Italicum, troppa fretta e la legge non funziona: manca l’algoritmo
“I matematici parlano con Dio, i fisici parlano con i matematici e tutti gli altri parlano tra di loro”. Non si conosce l’autore di questo detto così impegnativo, così foriero, come vedremo, di conseguenze pratiche per noi tutti, gli altri. Né si sa se l’avessero presente i “fisici” Renzi e Berlusconi, e soprattutto il “matematico” Verdini, l’estensore fiorentino, nel preciso momento in cui licenziarono il testo della nuova legge elettorale e la chiamarono, forti del loro latinorum, Italicum. Ma si erano dimenticati l’algoritmo. Distrazione a cui invece non era sfuggito, mestolo della polenta in mano, Calderoli dentro la baita dolomitica trentina nella quale nacque anni addietro il Porcellum.
Che mancasse l’algoritmo se ne sono accorti ieri quelli del Comitato dei 9 della Commissione Affari costituzionali della Camera, come riferiscono i giornali ed in particolare l’Unità, che parla, opportunamente, di un errore clamoroso. E che deve fare questo algoritmo di cui Verdini il matematico s’è del tutto scordato, nel mentre Renzi e Berlusconi intonavano tra di loro la perfetta sintonia? Deve, né più né meno, tradurre i voti ottenuti in seggi assegnati, è il cuore della legge quale che sia; se manca l’algoritmo, manca, semplicemente, la legge in quanto tale. Guai a trascurare l’algoritmo, in politica come in economia, si può incorrere in qualcosa di assai pericoloso, che so, una crisi finanziaria globale ad esempio. E non solo l’algoritmo non va mai dimenticato, ma dev’essere anche quello giusto, in caso contrario come potrebbe la matematica dialogare addirittura con Dio in persona? Diversi anni fa, tanto per dire, due studiosi americani, Myron Scholes e Robert Merton, misero a punto un loro algoritmo capace di prevedere l’andamento, e dunque il rendimento, cioè il profitto, in sostanza il danaro, dei titoli derivati. Vinsero qualche anno dopo persino il Nobel per l’economia. Le banche dell’intero pianeta, prime fra tutte l’americana Lehman Brothers, si misero ad applicarlo a rotta di collo. Solo che l’algoritmo in questione era sbagliato. Non dal punto di vista matematico (qui nulla da dire, risultava impeccabile), ma da quello più banale della vita reale di gran parte dell’umanità, dal momento che esso diede il via a quella gigantesca speculazione sui derivati che ci ha portato alla crisi finanziaria mondiale più lunga e più dura della storia moderna. E ancora non è finita. Si possono allora, questa la morale, vincere alla grande le primarie e tanto di cappello, ma poi si dovrà fare i conti con l’algoritmo. Altrimenti, siamo seri, come diavolo si fa a sapere già la sera stessa del voto chi ha vinto e chi ha perso? Fare una legge elettorale senza stabilire come assegnare i seggi non è facile, tocca ammetterlo. Finora, in tutta Europa, non c’era infatti ancora riuscito nessuno. Una legge elettorale, si sa, può declinare verso la rappresentanza o verso la governabilità, può consentire all’elettore di scegliere direttamente l’eletto oppure demandare questa incombenza ai capi partito chiusi in una stanza, può restringere o allargare la forbice del premio da destinare alla maggioranza, fino al punto di assegnarlo alla minoranza che con il minimo dei voti ottiene il massimo dei seggi. Ma fare una nuova legge elettorale e dimenticarsi l’algoritmo equivale a brevettare il ghiacciolo in Lapponia d’inverno. Il punto a cui siamo giunti, ecco la scontata considerazione da fare, è più grave di quel che appare a prima vista. La dialettica da affermare è quella tra immobilismo e attivismo, non già prima di tutto quella del merito. Quando c’erano gli altri tutto stava come fermo (vero), adesso che sono arrivato io tutto dovrà muoversi in fretta, tre riforme in due mesi. Ma verso dove, se ne può democraticamente parlare? “Se salta la legge elettorale salta l’Italia”, ripete il segretario del partito democratico. Sospendiamo per un attimo il giudizio sul fatto che il paese sia già “saltato”, nella sua coesione e tenuta sociale, nella qualità ed estensione dei diritti dei suoi cittadini, nella collocazione ormai marginale in Europa e nel mondo. Ma è con questa serietà, con questo rigore, con questa perizia istituzionale (e costituzionale) che si mette mano ad una legge elettorale, chiamandola per di più, così che sia chiaro al mondo come si fanno adesso da noi e in un botto le riforme, Italicum ?
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