#FilieraSporca, dal campo allo scaffale ecco i responsabili dello sfruttamento
Dal campo allo scaffale del supermercato, passando per le agenzie di intermediazione, le multinazionali e i grandi marchi della distribuzione, con quattro obiettivi: ricostruire la filiera del cibo; individuare gli ‘invisibili’ del lavoro in agricoltura; chiedere una maggiore responsabilità solidale da parte di multinazionali e grandi imprese; chiedere norme più stringenti ed etichette più trasparenti. E’ questo il ‘fil rouge’ di ‘#FilieraSporca. Gli invisibili dell’arancia e lo sfruttamento in agricoltura nell’anno di Expo’, il rapporto prodotto a sostegno della campagna ‘slavery free’ di ‘Associazione antimafie daSud’, ‘Terra! Onlus’ e ‘Terrelibere.org’ e presentato oggi in conferenza stampa dalle associazioni promotrici insieme a Celeste Costantino (deputata Sel) e Giuseppe Civati (deputato Gruppo Misto).
Curato dal giornalista Antonello Mangano, il dossier ‘#FilieraSporca’ è un viaggio attraverso gli agrumeti di Catania, in Sicilia, e di Rosarno, in Calabria, che si è proposto di far luce sugli innumerevoli passaggi che – dai grandi commercianti locali alle squadre di raccolta, alle aziende di trasporto, alle multinazionali e alla grande distribuzione organizzata – determinano di fatto la filiera dell’arancia: da quelle rosse dell’Etna esportate in tutto il mondo al biondo calabrese mischiato col succo brasiliano che termina nelle lattine delle multinazionali, alle clementine di Sibari portate nei banconi di tutta Italia. Un viaggio che, per vederci più chiaro, ha voluto interpellare alcuni grandi marchi della produzione e distribuzione come Coop, Coca Cola, Conad e Nestlé per chiedere chiarimenti circa l’impegno contro il lavoro nero e la trasparenza nei confronti dei vari passaggi che portano i prodotti dalla campagna agli scaffali dei supermercati. Coca cola ha risposto rendendo pubblica per la prima volta la lista dei propri fornitori italiani, mentre Coop ha descritto i meccanismi messi in atto a livello contrattuale per limitare il rischio di irregolarità tra i suoi sub-fornitori.
«Il cuore della filiera -ha spiegato il curatore del rapporto, Antonello Mangano- è un ceto di intermediari che accumula ricchezza, organizza le raccolte usando i caporali, determina il prezzo. Impoverisce i piccoli produttori e acquista i loro terreni. Causa la povertà dei migranti e nega un’accoglienza dignitosa». «Nell’anno di Expo 2015, attraverso #FilieraSporca chiediamo un impegno alle imprese e alle istituzioni -ha dichiarato il presidente di Terra! Onlus, Fabio Ciconte- attraverso la responsabilità solidale delle aziende, che devono rispondere per quanto avviene anche nei livelli inferiori della filiera. Soprattutto, chiediamo una normativa sull’etichetta trasparente anche per ragioni etiche e l’elenco pubblico dei fornitori, perché informazioni trasparenti permettono ai consumatori di scegliere prodotti liberi da sfruttamento».
«Con questa campagna -ha precisato Lorenzo Misuraca, attivista dell”Associazione antimafie daSud’- ci poniamo l’obiettivo di illuminare le zone d’ombra della filiera in modo che per le aziende e per la politica diventi più conveniente avviare percorsi virtuosi che chiudere gli occhi sulla schiavitù nelle campagne italiane».
Secondo le associazioni promotrici della campagna, dotarsi di una filiera trasparente è necessario non solo per la tutela dei consumatori e la salvaguardia del Made in Italy, ma anche per offrire una risposta allo sfruttamento del lavoro. Le associazioni hanno, inoltre, lanciato un appello al ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina, affinché vengano subito avviati una discussione e un confronto aperto con associazioni e singoli cittadini per una filiera trasparente che includa: l’obbligo di tracciabilità dei fornitori e trasparenza, rendendo pubblico e consultabile l’elenco dei fornitori delle aziende della filiera; l’obbligo di dotarsi di una etichetta narrante che accompagni il consumatore verso una scelta consapevole sull’origine del prodotto ma anche sui singoli fornitori (quali fornitori, quanti passaggi lungo la filiera); l’obbligo di dotarsi di misure legislative che prevedano la responsabilità solidale delle aziende committenti.
Il rapporto è consultabile sul sito www.filierasporca.org