Lettera in risposta ad Enrico Rossi: Sinistra Italiana non è una scissione. Ed è stato il Pd a bloccare il reddito di cittadinanza
Presidente Rossi,
ho letto con attenzione il suo intervento su “Huffington Post”, rispetto all’urgenza di misure per contrastare la povertà dilagante e per diminuire le disuguaglianze. Devo dire che sono in sintonia con molte delle sue valutazioni, sia sul merito dello smarrimento delle radici della sinistra, che in Italia e in Europa si è consegnata alla visione neoliberista, sia sul merito dell’urgenza del problema povertà, che meriterebbe una risposta adeguata, come il reddito di cittadinanza che lei stesso, in qualche modo, propone.
E però, nella sua analisi manca completamente la lettura critica di quello che nel giro di pochi anni è accaduto al Pd, il suo partito, e di ciò che il Pd ormai al governo da oltre due anni sta realizzando concretamente.
Cos’è il Jobs Act se non una riforma che obbedisce al quel credo liberista che lei giustamente critica, secondo cui i diritti sono “lacci, catene per lo sviluppo”? Quale natura ha un provvedimento come lo Sblocca Italia, che non considera le pesanti condizioni in cui versa l’Italia e regala rilevanti pezzi di economia e di territorio italiano alle lobby e ai potentati finanziari? Che idee ci sono alla base della Buona Scuola?
Oltre alle leggi, poi, come ben sa, chi governa un Paese ha la possibilità di influenzare il dibattito pubblico e di indirizzare le visioni dei cittadini: certamente non le sarà sfuggita la guerriglia verbale di autorevoli esponenti del governo e del suo partito nei confronti del “sindacato parassitario”, o dei lavoratori che con gli scioperi selvaggi bloccano il paese. A tal proposito, il decreto prodotto all’indomani dello sciopero del Colosseo è per davvero il culmine della narrazione anti-lavorista e anti-sindacale di un governo che mal sopporta i diritti e le battaglie per i diritti. Infine, c’è l’ultimo rilevante prodotto politico del governo: la Legge di Stabilità. Anche questa ha un segno politico chiaro, netto e limpido: la strada che Renzi e i suoi intendono intraprendere è proprio quella del “più potere ai ricchi”, delle disuguaglianze come fenomeno naturale e strutturale di una economica che funziona (vero e proprio mantra neoliberista).
Tutto questo è accaduto e continua ad accadere nel PD. E non mi pare si vedano all’orizzonte importanti cambi di rotta, né nel partito, né nel governo. Pertanto, stento davvero a comprendere il suo appello all’unità della sinistra, posto che bisognerebbe a questo punto intendersi sul concetto di sinistra, di questi tempi, nel nostro Paese. Stento davvero a comprendere come possa guardare al neonato gruppo parlamentare “Sinistra Italiana” e ritenerlo responsabile di non si capisce bene quale scissione. È l’esatto contrario: è il Pd ad aver progressivamente divorziato da una prospettiva di Sinistra, per cui si rende necessario e urgente contrapporre una visione differente. Perché, come dice lei, povertà e disuguaglianza sono pericoli mortali per il nostro Paese. Provi a spiegarlo al segretario del suo partito che ha bocciato persino la calendarizzazione della discussione in Parlamento della proposta di reddito di cittadinanza; provi a spiegare a Renzi cosa vuol dire oggi povertà e quale e quanta sia la necessità di quel reddito di cittadinanza su cui chiede un lavoro comune.
Noi ci abbiamo già provato, in Aula e nel paese, e abbiamo ricevuto decisi no. Proprio Renzi, per altro, ha definito la misura del reddito incostituzionale. È la povertà ad essere incostituzionale. Per tutte queste ragioni ci proviamo. Perché i “no” ricevuti sono porte sbattute in faccia ai più deboli e a quei poveri che nonostante la propaganda di Palazzo Chigi continuano a crescere.
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mariosi