemperare i primi furori di Morales traducendoli in azioni di governo. La, Bolivia, che fino a 10 anni fa rischiava la secessione delle province dell’amazonia, oggi è il paese che cresce di più e nel quale, in termini percentuali, sono stati di più i poveri usciti dalla miseria. Una lotta che è solo agli inizi, ma la conferma che in democrazia si può cambiare, concetto così banale e così importante per popoli rilegati alla marginalità e alla miseria da una storia troppo lunga.