Il Garante per la privacy boccia il Jobs Act sui controlli a distanza. Sel: il governo sopprima quell’articolo
“È auspicabile” che il decreto legislativo, attuativo del Jobs act, che prevede il controllo a distanza dei lavoratori, tramite strumenti aziendali, senza accordo sindacale “sappia ordinare i cambiamenti resi possibili dalle innovazioni in una cornice di garanzie che impediscano forme ingiustificate e invasive di controllo, nel rispetto della delega e dei vincoli della legislazione europea”. Lo ha detto il Garante per la privacy, Antonello Soro, nella relazione annuale al Parlamento.
“Un più profondo monitoraggio di impianti e strumenti non deve tradursi in una indebita profilazione delle persone che lavorano”, ha aggiunto, anche perchè “nei rapporti di lavoro il crescente ricorso alle tecnologie nell’organizzazione aziendale, i diffusi sistemi di geolocalizzazione e telecamere intelligenti hanno sfumato la linea – un tempo netta – tra vita privata e lavorativa”.
«Mi auguro che nelle prossime settimane, durante l’esame parlamentare, ci sia la possibilità di aprire un confronto che faccia chiarezza sui dubbi emersi» è stato il commento della presidente della Camera Boldrini, nel saluto alla presentazione della relazione alle Camere dell’Autorithy della privacy.
«Bene ha fatto il Garante della Privacy a denunciare i pericoli presenti nell’articolo 23 dello schema di decreto legislativo sulla semplificazione delle procedure in materia di rapporto di lavoro, ora all’attenzione del Parlamento». Lo ha detto il senatore Giovanni Barozzino, capogruppo di SEL in commissione lavoro.
«Con questa norma si abroga l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori – ha commentato il senatore di Sel – e si dà facoltà all’impresa di controllare con strumenti elettronici la prestazione del singolo lavoratore, una vigilanza che avverrà con il videocontrollo ma anche con la generalizzazione dell’uso delle cosiddette “tecnologie indossabili”. Gli ordini al lavoratore arriveranno su un display collocato sull’orologio che è obbligato a tenere al polso. Lo smartwatch che permetterà al datore di lavoro non solo di assegnare compiti secondo frequenze e velocità discrezionalmente decise, ma anche di controllare se il lavoratore sta facendo o meno una pausa autorizzata poiché nell’orologio è collocato un geolocalizzatore che permette di conoscere il luogo ove si trova esattamente lo stesso lavoratore. Già oggi in parte avviene con l’uso degli smartphone che molte aziende stanno imponendo a tanti lavoratori perlopiù manutentori e installatori. Il microchip che Fincantieri intenderebbe collocare nelle scarpe antinfortunistiche dei propri dipendenti ha la stessa finalità, il tutto in spregio della raccomandazione del Consiglio d’Europa che fa divieto dell’uso sui lavoratori di questi strumenti in nome del principio liberale del rispetto della persona».
“Quindi il Governo – ha concluso Barozzino – farebbe bene a dare ascolto alle numerose proteste che questa norma sta sollevando e sopprimere questo articolo, che palesemente viola la privacy e aumenta a dismisura il potere di controllo dell’impresa sul lavoratore”.