Fratoianni: perso già troppo tempo, subito gruppi comuni
Nicola Fratoianni, coordinatore di Sel, nasceranno nuovi gruppi in parlamento?
Lo abbiamo proposto, abbiamo messo a disposizione la struttura del gruppo alla camera e quella del senato dove un gruppo di Sel non c’è, ma i nostri sette sono una forza sicura su cui contare. Mi auguro che si faccia presto per aiutare il processo unitario.
Gli ex M5S del senato però preferiscono non fare gruppo con con voi; e Civati andrà nel misto.
Naturalmente ognuno fa le sue valutazioni. Ma oggi nessuno capirebbe alchimie politiche o meccanismi arzigogolati. Servono nità, innovazione e democrazia. Bisogna dare un segnale, fare subito un salto di qualità.
Fuori dal palazzo il «salto di qualità» in concreto in cosa consiste?
Oggi c’è la possibilità di mettere in campo un processo unitario perché c’è una domanda di rappresentanza politica che cresce nel paese. Le piazze della scuola del 5 maggio, ma anche prima quelle del jobs act, dello sciopero generale dicono tutte la stessa cosa, che poi è quella che mi sento ripetere quando sono in piazza: quando fate un partito di sinistra, un soggetto in grado di darci voce? Oggi nessuna delle forze che ci sono, a partire da Sel, è percepita come sufficiente. Bisogna subito far partire un processo democratico, partecipato da tutti quelli che sono disponibili.
Ci sarà un evento pubblico?
Anche. Ma innanzitutto serve che tutti i soggetti disponibili dichiarino un intento comune. E che questo percorso parta da un rapporto con il territorio. In giro per l’Italia in molti aspettano solo l’occasione per organizzarsi. Abbiamo passato troppo tempo a dire che serve una nuova sinistra. È arrivato il momento di farla.
Civati propone referendum su Italicum, diritti, marijuana. Sarà la prima prova di questo soggetto?
Condivido i temi, poi dobbiamo valutare se il referendum è il più efficace. Ma certo cominciare a lavorare insieme è un buon metodo. Contro le politiche di Renzi siamo tutti d’accordo, ora dobbiamo definirci sulle cose da fare.
È finita la diaspora dal Pd?
Ho letto l’addio di Elly Schlein, quello di Michela Marzano. Non so quanti usciranno ancora ma la diaspora non è finita perché quel partito continua ad andare in una direzione che è l’opposto di quella per cui molti dirigenti e molti militanti avevano lavorato fin qui.
Grillo ha portato in piazza 50mila persone sul reddito di cittadinanza. Che sarebbe cosa vostra.
Sarebbe utile per tutti praticare l’obiettivo e ottenere qualche risultato, oltre a segnare qualche punto nel casellario della visibilità. In molti, di Sel e anche del M5S, abbiamo firmato l’appello di Libera di don Ciotti. È arrivato il momento di coordinare un’iniziativa, ci sono le condizioni permettere insieme forze politiche e sociali e portare a casa un risultato.
Renzi dice che voi siete la sinistra che vuole sempre perdere.
Vincere per Renzi significa riempire le liste di chiunque, dai riciclati ai post fascisti ai fascisti attuali che ancora vanno a Predappio, e così vinci. Ma non cambi le cose, conservi il potere. Io vorrei costruire una sinistra che vince per cambiare le cose.
Ma non può negare il peso di un leader, ce n’è già uno in pectore della vostra cosa a sinistra?
Per carità, una figura che rappresenta chiaramente una proposta è certo importante. Ma se provassimo a costruire insieme da subito una proposta, un «noi» nell’epoca dell’uomo solo al comando, forse verrà più facile individuare la leadership che incarna questo percorso. Lo si farà democraticamente. Evitando che questa scelta diventi la questione che impedisce di fare un passo in avanti.
Intervista di Daniela Preziosi dal quotidiano il Manifesto del 10 maggio
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Peppe Parrone