Le trivelle e le bufale sul fabbisogno energetico nazionale
La vittoria del Sì non intaccherà il nostro fabbisogno energetico nazionale, al contrario di ciò che ci racconta il fronte del no. Vediamo perché.
Innanzitutto, non c’è diretta correlazione tra il petrolio che estraiamo e il fabbisogno energetico del Paese. Questo perché a differenza di altri Paesi, lo Stato italiano non è proprietario del petrolio o del gas estratto: le compagnie petrolifere a oggi sono libere di vendere all’estero ciò che estraggono nei nostri mari fino a un massimo del 93%, ciò significa che non necessariamente andrebbero a coprire il nostro fabbisogno energetico ma quello di altri Paesi.
C’è poi il mito delle riserve di petrolio, spacciate come il sol dell’avvenire. Non è così: secondo dati dell’UNMIG (ufficio minerario per gli idrocarburi e le georisorse del MISE) e di Assomineraria, le risorse certe presenti nei nostri fondali garantirebbero, rispetto al consumo nazionale, l’indipendenza per pochi mesi (6) per il gas e poche settimane (7/8) per il petrolio. Tra l’altro, stiamo parlando di numeri molto bassi: l’incidenza sul fabbisogno energetico nazionale degli idrocarburi estratti entro le 12 miglia marine è pari all’0,95% per il petrolio e al 3% per il gas. Tenendo conto che le prime sei concessioni scadranno tra cinque anni, sono numeri che non solo sarebbero tranquillamente coperti da fonti rinnovabili, ma persino da una politica del risparmio energetico che segua i dettami europei.
Altra bufala da smentire: non c’è nessun rapporto tra diminuzione delle estrazioni e importazioni di idrocarburi. Nel 2010 la produzione di gas nazionale è stata pari a 8.406 milioni di metri cubi e le importazioni sono state pari a 75.304 milioni di metri cubi; nel 2013 la produzione di gas nazionale è stata pari a 7.735 milioni di metri cubi e le importazioni sono state pari a 61.966 milioni di metri cubi; nel 2014 la produzione di gas nazionale è stata pari a 7.149 milioni di metri cubi e le importazioni sono state pari a 55.757 milioni di metri cubi (dati del MISE). Dal 2010 al 2014 la produzione nazionale è scesa di 1.257 milioni di metri cubi, mentre l’importazione è diminuita di 19.547 milioni di metri cubi.
Numeri che parlano chiaramente di nessuna correlazione tra le panzane del fronte governativo che impaurisce le persone con slogan patetici (“non prendete la macchina? non bevete da bottiglie di plastica?”) e l’energia di cui abbiamo bisogno. Il referendum non mette in pericolo il nostro fabbisogno energetico nazionale, è solo un favore alle compagnie petrolifere. Non facciamoci prendere in giro.
fonte Huffington Post