Ilva, la colpa di Nichi Vendola: il tentativo vero di provare a cambiare le cose
Lo dico una volta per tutte così mi tolgo il pensiero. Credo che il rinvio a giudizio di Nichi Vendola e nell’ambito del processo ILVA, sia una porcheria. Già oggi, leggendo i giornali, i Riva, il loro sistema radicato su un dispositivo ben noto in italia e vecchio di 50 anni, spariscono. Il problema è Vendola.
L’inquinamento seriale che ha devastato Taranto è stato tutto opera di Vendola, l’imputato principale è lui, non i padroni del vapore e i veri padrini che negli anni hanno fatto di Taranto un modello di relazione criminale tra industria, politica e salute. Ora è chiaro che un’inchiesta che parte dal 2010, non poteva non interessare anche il Governatore di allora. Ma i magistrati ben sanno qual’è la differenza tra una scelta politica, che uno può discutere, ad esempio su come gestire il processo, necessario, obbligatorio, sacrosanto di rimessa al centro dell’interesse collettivo in tema di qualità della vita e di salute nel rapporto con 20.000 posti di lavoro. Se gestirlo in termini di accelerazioni shock, oppure tentando di farlo diventare percorso condiviso.
Chiederselo è giusto, e Vendola lo dice anche tra le righe oggi: se avesse fatto come i predecessori, nessuno shock e nessuna processualità, bastava non occuparsene. Delegare al governo, che avrebbe fatto quello che ha sempre fatto, e cioè salvaguardato gli interessi prima di tutto dei potenti, dell’apparato industriale inteso come lobbies in grado di garantire stipendi, produzioni, e circolazione di merci e capitali. Oppure shock, per quanto possibile ma da un posto, il governo della Regione, certamente privilegiato: chiudere tutto, tutti a casa, dicendo chiaramente che qui bacini della Rhur non sono possibili. Ma di fatto lasciare sempre al Governo nazionale il cerino in mano, e come accade oggi, con i decreti salva Ilva che rappresentano continue deroghe alle prescrizioni ambientali, la possibilità di avere l’ultima parola nell’emergenza.
Oppure tentare, e qui la vera colpa per la quale oggi è davanti al plotone di esecuzione in mezzo ad una folla con il pollice verso che chiede a Cesare di non avere pietà, di gestire un percorso di riequilibrio possibile, dopo decenni di squilibrio sistematico. E perchè dunque questa scelta politica compiuta da un governatore di regione, è diventata così invisa a chi oggi lo ha già condannato, ben prima di qualsiasi processo? Perchè da tutto questo ne esce un processo contro Vendola e non contro i padroni? Per ideologia, pura. Perchè uno come Vendola, in questi anni e con le sue convinzioni, ci ha provato veramente a cambiare le cose, che come è noto, non equivale a declamarle. Significa invece porsi il problema di come fare, con quello che si ha, ad immaginare i passi concreti per farlo, sapendo che tutto è maledettamente più complicato di come lo vediamo.
Ma sapendo anche che il cambiamento, che derivi da uno shock o da una necessità, è un processo, non un momento. E’ un libro, non una pagina di prefazione. Poi c’è la telefonata con Archinà. brutta, inutile, e totalmente sbagliata. Ma soprattutto perchè, e Nichi lo spiega bene, non può, quel frammento tagliato ad arte, rendere giustizia di un lavoro difficile, che significava disinnescare lo shock, lo stesso, che anche i Riva volevano: chiudere tutto e arrivederci e grazie. Chiudere tutto e delocalizzare. Minacciare di chiudere e ottenere dal governo quello che poi hanno ottenuto. Dimostrando anche che un governo della Puglia diverso, aveva prodotto lo sfacelo, altro che il cambiamento. E qui intendiamoci bene: cercare di disarmare il nemico, giocando un ruolo da governatore, non ha mai significato cercare di non combattere la guerra, questo è il punto.
Se fosse stato così, non ci sarebbe discussione: scelta politica sbagliata, e anche penalmente perseguibile. Ma non esiste un solo atto pubblico, una sola legge, una sola delibera fatta da Vendola che sia fatta per non combattere la guerra, e dalla parte giusta. Infatti si sono inventati il “tentativo di ammorbidire” la relazione dell’Arpa Puglia sulle diossine. Quello che dovrebbe essere stato ammorbidito, è stato inquisito perchè dice che non è vero. Nessuna relazione è stata mai modificata o stoppata in seguito a pressioni. L’assessore all’ambiente è stato assolto. E Nicola Fratoianni, solo per aver detto che mai e poi mai Vendola ha fatto pressioni in questo senso, è stato rinviato a giudizio per favoreggiamento. Di Vendola.
Allora, come si sa io ho sempre avuto forti dubbi sulle “rivoluzioni” per via giudiziaria. Da Tangentopoli in poi tutto dimostra che questo tipo di rivoluzioni dall’alto tutto fanno fuorchè cambiare nel profondo le cose delle quali si occupano. La corruzione, dopo l’era Di Pietro, è enormemente aumentata, e le diseguaglianze anche. Berlusconi, chi credeva di sconfiggerlo con le inchieste, se l’è ritrovato clonato dall’altra parte. Le inchieste sull’ambiente sono un fatto importante, fondamentale, ma secondo me questa inchiesta, proprio per il suo vizio di fondo di essere stata usata contro Vendola e non contro i Riva e il sistema di potere vero che gli stava e gli sta ancora attorno, rischia di finire nel novero di quelle che di cambiamenti ne produrranno, ma non nel senso che tutti auspichiamo. Nichi, a differenza di me, ha totale riverenza istituzionale verso il sistema giudiziario. Lui ci crede che alla fine, da persona che ha la coscienza a posto, prevarrà la verità. Io no, non ne sono certo a prescindere.
Conosco tanti magistrati farabutti, che per fare carriera, hanno messo in scena dei baracconi inquisitori assurdi. Ne sono stato, mio malgrado, anche protagonista in qualche caso. E poi ho visto la matrice sulla quale si incarna l’odio verso Vendola, tradotto poi in questo rinvio a giudizio a dir poco incredibile. Da una parte l’odio ideologico, dall’altra quello fondamentalista grillino. Non è un caso che “Il Fatto”, organo non ufficiale del suddetto movimento, molto abbia premuto perchè l’epilogo fosse questo. Ma a questi signori, che forse le “stelle” nel loro nome dovrebbero sostituirle con “secondini”, nessuno è in grado di rispondere che la società che prefigurano è molto molto peggio di quella, pur ingiusta e disgustosa, che abbiamo oggi? Che una società retta dal codice penale si chiama stato di polizia? Che le condanne, e i rinvii a giudizio, non sono tutti uguali? In questi momenti fa veramente schifo vedere la pratica paludata degli avvoltoi che questi mettono in campo, solo e solamente per il loro desiderio di potere. E non me ne fotte niente che prendono meno soldi. Se li tenessero e rinunciassero a cibarsi di carnee umana per sopravvivere.
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Dario
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