Il fatturato industriale crolla del 3,6% sull’anno. SI: Renzi si occupi meno del referendum e più della vita delle persone
Il fatturato dell’industria è calato a marzo dell’1,6% su febbraio e del 3,6% su base annua e corretto per gli effetti di calendario. Secondo i dati riferiti dall’Istat l’indice grezzo del fatturato si riduce, in termini annui, del 3,7%, con il contributo più ampio alla flessione che viene dalla componente interna dell’energia. Si tratta del calo più rilevante da agosto 2013, mentre quello del 2,6%, che riguarda i ricavi sul mercato interno, è il peggiore da settembre 2012. A marzo rispetto a febbraio, la contrazione del fatturato è sintesi della flessione del 2,6% sul mercato interno e di un lieve incremento (+0,1%) su quello estero. Il calo degli ordinativi è verificato sia sul mercato interno (-1,5%), sia su quello estero (-5,8%).
La contrazione del fatturato è verificata anche considerando la dinamica congiunturale degli ultimi tre mesi: l’indice complessivo cala dell’1,1% (-1,2% per il fatturato interno e -0,9% per quello estero). I ricavi su base annua segnano una diminuzione del 4,4% sul mercato interno e del 2,2% su quello estero. Gli indici destagionalizzati del fatturato realizzano, sempre a marzo, incrementi mensili per l’energia (+3,2%), mentre risultano in calo i beni strumentali, i beni intermedi (-2,5% per entrambi) e i beni di consumo (-0,6%). Per il fatturato l’incremento annuo più rilevante si registra nella fabbricazione di computer e prodotti di elettronica (+6,5%), mentre la maggiore diminuzione, limitatamente al comparto manifatturiero, riguarda la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-22,4%).
Calo anche per gli ordinativi dell’industria italiana che a marzo scendono del 3,3% su febbraio, mentre aumentano su anno dello 0,1% (dato grezzo). L’incremento più rilevante, rispetto a marzo 2015, si registra nella fabbricazione di mezzi di trasporto (+30,7%), mentre la flessione maggiore si osserva nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-13,2%).
«I dati odierni dimostrano il fallimento della politica economica di Renzi, dal 2013 a oggi il quadro è addirittura peggiorato. Persino i dati sull’occupazione, drogati dagli incentivi, quest’anno hanno il segno meno. O il Presidente del Consiglio si carica sulle spalle il dovere di una svolta in politica economica, e quindi di una nuova stagione di investimenti pubblici, oppure il rischio che il lento declino del Paese continui è molto forte. Renzi si occupi meno del referendum costituzionale, facendo scegliere liberamente i cittadini italiani, e più delle questioni materiali della vita delle persone» è il commento del capogruppo dei deputati di Sinistra Italiana a Montecitorio Arturo Scotto.
«Le ripercussioni occupazionali saranno enormi, prosegue Scotto. Parliamo di un settore importante come quello industriale. Renzi ha incensato Marchionne fino a ieri definendolo un modello di imprenditore senza accorgersi che il settore va male perché non investe in innovazione. In questi anni si sono sprecati miliardi per incentivi a pioggia che non hanno prodotto un innalzamento del tasso di occupazione, continua il capogruppo di SI. Siamo ancora inchiodati al 56,7% come Grecia e Croazia, e se togliamo Sud e donne ci troviamo a competere con i Paesi dell’Africa subsahariana. Renzi ha fatto il Jobs Act ma non se ne è accorto nessuno perché non ha prodotto nuova e buona occupazione mentre assistiamo all’esplosione dei voucher che sono una forma di caporalato del XXI secolo che punisce i giovani e settori già in crisi come l’edilizia e perfino la Pubblica Amministrazione. Occorre invece concentrare risorse su un grande piano per il lavoro che metta al centro la salvaguardia e la tutela del territorio e aprire finalmente una stagione di lotta alla precarietà», conclude Scotto.