L’8 per mille: cambiare la legge
Quest’anno l’8 per mille dell’Irpef ha visto solo il 45,7% dei contribuenti scegliere una confessione religiosa o lo Stato. La somma da ripartire è stata di 1.263.273.115 euro, una somma imponente.
La Chiesa Cattolica ha fatto, come ogni anno, la parte del leone con l’82,4% delle scelte e e un finanziamento pubblico di 1 miliardo e 38,9 milioni di euro.
Allo Stato il 13,35 delle scelte, e alle altre confessioni religiose le briciole, ma sempre milionarie ( ai Valdesi il 3,2, agli Avventisti lo 0,9, alle Assemblee di Dio lo 0,2, agli Evangelici lo 0,3, alle Comunità Ebraiche lo 0,4).
L’anomalia è che pur in presenza del solo 45,7% dei contribuenti che hanno scelto di finanziare una confessione religiosa, il riparto avviene sul 100% dei fondi disponibili.
Dal 1990 al 2015 la Chiesa Cattolica (o meglio la CEI e l’Istituto Centrale per il sostentamento del clero) ha incassato dallo Stato italiano la somma stratosferica di 19,3 miliardi di euro.
Si tratta di un tesoro che ha contribuito in modo straordinario al rafforzamento economico e finanziario della Chiesa italiana.
Nonostante la pubblicità televisiva della CEI ( 40 milioni di euro spesi per gli spot sulle reti della RAI) mostri che l’8 per mille dell’ Irpef servi a finanziare progetti caritatevoli e di solidarietà, nella realtà “solo il 23% delle somme incassate vengono destinate ai poveri e ai bisognosi”.
Non a caso questo meccanismo è stato qualche giorno fa nel mirino delle critiche della Corte dei Conti che ha chiesto esplicitamente una revisione legislativa dell’8 per mille anche in considerazione dell’onere finanziario non più sostenibile per lo Stato in un momento di grave crisi della finanza pubblica.
Dunque è necessario una riflessione sull’8 per mille per una sua riduzione, e anche per individuare meccanismi di trasparenza nella destinazione finale di questi fondi pubblici che vanno rendicontati in modo rigoroso trattandosi di soldi dei cittadini.
Sarebbe un aiuto allo sforzo straordinario che Papa Francesco sta facendo per affermare una visione della Chiesa vicina ai poveri di ogni latitudine.
C’è ancora chi tradisce la Chiesa per “trenta denari” e concepisce la funzione di “principe della Chiesa” in termini di privilegi e potere.
Ricordiamo tutti le parole di Giovanni su Giuda Iscariota, uno dei discepoli di Cristo, poi passato alla storia come il peggiore dei traditori che si lamentava perché l’olio profumato non era stato venduto per 300 denari da destinare ai poveri. Ma a lui, in realtà, non importava niente dei poveri, perché era un ladro e siccome teneva la cassa, avrebbe rubato quei 300 denari.
Purtroppo nella Chiesa di oggi la lotta tra onesti e ladri continua, come del resto nella società nella vita pubblica italiana. E i ladri non hanno in nessuna considerazione, il disagio dei poveri e degli esclusi, tantomeno la visione di una Chiesa francescana.
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