La ferita alla Costituzione
Il Parlamento è incapace di una riflessione critica sulla ferita che si sta facendo alla Costituzione.
E dunque la battaglia si svolgerà ormai fuori dalle aule parlamentari, in un dibattito pubblico con i cittadini sino al Referendum a fine anno, che ci auguriamo partecipato e consapevole della posta in gioco: il superamento del fondamento parlamentare della Repubblica italiana e la nascita di un presidenzialismo camuffato dalla realtà di una legge elettorale che incoronerà il Premier in un ballottaggio che non prevede nessuna soglia di accesso e che darà al vincitore un premio di maggioranza abnorme e per questo anticostituzionale, come peraltro prevedeva il Porcellum.
Ma anche sul Referendum il Presidente del Consiglio si comporta come un caudillo populista.
Chiede il plebiscito sul suo futuro politico e non sui contenuti reali di questa riforma.
Il Referendum è stato concepito per rafforzare la rigidità della Costituzione impedendo alla sola maggioranza di poterla modificare.
Si privilegia il concorso delle minoranze con il quorum dei 2/3.
Nel nostro caso la Costituzione è stata stravolta da un partito che ha avuto solo il 26% dei voto dei cittadini, a cui si sono aggiunti altri partiti centristi che alle elezioni e anche nei più recenti sondaggi, non arrivano sommati nemmeno al 40% del consenso popolare.
Il Referendum costituzionale è la possibilità, quando la riforma non ha coinvolto le minoranze, per consentire a chi non è d’accordo di provare a farla fallire come ha giustamente detto la costituzionalista Lorenza Carlassare.
Il Presidente del Consiglio inganna nuovamente i cittadini, con la complicità di una stampa di regime, in particolare dei TG della RAI, quando dice che è lui a chiedere il referendum.
No, lui, non avendo avuto i 2/3 dei voti del Parlamento, non può impedire a Noi, alle minoranze, di svolgere un referendum in cui dare la parola definitiva ai cittadini.
Resta l’amarezza di aver contribuito coi voti decisivi di SEL, con il 3,2% da noi conseguiti nelle elezioni politiche del 2013, a determinare il premio di maggioranza che ha consentito al PD di avere i numeri in Parlamento e certamente non tra i cittadini.
Pensavamo di darli allora a Italia Bene Comune, ma se li è rubati un Presidente del Consiglio che ha stravolto la Costituzione, senza provare nessun imbarazzo per la storia e la cultura da cui viene il suo partito.