Fincantieri si ispira ad Orwell: microchip negli scarponi degli operai. Interrogazione di Sel al ministro
L’amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono, ci aveva già pensato a luglio. All’audizione in Consgilio regionale del Friuli Venezia Giulia aveva annunciato : «Noi – disse con un pizzico d’ironia, parlando del rapporto con i sindacati e dell’eccessivo antagonismo in fabbrica – abbiamo già messo le verifiche delle entrate e delle uscite; non solo, fosse per noi metteremmo microchip negli scarponi dei lavoratori per sapere dove sono esattamente, quando lavorano sulle navi, specie quando accadono inconvenienti: sarà una rivoluzione che ci contesteranno, ma ci dovremo arrivare».
E ora dalla parola ai fatti. L’occasione per trasformare l’idea in una proposta concreta, però, è stata l’incontro che si è svolto il 5 marzo scorso a Genova, presso la sede di Confindustria, alla presenza dei sindacati confederali, per parlare del rinnovo del contratto integrativo Fincantieri. Quando l’azienda, per il 75 per cento di proprietà di Fintecna, che a sua volta appartiene alla Cassa Depositi e Prestiti, e quindi allo Stato, l’ha avanzata come soluzione per implementare la sicurezza sul lavoro. «Fincantieri – spiega Bruno Papignani, coordinatore nazionale della Fiom Cgil per il Gruppo – ha espresso la volontà di mettere nelle scarpe e negli elmetti dei lavoratori un microchip utile a localizzarne la posizione, motivando tale proposta come una questione di sicurezza. Io la trovo bizzarra, e condita da finti moralismi etici».
Sinistra Ecologia Libertà ha presentato una interrogazione al governo. «Ho appena depositato l’interrogazione al Ministro del Lavoro sulla richiesta di Fincantieri di inserire dei microchip nelle scarpe da lavoro e negli elmetti degli operai. – dichiara il parlamentare Nicola Fratoianni – Sono proprio curioso di conoscere la risposta del Ministro Poletti e di sapere il suo punto di vista».