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Lunedì, 2 novembre 2015

La Calabria sprofonda

calabria

Non vivo più in Calabria da 10 anni. Non ho scelto di andarmene. Anzi, ho anche provato più volte a tornare per fare politica lì: non ce l’ho fatta. Il mio partito in Calabria, quando c’era l’opportunità di farmi rientrare, ha preferito un’altra guida e poco importa se quel compagno, eletto segretario regionale e deputato, dopo qualche tempo è passato nel Pd.

Resta il fatto che non sono stata capace di costruire intorno a me un consenso tale da permettermi di continuare a fare politica nella mia terra di origine. In poche parole io “non ho voti” e, in Calabria, più che in qualsiasi altro luogo è questo quello conta. Non lo dico con disprezzo: considero un fallimento personale non essere riuscita in quegli anni a costruire una base elettorale, ma non vi è dubbio che da noi il consenso è anche frutto di clientelismo, di ricatti occupazionali, di truffe ai danni della povera gente.

Vedo le immagini della Statale 106 e soffro di fronte a quel disastro, ma non ne ho bisogno per capire che la Calabria sta drammaticamente sprofondando. Mi arrivano segnalazioni ed io provo, con il sindacato ispettivo e le risorse parlamentari che ho, ad essere vicina alle vertenze. Ma ogni volta che ritorno è sempre peggio: non posso ancora raccontare la missione antimafia fatta a Cosenza, mi limito a dire che la misura è stata superata da un pezzo.

Allora mi domando, e vi domando, com’è possibile che non si chieda conto agli eletti in Calabria di tutto questo. Com’è possibile che nessuno richiami alla responsabilità, al vincolo elettorale verso un territorio chi ha potere di intervento in questo momento, cioè i partiti che stanno al Governo del Paese: Pd e Ncd?

So che è difficile: non sono via da troppo tempo per non comprendere le difficoltà che anche la cosiddetta società civile incontra se vuole reagire. Ma non voglio nemmeno essere accomodante nei confronti di questa rassegnazione civile. Non la faccio facile, ma non voglio nemmeno giustificare l’idea che tutto debba per forza andare così. La lamentela su Facebook non salverà nessuno.

Non ho interessi elettorali personali in Calabria, ho solo interessi emotivi, umani, che mi legano ancora alle persone che ho lasciato là, compresa la mia famiglia, e proverò sempre a sollevare i problemi e sollecitare le soluzioni. Posso fare un elenco lungo, verificabile anche da voi on line, degli interventi che ho portato all’attenzione del Governo in questi anni – dai rifiuti a Reggio fino alla discarica di Celico, dall’ospedale di Locri alla sanità a Catanzaro, dai Bronzi di Riace fino ai lavoratori dell’aeroporto di Reggio Calabria – ma tutto questo non basta e non basterà mai se non c’è una presa di parola pubblica da parte dei cittadini.

Controllate i livelli di produttività di chi avete eletto, non fatevi prendere più in giro. Bisogna far capire che non ci sono promesse che tengono più. Bisogna denunciare le mancanze, gli errori, la malafede, la corruzione. Se invece si sta in silenzio e alla fine ci si appara, mi dispiace ma si è sempre punto e a capo. Ferisce vedere tutto questo, ma l’indignazione da sola non basta. Ognuno deve fare la sua parte. La cattiva politica si alimenta dalla società. Oggi più che mai bisogna scegliere da che parte stare. Tutti, nessuno si senta escluso.

Commenti

  • Resi Iurato

    Brava!

  • Francesco

    La jonica (ma direi anche tutta la Calabria del centro-nord) mi appartiene per nascita biologica e politica. Dalla mia esperienza ho imparato che ogni cosa va chiamata con il proprio nome. La sinistra cui appartieni è la stessa che in Calabria è stata (ed è tuttora) culo e camicia con il Partito Democratico, erede della peggiore Democrazia Democristiana, dallo slogan veltroniano “I Care” fino alla “Carta d’intenti” di Bersani. Una vera Sinistra non vive di cadreghe (esempi illuminanti sono, oltre la Calabria, il Piemonte dove gli assessori di Sel sono docili pedine agli ordini di Chiamparino, Milano, Roma, Bologna, Torino (dove gli eletti di Sel non hanno intenzione di mollare Fassino, l’uomo dell’,arcivescovado e delle lobby delle costruzioni).
    A quando un colpo d’ala per recuperare l’identità smarrita?
    Francesco, il primo.

  • Elettra Deiana

    Cara Celeste, fa male vedere una terra che sembra ormai sul punto di essere inghiottita, soprattutto se è una terra dove si hanno ricordi, affetti, legami sentimentali di ogni tipo. Tu lo dici bene ma la produttività di chi viene eletto in parlamento è ormai un mondo a parte, che non c’entra nulla con tutto quello che la tragedia della tua terra evoca. La produttività parlamentare è direttamente proporzionale a quello che la politica fa sul territorio, a come i gruppi politici o pseudo tali intendono la rappresentanza, che non è più tale ma l’invio in Parlaemento di un manipolo di fiduciari – e non solo in Calbria per altro – ai modi in cui la costruiscono e intorno a che cosa, per che cosa, in rapporto a chi e a che cosa. Se sono, come sono per lo più, gruppi di interesse, con annessi e connessi che ben conosciamo, senza legami e controlli, che produttività può esserci in Parlamento? Solo funzionalità a quegli interessi e a chi potrebbe venire in mente di chiedere conto agli eletti della loro produttività? Un abbraccio

  • rocco

    Complimenti, Celeste! Spiace dirlo, ma la rappresentanza istituzionale rappresenta appieno il corpo reale della società calabrese. Difficile,complesso indicare una nuova strada;ma una delle vie più valide da percorrere penso sia quella che ruota attorno alla formazione scolastica,alle nuove generazioni. Partire da lì.
    Un abbraccio.