Il trattato TTIP ci riporta alla Lex Mercatoria e al cibo spazzatura made in USA
Il TTIP viene negoziato in segreto, non c’è accesso alle bozze dei testi dell’accordo nemmeno per i membri dell’Europarlamento o dei Parlamenti nazionali. Troppa trasparenza danneggerebbe la dinamica della trattativa secondo i paladini della segretezza, i quali insistono che serve anche a proteggere i negoziatori dalla pressione delle lobby industriali. Ma la verità è che viviamo in un tempo segnato dal post-multilateralismo e il non pubblicare i documenti riguardanti i negoziati è un problema basilare di democrazia e toglie qualsivoglia legittimità ai negoziati stessi. Sono chiari elementi di modificazione post-democratica e del cambiamento dell’assetto democratico in mercatorio.
Con la scusa di migliorare il commercio tra le due sponde dell’Atlantico, i regolamenti disegnati per difendere l’ambiente, i diritti dei lavoratori, i servizi pubblici e gli standard pensati per proteggere i consumatori, saranno ridotti nel minor tempo possibile al minimo comune denominatore, appiattiti all’interesse di pochi nuclei produttivo-finanziari-transnazionali che razziano sul pianeta le funzioni essenziali, e per la loro competitività è necessario che tra frontiera e frotiera non ci siano barriere, non soltanto non ci siano quelle commerciali, ma normative, politiche diremmo meglio, democratiche.
Cosa cambierebbe col TTIP? Un qualsiasi operatore privato statunitense potrebbe aprire un ospedale in Italia, entrando in concorrenza con quelli pubblici e privati italiani. Il ministro del Commercio inglese Lord Livingston ha ammesso che i sistemi sanitari nazionale sono ancora materia di negoziato. Il colosso Walmart potrebbe prendere l’appalto della mensa della scuola dei nostri figli e inondarla di cibo spazzatura. Ugualmente per l’erogazione dei servizi idrici. Altro che Acqua pubblica nonostante il referendum del 2011.
Terribile sarebbe l’impatto per l’agroalimentare e la ripresa della domanda interna delle piccole e medie aziende agricole con l’omologazione o equiparazione degli standard ai livelli americani. Il 70% del cibo confezionato in vendita negli USA contiene ingredienti geneticamente modificati. L’uso di pesticidi in agricoltura negli USA non ha paragoni con le regolamentazioni europee e la stessa cosa vale per il ricorso all’uso di ormoni e antibiotici per far crescere più velocemente gli animali da macello. Andrebbero a farsi benedire tutti i passi in avanti fatti per il “benessere animale” negli allevamenti e le relative conseguenze per la nostra salute sarebbero pessime.
Se equivalenza fra standard ci dev’essere sono gli Usa che devono armonizzarsi agli standard europei sull’agroalimentare e non il contrario.
Nell’UE l’agricoltura trova radici culturali antichissime nel rapporto fra la persona e la terra. Le nostre indicazioni geografiche tipiche (come nel trattato CETA col Canada) non serviranno più ad assicurare al consumatore al contempo l’origine e il metodo di produzione, ma solo meri strumenti di protezione di un marchio.
Gli Usa hanno poca storia (considerando che quella autoctona è stata rasa al suolo in 4 secoli di guerre indiane) e un rapporto consumistico con la terra, pochi operatori in un’agricoltura intensiva e monocolturale.
Inoltre il nostro modo di gestire il rischio di fronte a tecnologie innovative poco studiate è il principio di precauzione (vedi trattato di Lisbona) che garantisce la sicurezza alimentare, ambientale e animale. Negli Usa il controllo è fatto dopo, ex post, intanto le cavie sono i consumatori.
Ma le minacce nascoste in segretezza nel TTIP non sono finite, anzi!
Viene riproposto l’accordo sugli arbitrati come nel MAI (Accordo Multilaterale sugli Investimenti), un negoziato che fallì nel 1998 grazie alla sollevazione dell’opinione pubblica. Oggi viene chiamato ISDS, è l’istituzione di tribunali d’arbitrato commerciale in cui le leggi e la politica nazionale non hanno alcun potere d’intervento. Tali tribunali sono costituiti di 3 membri fra una lista ristretta di avvocati e studi legali privati (a livello mondiale una lista di 300 avvocati circa). Le parti scelgono il proprio difensore e il giudice. E’ prassi oramai comune che i difensori possono fare anche i giudici anche in contemporanea allo svolgimento di altri processi. Evidentissimo è il conflitto d’interessi a favore delle grandi corporation. Affidarsi a tribunali esterni privati permetterebbe alle multinazionali Usa che investono in Europa di aggirare ogni corte nazionale o europea e di accusare direttamente i governi europei ogni volta che ritengono che una legge in materia di salute pubblica, ambiente e protezione sociale interferisca con i loro profitti e interessi. Grandi somme di denaro in compensazione per l’applicazione di leggi decise democraticamente per proteggere l’interesse pubblico, ma che penalizzano gli investitori privati. Caso Impregilo in Argentina che ha sottratto 21 milioni di dollari al governo per essere stata danneggiata nella gestione del servizio idrico di Buenos Aires. GDF-Suez, che ha una quota in Acea potrebbe far ricorso se venisse ripubblicizzato il servizio idrico. Ma di certo non succederà purtroppo con questo governo Renzi-Sacconi. Altri casi famosi di azioni legali contro governi che hanno agito nell’interesse pubblico: caso Philip Morris contro l’Australia e l’Uruguay per politiche antitabagismo. Le parole della direttora dell’OMS Margaret Chan: “Qualcosa è fondamentalmente sbagliato in questo mondo quando una multinazionale può permettersi di sfidare politiche governative introdotte per proteggere il pubblico da un prodotto che uccide”. Altri casi sono quello della Veolia contro l’Egitto per aver inserito un salario minimo per i lavoratori o la Vattenfall contro la Germania che ha dismesso le centrali nucleari.
Col TTIP “si vuole garantire campo libero a imprese e attività economiche dannose per l’ambiente e la salute umana” (Stiglitz) e si minaccia l’autonomia di un governo di mettere in campo politiche per il bene pubblico, perchè ogni premier o governo sarebbe quantomeno dissuaso da non elevare i propri standard normativi nel caso in cui incidessero negativamente sugli investimenti privati.
Questo meccanismo cambia l’assetto democratico in mercatorio. E’ un salto all’indietro alla LEX MERCATORIA medievale, dove i mercanti stabilivano le regole degli scambi, superando le regole pubbliche, in segreto, e chi non obbediva veniva bandito dalle fiere. E se un’intera città si rifiutava veniva bandita l’intera città e comunità. Oggi il corrispettivo dei mercanti sono la finanza e le multinazionali. Quelli che hanno prodotto la crisi del 2008 e che si oppongono a qualsiasi regolamentazione dei servizi finanziari per “rendere permanente il più alto livello di liberalizzazione attualmente presente negli accordi di libero scambio”.
Invece si dovrebbe introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie per contrastare la speculazione del trading ad alta frequenza, la separazione della banche commerciali da quelle d’investimento, chiudere il sistema bancario ombra e quelle società che si comportano come banche senza essere sottoposte a controlli e vigilanza, introdurre limiti e trasparenza sui derivati, fermare lo scandalo dei paradisi fiscali.
Noi di SEL nella nostra mozione (nella quale è stata respinta la parte che richiedeva di cancellare il meccanismo dell’ISDS) abbiamo rivendicato la necessità di trattative trasparenti e democratiche, non quella farsa della pubblicazione di un mandato vecchio del giugno 2013. Ci opporremo, non all’abbattimento dei dazi doganali, peraltro già bassi, o all’armonizzazione su standard elevati, ma al TTIP che svuota la nostra democrazia, ci opponiamo all’austerità e alla legge del mercato che finanziarizza le nostre vite.
Solo grazie ai movimenti civici e popolari finora si è potuto portare alla luce gran parte delle informazioni che ho citato prima, grazie al lavoro e all’impegno di cittadini e attivisti che hanno a cuore la democrazia e il futuro dei propri figli.
Con queste persone come abbiamo fermato il Mai, come abbiamo fermato gli Ogm in Europa, fermeremo anche questo scempio.
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