Leggi elettorali cucite su misura di un partito o di un leader. Per evitarle c’è solo la Mattarella
Tra le forze politiche presenti in Parlamento, Sinistra Ecologia Libertà vanta una caratteristica unica: è il solo partito, tra i tantissimi che per anni hanno strepitato contro il il porcellum, a non aver brigato per conservare più o meno intatta la legge-porcata.
Avevamo raccolto le firme per un referendum che la abrogasse senza attendere l’intervento della Consulta e per ripristinare la legge Mattarella. Oggi restiamo convinti che, fra i modelli ipotizzati dal segretario del Pd Renzi, la legge Mattarella sia la più efficace. Non lo diciamo sulla base dell’interesse privato. Se c’è un metodo che ha fatto in questo Paese danni immensi è proprio l’abitudine a sostenere leggi elettorali sulla base del (presunto) interesse a breve delle singole forze politiche. Il vero passo avanti, ai fini del ripristino di una dialettica democratica corretta ed efficace, deve essere proprio lo smettere di immaginare leggi elettorali come fossero camicie cucite a misura di specifico partito e spesso di singolo leader. La legge Mattarella non è la miglior legge elettorale possibile e non è, come del resto nessuna, un modello valido in ogni fase e per ogni occasione. E’ la migliore possibile qui e ora, perché garantisce sia la governabilità che il diritto degli elettori a scegliere la propria rappresentanza , perché premia le coalizioni senza frammentare il quadro politico e last but not least perché è una legge semplice e trasparente, che permette a tutti gli elettori di votare sapendo quel che fanno e senza doversi prima iscrivere a un corso di modellistica elettorale.
E’ molto discutibile, invece, l’idea di modificare quella legge trasformando, in tutto o in ampia parte, la quota proporzionale, pari al 25%, in premio di maggioranza. Aggiungere un corposo premio di maggioranza a una legge che è già maggioritaria significherebbe infatti avvicinarsi molto allo sproporzionato premio che costituiva il caposaldo, dichiarato incostituzionale dalla Consulta, del porcellum. Tra gli altri due sistemi elettorali messi in campo da Matteo Renzi, il cosiddetto “sistema spagnolo” è certamente il peggiore. Non ha senso trasportare di peso in Italia una legge elettorale pensata per una realtà tanto diversa quanto quella spagnola, nella quale le componenti localistiche sono molto più determinanti di quanto siano da noi. In Italia, il modello spagnolo servirebbe solo per consentire alle forze politiche più grandi di moltiplicare la loro rappresentanza in misura del tutto sproporzionata ai consensi effettivamente ottenuti.
Renderebbe inoltre facile aggirare la sentenza della Corte costituzionale che vieta espressamente il ricorso a liste bloccate: su microcollegi e con liste molto corte sarebbe un gioco, per i partiti, selezionare di fatto le candidature sulla base delle loro scelte e non di quelle del corpo elettorale. Il sistema spagnolo presenta un ulteriore e gravissimo limite: in un quadro politico segnato dalla presenza non di due ma di tre forze politiche maggiori, renderebbe quasi inevitabile il ricorso a una qualche forma di larga intesa, se non fra tutti e tre quei partiti almeno tra due di loro. Il cosiddetto “modello dei sindaci” non offre il destro ad altrettante critiche. Tuttavia è a dir poco balzana l’idea di riapplicare un modello fondato sull’elezione diretta del sindaco a un sistema che non è presidenzialista e non prevede pertanto alcuna elezione diretta. Oltretutto, fatto salvo l’interesse specifico di alcuni partiti e in particolare del Nuovo centro destra, non si capisce quali vantaggi offra questo modello a fronte della legge Mattarella. E’ per questi motivi, a partire dalla necessità di garantire la governabilità e il rispetto del verdetto elettorale, e non per calcoli eseguiti col bilancino che siamo favorevoli alla legge Mattarella nelle elezioni politiche. Gli stessi motivi che non possono però in alcun modo essere addotti nel caso delle elezioni europee.
Le esigenze di governabilità, in quel caso, non sussistono, e neppure incombe la minaccia di alleanze obbligate ma in contrasto secco con la volontà degli elettori. Nulla dunque giustifica l’adozione di strumenti maggioritari o di soglie di sbarramento, se non una volontà punitiva nei confronti delle forze politiche minori a puro uso di politica interna, come segnalato giustamente anche da Barbara Spinelli. La soglia si sbarramento al 4%, introdotta nel 2009, non risponde ad alcuna esigenza concreta e penalizza senza motivo il principio della rappresentanza. E’ conseguenza di una logica non difforme da quella che aveva ispirato il porcellum ed è infatti stata bocciata senza appello dalla Corte costituzionale tedesca. Quella soglia deve essere cancellata, secondo la proposta di legge da noi avanzata, perché inutile ai fini della governabilità e dannosa dal punto di vista della rappresentanza democratica. E’ un altro mattoncino nel muro che è stato frapposto negli anni scorsi tra i cittadini e il loro diritto a essere rappresentati da chi decidono loro. Sono quel muro e quell’ispirazione di fondo che devono essere cancellati per prima cosa. Se non verrà fatto, servirà a ben poco prodursi i esercizi di ingegneria elettorale.
Commenti
-
Giuliano Leoni
-
Enrico Matacena
-
Franco Carulli