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Venerdì, 1 aprile 2016

La denuncia di Amnesty International: migliaia di rimpatri forzati da Turchia verso la Siria

A migrant woman presses her hand against a plastic sheet while waiting for a daily food ration at the northern Greek border point of Idomeni, Greece, Saturday, March 19, 2016. German Chancellor Angela Merkel is urging migrants in the squalid tent city at Idomeni, on the Greek-Macedonian border, to trust Greek authorities and leave for better accommodation as thousands have stayed on site after the closure of Macedonia's border, clinging to hopes the Balkan route used for months by migrants heading for central Europe will reopen.(AP Photo/Vadim Ghirda)

Le autorità turche hanno espulso illegalmente migliaia di rifugiati siriani da metà gennaio. È la denuncia di Amnesty International che pone l’accento sui rischi per i migranti quando l’accordo Ue-Turchia entrerà ufficialmente in vigore lunedì prossimo. Secondo l’ong, le autorità espellono un centinaio di profughi siriani al giorno (uomini, donne e bambini) e li riportano nella Siria dilaniata dalla guerra. Ma, ricorda Amnesty, i rimpatri forzati e di massa sono illegali sia in Turchia, sia in Europa sia nel diritto internazionale. «Nel loro disperato tentativo di sigillare i confini, i leader europei hanno deliberatamente ignorato il più semplice dei fatti: che la Turchia non è un paese sicuro per i rifugiati, soprattutto siriani, ed è sempre meno sicuro man mano che passano i giorni», ha dichiarato John Dalhuisen, direttore per l’Europa e l’Asia centrale per Amnesty.

Alla base dell’accordo che Bruxelles ha siglato con Ankara infatti, c’è la dichiarazione di Paese sicuro della Turchia per rendere legali i rimpatri di profughi che cercano di arrivare in Europa in modo illegale. Secondo l’ong, è “altamente probabile” che la Turchia abbia fatto tornare “migliaia di rifugiati in Siria nelle ultime sette/nove settimane”. Accuse che Ankara respinge. “Nessuno dei siriani che ha richiesto la protezione del nostro Paese viene rispedito indietro on la forza, in linea con il diritto internazionale e nazionale”, hanno fatto sapere dal ministero degli Esteri.

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