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Lunedì, 28 aprile 2014

L’amnistia Obama e la pena Giovanardi

FOTO REPERTORIO DI CARCERI AFFOLLATI

Voglio l’Europa, un’altra Europa. Ma vorrei anche l’America, l’America di Obama. Almeno in questo: il governo di Washington è pronto a varare un provvedimento di amnistia per i piccoli reati, in particolare quelli legati alle droghe, alleggerendo il carico delle prigioni di circa mezzo milione di persone e tirando fuori dalle galera i più “deboli” (in gran parte poveri, neri, ispanici) che spesso sono rinchiusi lì senza alcuna ragione di ordine pubblico o di pericolosità sociale. Insomma, per dirla con il procuratore degli Stati Uniti Eric Holder, “per nessun vero buon motivo legale”.

Probabilmente non siamo in presenza di un atto a carattere esclusivamente filantropico, visto che tra gli effetti benefici stimati c’è anche un risparmio consistente per le casse della Casa Bianca. Ma di certo si tratta di una rivoluzione culturale di tutto rispetto per un paese che siamo sempre stati abituati a marchiare come reazionario e punitivo. Da qualunque punto di vista si guardi la faccenda, sarebbe un atto di civiltà.

Mentre leggevo questa notizia, per un riflesso condizionato, non ho potuto fare a meno di immaginare un paragone con l’Italia e di pensare: beato quel paese che non ha bisogno di Giovanardi. E di Fini. Sì, di quegli eroi al contrario che hanno firmato una delle leggi più repressive e liberticide del pianeta i cui frutti malati, malgrado la tardiva bocciatura della Consulta, che l’ha battezzata incostituzionale lo scorso febbraio, si fanno ancora sentire: 23mila detenuti scontano pene per reati connessi al consumo, alla produzione e allo spaccio di droghe. Oltre un terzo dell’intero pianeta carcere. Per la maggior parte si tratta di poveri cristi e non di delinquenti, che magari non hanno un euro per pagarsi gli avvocati. Oppure di ragazze e ragazzi incriminati per essersi fatti una canna…

Se ci fosse un senso logico nel funzionamento del nostro ordinamento dovremmo aspettarci che un cittadino recluso a norma di una legge giudicata incostituzionale prenda quegli stracci che ha nella cella e lasci il carcere per sempre. O quantomeno si veda ridotta la pena, in base alle leggi precedentemente vigenti. Invece i rilievi della Corte costituzionale non hanno avuto alcuna ripercussione pratica su chi marcisce dietro le sbarre, né sull’impianto penale complessivo su cui fa perno la vecchia legge. Tant’è che il ministro della Salute Lorenzin si è affrettata a precisare, subito dopo la pronuncia dei togati: «Rinviamo la discussione sul decreto a un approfondimento interministeriale e parlamentare sulla configurazione dei reati e che certamente non si può fare sull’onda dell’emergenza». Un rinvio che sa di presa per i fondelli, e che non scalfisce di una virgola la sottocultura proibizionista che anima i nostri incapaci legislatori.

Ma una nuova politica sulle sostanze stupefacenti è necessaria non solo in ossequio ai principi di libertà e di autodeterminazione. È un modo per uscire dal Medioevo, visto che in forza di quelle incoscienti norme restrittive molti malati non possono tuttora accedere all’uso di farmaci cannabinoidi a fini terapeutici.

In attesa di nuove leggi, intanto, cancelliamo davvero quelle pessime che abbiamo avuto. E proviamo ad avere il coraggio di Obama: tiriamo fuori di prigione chi non merita di stare dentro, perché non ha fatto nulla di male o perché non nuoce a nessuno. Se la parola amnistia fa tanto paura, chiamiamola dignità.

Commenti

  • francesco

    Potevi risparmiarti l’elogio dell’America di Obama (seppure riferito a un provvedimento di amnistia) nel momento in cui fomenta disordini ai confini della Russia, e dopo aver riconosciuto la giunta golpista di Kiev formata dai neo-nazisti di Piazza Maidan. Inoltre ti ricordo che l’amministrazione Obama nulla ha fatto per porre fine alla vergogna del carcere illegale di Guantanamo dove si continua a perpetrare la tortura sui sequestrati.A mio avviso, la tua candidatura nella lista “L’Altra Europa per Tsipras” è inopportuna, vista l’evidente simpatia per lo zio Sam, che vuole fare dell’Europa una succursale a stelle e strisce.