La transizione greca e la partita aperta in Europa
Il clima di eccezionalità continua a far da sfondo alla vicenda greca. Il Paese è andato al voto sotto la persistenza del capital control, cioè la mancanza di liquidità decisa il 28 giugno dalla Bce, con l’interruzione dei prestiti alle banche greche. Con la firma del memorandum di luglio, le banche hanno potuto riaprire i rubinetti ma la normalità è tutt’altro che ristabilita, ha spiegato Marika Frangakis, l’economista greca vicina a Syriza, intervenuta, in vista del voto, a un seminario organizzato alla Camera dei Deputati da un gruppo di economisti, tra cui alcuni di Sbilanciamoci. Si trattò, in quel primo periodo, ha spiegato Frangakis, di un vero e proprio strangolamento, messo in atto per convincere Tsipras a più miti consigli, mentre era impegnato nel durissimo scontro con l’Eurogruppo e la Troika. E poi, nel breve arco di tempo che è seguito, è stata un’arma di ricatto nei suoi confronti, soprattutto nel clima di incertezza provocato dalla decisione del premier di andare a nuove elezioni.
Osservato speciale in Europa, e con un pezzo di partito che ha scelto di avversarlo in Grecia, Alexis Tsipras, con la mossa del fine legislatura, ha scelto la strada di rafforzare il suo legame personale con quella parte di popolo che più ha apprezzato il coraggio e la determinazione di cui il leader ha dato prova nello scontro in Europa. Una scommessa ardita, da cui è uscito rafforzato. La differenza tra Tsipras e gli altri premier greci, sempre proni, senza battere ciglio, ai diktat europei, ha fatto la differenza, che non è cosa di poco conto, per una parte dei Paese. La determinazione di Tsipras ha infatti restituito senso di sé e della propria dignità ai Greci. Anche questo conta, anche se non può risolvere tutti problemi drammatici in cui la Grecia si dibatte e con cui Tsipras dovrà presto fare i conti.
La scommessa delle elezioni anticipate, il cui esito non appariva affatto scontato, soprattutto per gli osservatori esterni, ha messo dunque in chiaro le qualità di leader popolare di Tsipras. Un capo, cosè oggi appare, che ha dimostrato di conoscere la sua gente e il suo Paese e di essere in sintonia con una parte significativa dell’elettorato. Lo ha guidato, nella reiterazione dell’appello al popolo, l’intuito e l’acquisita consapevolezza di quanto pesi, nelle dinamiche politico-antropologiche della contemporaneità, il rapporto di affidamento dell’elettorato al leader, la carica di fiducia che un leader riesce a conquistare, anche, spesso, al di là dei programmi o quando i programmi della promessa iniziale – quello, per esempio, di Salonicco di un anno fa – siano ridotti a un fantasmatico sottotesto sentimentale.
La fiducia guadagnata questa volta da Tsipras ha a che fare infatti quasi esclusivamente con la sua personalità, con la sua pratica sul campo, in quel corpo a corpo con la Troika, che ha avuto, nell’immaginario popolare, dell’eroico e ha alimentato perciò un sentimento fortemente positivo nei suoi confronti. Forse, “freddo”, in confronto all’entusiasmo cosmico della prima vittoria, se vogliamo stare all’antropologia dei sentimenti, che sono sempre alimento della politica. Sentimento sicuramente più ragionato, venato soprattutto di una consapevolezza forse triste, perché senza l’attesa, ma non rassegnato e soprattutto non indifferente. Rimane sicuramente, nella memoria, la performance della giacca sbattuta sul tavolo dei mercanti dell’euro, rimane l’ostinazione con cui Tsipras ha continuato, dopo la batosta del memorandum, a mettere al centro la questione del debito, e rimane il coraggio di affrontare quello che, nei momenti di difficoltà, è il rischio più temuto dai politici di oggi: la necessità di rimettersi al giudizio del popolo.
Insomma Tsipras appare oggi un leader che si va facendo sul campo e ispira per questo fiducia. Dice il giornalista greco Dimitri Deliolanes, che conosce a fondo il suo Paese e sa tutto della storia di Syriza, che il primo governo Tsipras, quello animato dalla carica di Yanis Varoufakis, non aveva propria idea della potenza del mostro sacro della Troika, di quello a cui si andava incontro nel negoziato che non fu mai tale, come lo stesso Tsipras disse con chiarezza, ma una performance di brutale strangolamento. Pensavano di doversi incontrare col gabinetto di Voltaire, dice Deliolanes, e hanno dovuto invece fare i conti con Schauble. Ma non avevano allora, per questo, l’esperienza, l’abilità tattico-operativa e neanche gli appoggi necessari in sede europea. Vedremo oggi, nel nuovo corso. come Tsipras agirà in Europa, dove metterà con ogni probabilità al centro la questione del debito, e in Grecia, nella ricerca degli spazi quasi inesistenti tra crudeltà del memorandum e priorità sociali.
La vittoria elettorale è stata netta, tale da sfiorare la maggioranza assoluta, che è già assicurata dall’alleanza col partito nazionalista di destra, come nel precedente governo. Netta la vittoria ma netta anche, per le intrinseche contraddizioni di cui sopra, la perdita di partecipazione popolare, perché, dicono i numeri, soltanto il 55% degli aventi diritto si è recato alle urne. Record storico per la Grecia, dicono le cronache. Vittoria dunque incontrovertibile e netta, quella di Tsipras, ma avvenuta nell’assenza di una parte di quello stesso popolo che a gennaio aveva assicurato la prima vittoria, oggi resa possibile, nei numeri in cui è avvenuta, anche per effetto, sui risultati finali, della diserzione popolare, del risvolto di stanchezza e disillusione che lo scarso afflusso alle urne evidenzia. Anche in una parte non piccola di quanti avevano votato per Syriza. Così vanno le cose nelle transizioni.
Nel risultato del voto greco occorre leggere insomma l’ intreccio di potenzialità e contraddizioni, tensioni positive e precarie movimentazioni che hanno caratterizzato fin dall’inizio la messa in atto della sfida di Tsipras al mostro sacro della Troika. E che segnano ormai l’Europa, fanno parte della partita che è aperta nell’Ue e che sono destinate a intensificarsi a vasto raggio nella più complessiva vicenda politico-istituzionale. Basti pensare alla questione dei profughi, che ne fa parte. Che la nuova vittoria di Syriza possa ancora fare la differenza – in Grecia e in Europa – tra lo stare alle logiche di Bruxelles e cercare invece, sia pure tra mille contraddizioni, passi avanti e passi indietro – di costruire un’alternativa ad esse, sta proprio nella natura della partita che si è aperta in Europa, di cui Tsipras e il suo partito fanno parte. Per questo è una vittoria che ci riguarda.
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alberto ferrari