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Giovedì, 13 marzo 2014

L’acrobazia lo porta in alto, la nuova politica resta ancora a terra

astolfo

Niente derby. Rinviato a maggio, così si giocherà nello stesso girone delle elezioni europee. E lì accada quel che accada. Renzi, il più giovane e sfrontato dei mister, è sceso negli spogliatoi e ha dato lezioni. Un po’ a tutti. A Berlusconi, dimostrando che si può tenere in pugno la scena, si può domare l’agguerrita pattuglia di giornalisti senza la tiritera del paese in mano ai comunisti e ai magistrati. A Grillo, dimostrando che si può raccontare l’Italia senza il basso continuo dell’insulto sproloquiato a pieni polmoni. A Letta, dimostrando che governare vuol dire anche e soprattutto comunicare.

Se si confrontano infatti le due conferenze stampa degli ultimi due presidenti del consiglio si comprende al volo la differenza che intercorre tra il canto gregoriano e il rock. Bravo, non c’è che dire se non riconoscerlo: in questo momento il più bravo. E quando uno è bravo, quando è il più bravo, non lo è solo per quel che dice ma anche per quel che non può e non vuole dire, per come sa spostare, rinviare, intortigliare. Dunque, è andata così. E’ sceso negli spogliatoi e ha raccontato, in maniera davvero efficace, le sue intenzioni. Ha fatto una specie di relazione, nella quale non c’erano gli atti, ma tante, tante intenzioni. Al momento è così.

Non c’è un testo che sia un decreto legge o un disegno di legge. C’è una relazione dove il mister dice quel che vuole fare, a partire dal Primo maggio. E il Primo maggio è qui, dietro la porta. Sentir dire al mister che tra poco più di un mese circa dieci milioni di lavoratori dipendenti che percepiscono uno stipendio di massimo 1.500 euro netti avranno in busta paga circa 80 euro in più, è un bel sentire. Da quanto non accadeva? Certo, stanno fuori le partite Iva, stanno fuori i lavoratori autonomi, quelli atipici, stanno soprattutto fuori i pensionati più poveri. E stanno fuori tutti quelli che, i giovani in particolare, non hanno attualmente nessuna busta paga. Ma mettiamoci il segno più nella lavagnetta, cosparsa com’è di tanti punti interrogativi e puntini di sospensione.

C’è stato uno starnuto keynesiano, incassiamolo. Poi tutto è aperto. Il Jobs Act, prima di tutto, e con esso le dinamiche, le politiche, le strategie e le risorse, cioè le ormai proverbiali coperture, con cui creare nuova occupazione, giovanile e femminile in particolare. Sul terreno della politica, l’ammaestramento del domatore negli spogliatoi non ce la fa, non può proprio farcela, a nascondere sotto il tappeto che con efficacia persuasiva sta vendendo, due difetti della merce che espone. Il divario esorbitante tra l’idea di rovesciamento rapido delle condizioni del paese che il mister proclama di voler fare e il cumulo di vincoli di questa Europa tutta finanziaria e poco sociale da cui, tuttavia, in grande misura quel rovesciamento dipende.

La partita vera si giocherà qui, è anzi già in corso e ci vede in difesa sulla nostra trequarti, con Padoan che già continua a buttare palloni in calcio d’angolo per salvare almeno il salvabile. E poi l’impossibilità materiale di poter spostare l’asticella della lotta all’evasione fiscale e di quella alla corruzione, asticella al tempo stesso morale ed economica decisiva per invertire davvero la rotta, oltre il livello del minimo compatibile con il tipo di maggioranza con cui il mister ha fatto il suo ingresso in campo. Stesso discorso per il capitolo, anche da lui così trascurato, dell’abbattimento delle spese militari del nostro bilancio. E’ un combattente, emana energia, tiene la scena. Gioca e si mette in gioco. Ma per adesso non incontra ancora la nuova politica, per l’Italia e per l’Europa. Lì, nel terreno di gioco dove si consuma la politica delle compatibilità date e dell’unica risposta possibile alla crisi, lì è un abile acrobata che scommette a la va o la spacca. Ti lascia col fiato sospeso e in attesa che qualcosa accada, e per ora accade poco, se stai all’aspettativa che crea. Qui, nel campo di una politica che inverte la rotta nella politica economica e sociale, dell’Italia e dell’Europa, come gli ha proposto di fare Maurizio Landini, non avrebbe bisogno di piroettare, costringendoci a guardarlo col naso all’insù. Dovrebbe attraversare la strada su cui sta per prenderne un’altra, quella di sinistra.

 

Commenti

  • http://alessandrocerminara.blogspot.com Alessandro Cerminara

    Quella di Canto Gregoriano e rock è una bella metafora. Il Gregoriano oggi lo capiscono in pochi, ma ti da la musica di qualità vera…

    Viceversa, altri tipi di musica “trascinano”. Anche se spesso sono vuoti

  • mariobici

    Va bene i soldi in tasca ai lavoratori ma Renzi con questa sua proposta a spaccato il mondo dei lavoratori facendo passare per ricchi quelli che prendono qualcosa in più di 1500.Inoltre in una
    famiglia se è monoreddito e prende per esempio 1600 non avrà niente mentre se lavorano in due e prendono 1400 a testa avranno 2000 euro.E’ bene dare soldi ai lavoratori ma se questo crea ingiuste e disparità è ingiusto e alla lunga controproducente