Israele invade da terra Gaza. La popolazione palestinese presa tra due fuochi
Endgame Gaza. Ormai è invasione di terra. E’ evidente che Hamas e Nethanyahu si siano cacciati in un vicolo cieco, Endgame Gaza potremmo riassumerlo. Endgame per Bibi, che ormai, come in passato, pensa che solo attraverso la forza bruta, e nella convinzione che la comunità internazionale ormai assuefatta possa passare oltre la tragedia del popolo palestinese, si possa risolvere una condizione alla quale Israele ha contribuito in maniera determinante. Quella dell’occupazione è violazione pervicace del diritto internazionale. C’è un nuovo buco ora in Medio Oriente, che lui cerca di riempire con i suoi tank e le bombe, un vuoto della diplomazia internazionale dopo lo sganciamento di John Kerry e dell’amministrazione Obama da un tentativo negoziale che Bibi ha fatto di tutto per affossare. Decide così di scatenare la forza del suo esercito, per poi, come in Piombo Fuso, constatare che la forza delle armi seppur preponderante, nasconde una grande debolezza strategica e politica. Ma tant’è, e poco conta tentare di far leggere Protective Edge in relazione stretta alle operazioni militari assolutamente sovradimensionate svolte immediatamente dopo il rapimento dei tre poveri ragazzi israeliani assassinati. Schiacciato nella sua coalizione di governo tra chi invoca il massacro di tutte le donne palestinesi e chi chiede di “mow the lawn”, tosare il campo di Gaza.
Endgame per Hamas, che per cercare di avere un minimo di ruolo politico, ormai indebolità com’è e quasi isolata, anch’essa presa tra due fuochi; quello dell’accordo con Fatah, che finalmente avrebbe consegnato alla Palestina un governo unitario di transizione, e quello delle cellule salafite che guardano all’ISIS ed al Califfato come nuova vera prospettiva. Così da una parte Hamas ha tentato di gestire le ricadute politiche al suo interno, e dall’altra alzato il livello della retorica “militare” e aumentato il lancio di razzi. Poco sta a sottolineare l’asimmetria evidente di forze tra Israele e Hamas. Le centianai di morti civili, donne e bambini a Gaza. L’escalation della retorica militare si è portata dietro quella sul campo.
Oggi assistiamo quindi ad una situazione tragica. La popolazione di Gaza presa tra due fuochi, micidiale l’uno di Tsahal, non meno tragico quello delle ali estremiste di Hamas che si vogliono giocare il tutto per tutto. Mi pare di ricordare l’epilogo della guerra civile in Sri Lanka, gli ultimi mesi quando decine di migliaia di civili rimasero intrappolati in una lingua di terra, Vanni, con loro guerriglieri del LTTE. Una strage di innocenti, martellati giorno e notte dalle artiglierie. Con la cosiddetta comunità internazionale incapace di muovere un dito, Due sessioni del Tribunale Permanente dei Popoli hanno studiato il caso e determinato che in quella situazione si stava ormai determnando un crimine di genocidio.
Oggi lo Sri Lanka è tutt’altro che pacificato, quel governo non riconosce i crimini commessi. La comunità internazionale nicchia. Oggi a Gaza i civili sono come topi in gabbia, ridotti a vivere in condizioni subumane, intrappolati tra bombe e logica di potenza. Di tutta questa situazione ne farà le spese non solo la popolazione di Gaza ma tutta la Palestina, il tentativo di Abu Mazen di costituire un governo di transizione, fin da subito osteggiato da Nethanyahu ed i falchi. E noi che possiamo fare, che dobbiamo fare? Farci prendere dallo sconforto, dalla rassegnazione? Chiedere al governo, alla comunità internazionale di intervenire per un cessate il fuoco, apertura di corridoi umanitari, certo, denunciare la vendita di armi italiane ad Israele, assolutamente, E forse provare per lo meno a dare voce a quei civili, dare voce a chi a Gaza, in Palestina, in Israele continua a voler perseguire la via della nonviolenza. Squarciare il velo dei media, cercare di rompere un embargo non solo fisico ma anche mediatico? Forse è poco, certo di fronte a quella tragedia immane che ormai si ripete da decenni, ma per chi ha a cuore la giustizia può essere un punto di partenza.
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