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Mercoledì, 3 dicembre 2014

I cambiamenti climatici fanno paura ai militari

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Secondo giorno di negoziati qua al Pentagonito, nel quartiere di San Borja. I delegati stanno ora negoziando su vari fronti, finanze, mitigazione, metodologie tecniche, assetti istituzionali, Il succo del negoziato è nella trattativa sulla Piattaforma di Durban, Ora si sta trattando paragrafo per paragrafo il programma di lavoro per l’avanzamento della Piattaforma di Durban, che contiene una serie di “desiderata” rispetto alle attività di mitigazione finanze, riduzione delle emissioni. Quello che probabilmente verrà rinominato “Lima Action Plan” Piano di Azione di Lima.

Le delegazioni nongovernative stanno elaborando le loro proposte di emendamento, paragrafo per paragrafo. Nel frattempo continuano le attività nell’area contigua al Pentagonito, quella delle “Voci del Clima” dove tra l’altro è collocata un’installazione sui popoli indigeni dell’Amazzonia, il “padiglione indigeno”. Da fuori arrivvano notizie sulla Carovana Climatica che sta attraversando l’Ecuador per arrivare qui in città. Bloccata dalla polizia ecuadoriana, con giustificazioni pretestuose, ennesimo esempio di criminalizzazione dei movimenti sociali e ambientali, un tema che attraversa le discussioni, come un sottotraccia.

Qua in Perù una decina di leader indigeni sono ancora sotto processo per terrorismo dopo il “Baguazo”, i fatti di Bagua di qualche anno fa quando la polizia peruviana assaltò un blocco stradale indigeno, e dagli incidenti che ne conseguirono persero la vita indigeni e poliziotti. Stesse parole vengono dalle rappresentanze indigene indonesiane. Insomma il tema del cambio climatico è un tema che racchiude in sé tutte le contraddizioni del modello di stato e di sviluppo corrente. La pressione continua su risorse naturali scarse e ecosistemi delicati porta con sé la repressione militare e poliziesca di chi lotta per proteggere le proprie terre.

La catena logica me la spiega Mayra dell’ONG Colombiana Dedise. Mi dice, guarda oggi il tema della mitigazione riguarda anche il sostegno alle piantagioni di palma da olio per biofuel, Il settore della palma da olio in Colombia è quasi tutto nelle mani degli ex-paramilitari, che si convertono in attori economici, e si stabiliscono nei territori dai quali l’esercito e i paramilitari avevano scacciato i contadini e le popolazioni autoctone.

«Sai, forse non lo sapete che un’impresa italiana, con capitali italiani, opera nel settore dell’olio di palma e si sta stabilendo proprio in un territorio sotto il controllo degli ex-paramilitari?». Eppoi, mi raccontando quelli di Dedise del legame stretto tra questo caso e l’Accordo di Libero Commercio tra Unione Europea, Perù e Colombia attualmente in fase di ratifica alla Commissione Esteri della Camera. E del rischio di “landgrabbing”. Un punto che porteremo in Parlamento in occasione del dibattito sul TLC e del quale discuterò presto con i rappresentanti del Partito Tierra y Libertad.

Il tema del cambiamento climatico è sempre più tema di interesse dei militare. Da qualche anno ormai nelle visioni strategiche degli stati maggiori il climate change è visto come una delle principali minacce alla sicurezza, se non la principale. Siccità, spostamenti forzati di popolazioni, ma principalmente necessità di proteggere risorse scarse anche con l’uso della forza. Il rischio di una “securitizzazione” del discorso ambientale quindi è evidente, con tutte le conseguenze che ne derivano. Mayra mi sorride: «Francesco ma pensaci su, mica è un caso che la conferenza COP il governo peruviano principale alleato di Washington ha deciso di farla nella basemilitare del Pentagonito» . Già il “Piccolo Pentagono”.

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