Lettera al presidente del Consiglio: caro Matteo, senza reddito continuerai a perdere
Caro Presidente del Consiglio,
avrei voluto iniziare questa lettera dandole per una volta ragione, dopo le sue dichiarazioni di ieri alla presentazione del libro di Alec Ross. Invece vorrei dirle quanto non ha capito davvero nulla. Così, cercando di conservare un certo aplomb e non risultare “politically incorrect”, comincio così come avrei iniziato.
Ha ragione quando dice che il voto amministrativo di domenica scorsa ha interpretato e dato voce in modi e forme differenti a un’ansia di cambiamento. Un cambiamento vero, profondo e auspicato dalla società. E un segnale ancora più forte quando quel cambiamento è incarnato anche da giovani e donne (e giovani donne in particolare) che provano ad esercitare un elemento di autonomia e credibilità a partire da sé più che dal capo del loro partito di riferimento. Lo fanno incrociando le questioni più scottanti che attraversano la nostra società e su cui il suo governo, come i precedenti, non si misurano: penso al tema delle disuguaglianze crescenti, innanzitutto, così come al nodo delle vecchie e nuove povertà.
Penso sia sotto gli occhi tutti che il segnale di quella richiesta di cambiamento venga più forte, e non a caso, dalle periferie delle nostre metropoli, dove i nuovi poveri non sono solo i disoccupati di lungo corso, ma anche le figure emergenti del precariato contemporaneo: quei disoccupati a giorni alterni (data la diffusione dei voucher dovrebbe ormai essere chiaro di cosa parliamo), le partite Iva e perfino i dipendenti, dal momento che il Jobs Act ha forse trasformato qualche contratto ma non i salari, spesso al di sotto della soglia minima di sopravvivenza. Senza dimenticare che undici milioni di persone che rinunciano a curarsi dovrebbero rappresentare un vero e proprio scandalo. In Italia, nel 2016.
Arrivo subito al dunque: colgo allora con estremo favore e anzi ringrazio Alessandro Di Battista, per averle chiesto di approvare subito il reddito di cittadinanza, presente in tutta Europa e sottratto alla discussione pubblica solo nel nostro Paese.
Con l’associazione TILT lavoriamo da anni a una proposta di legge nazionale sul reddito minimo garantito, su cui abbiamo raccolto oltre 50mila firme e fatto una campagna accompagnata da migliaia di iniziative e sostenuta da centinaia di realtà come la nostra. Crediamo che su quella base si possano trovare convergenze che vanno dal Movimento 5 Stelle a Sinistra Italiana al Partito Democratico.
Coglierei dunque al volo la proposta di Di Battista e ne farei una vera occasione di rilancio della politica (e dell’economia, se la cosa può interessarle): quella che esce dai battibecchi politicisti e coglie il significato profondo di questo voto.
Questo le avrei scritto, caro Presidente. Poi ho letto che per lei il reddito di cittadinanza è sbagliato, e ho capito che non ha proprio capito nulla. Lei dice che vuole dare agli italiani l’opportunità di voltare pagina? Quale strumento migliore, se non il reddito minimo, per dare a tutte e tutti questa opportunità? Chieda ai suoi colleghi del Nord Europa, se le persone si accontentano di avere un sostegno mensile o lo usano invece per liberarsi dai ricatti e per costruirsi un futuro più dignitoso, fatto anche di investimento su se stessi, sulle proprie capacità e voglia di mettersi in gioco. Mi dispiace, perché davvero credo che da un premier della sua età non mi sarei aspettata questa superficialità, per usare un eufemismo.
Non va tutto bene, caro Matteo. Stiamo sprecando una grossa occasione. Pensaci, studia, informati, discutine con chi lo fa da anni e non per propaganda elettorale, ma proprio per ansia di futuro, per sé e per quelli che non ce la fanno.
Ci pensi in fretta, perché la vita, quella di milioni di italiani e italiane, non può più aspettare.
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francesco
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