Genitori e figli: io, mio padre, Nicolò e l’omofobia
Ho un figlio di sette anni. Niccolò in questa fase soffre tantissimo le prolungate assenze che impone il mio ruolo istituzionale e di direzione politica. Io stesso ricordo quanto mi mancava mio padre, operaio turnista in fabbrica, e quanto soffrivo la sua assenza, tanto da lacerarmi, sia quando di giorno non lo vedevo (e di notte dormivamo), sia quando di giorno dormiva (e di notte lavorava), sia quando di giorno lo vedevo (e aveva la testa ancora in fabbrica).
In ogni contesto familiare si possono determinare condizioni di sofferenza per i minori e piccoli (o grandi) traumi psicologici. È normale e ovvio. Perché la perfezione non esiste e le famiglie sono per definizione un imperfetto e un continuo alternarsi di equilibri e squilibri. Vale per tutti. Ma proprio per tutti.
La differenza la fa l’amore, l’affetto che si riesce a trasmettere ai bambini. La differenza la fa la capacità di affrontare i problemi e risolverli (o almeno sinceramente provarci). Ecco perché le pelose preoccupazioni di certuni di fronte alle adozioni omosessuali mi fanno letteralmente venire la nausea. Mi fanno schifo quanto l’ipocrisia.
Perché proprio un pediatra o uno psicologo dovrebbe ignorare ciò che ogni genitore sa? E cioè che crescere un bambino è durissimo per tutti.
Io ci provo così: quando ci sono lo stringo a me, ci abbracciamo forte, gli sto al fianco mentre si addormenta, ho trovato la forza di dirgli sempre quanto mi manca e quanto gli voglio bene, guardiamo i cartoni insieme, gli leggo una storia, giochiamo insieme a spiderman, costruiamo con i Lego, provo a insegnargli delle cose (a utilizzare un cacciavite, a incollare, a governare una palla, ad accarezzare un gatto, a difendersi), ci prendiamo in giro, facciamo la guerra dei cuscini e quando posso gli dico quanto è importante per me, quanto mi ha cambiato la vita. E mi chiedo sempre per quale stupida ragione non potrebbe fare altrettanto un genitore omosessuale.
La natura non c’entra nulla (l’uomo di Neanderthal non credo fosse più bravo di noi a crescere i figli). La famiglia stessa non ha nulla di naturale, è semmai una costruzione sociale. C’entra invece la cultura e c’entrano invece i sentimenti.
No. La perfezione non esiste, se non per gli stolti, se non per gli omofobi. Esiste l’amore. E quello non discrimina, colpisce o meno in maniera uguale, senza distinzione di sesso, razza, orientamento sessuale o religioso. E quello semplicemente o si è capaci di donarlo o non lo si è. Senza distinzione di sesso, razza, orientamento sessuale o religioso.