Lotta alla violenza di genere, partiamo dall’educazione nelle scuole. #1oradamore
Giovani leader europei, in camicia bianca e tutti rigorosamente uomini. Ecco l’immagine della nuova classe dirigente europea. Li ha messi insieme il nostro Presidente del Consiglio Matteo Renzi e si sarà certamente sentito a disagio. Lui, l’amico delle donne. Lui che le tiene al sicuro sotto la sua ala protettrice. Quello che ha fatto la battaglia per far nominare Lady Pesc la ministra Federica Mogherini, ma che nell’occasione la relega a mera presentatrice di un meeting per soli uomini. Quello che ha imposto al suo partito capilista donne per le europee ma che non vuole sancire nella sua riforma della legge elettorale la parità di genere. Lo stesso che si indigna davanti alla violenza sulle donne ma si tiene per sé (senza esercitarla) la delega alle pari opportunità, lasciando in sospeso per tanto tempo i fondi destinati ai centri antiviolenza; strutture che sono andate avanti in questi anni grazie a fondi minimi, e grazie a troppo precariato e volontariato. Per la prevenzione il Governo è riuscito a svolgere una mappatura per niente trasparente, non rispettando né criteri qualitativi né le linee guida della Convenzione di Istanbul, in vigore dal 1° agosto. Il risultato è che verranno finanziati spazi inventati per l’occasione; mentre ai centri che svolgono da anni questa attività andranno solo 3.000 euro all’anno.
Eppure c’è stato un momento non così lontano – appena un anno fa – in cui per la politica questo fenomeno, che il movimento delle donne ha definito “femminicidio”, andava molto di moda; a tal punto da dedicarci fintamente un decreto d’urgenza. Un pacchetto sicurezza che poco aveva a che fare sempre con la famosa Convenzione di Istanbul, votata all’unanimità, che piuttosto incentrava l’azione di contrasto attraverso la prevenzione. In primis nominando nell’art.14 l’introduzione dell’educazione all’affettività nelle scuole.
Allora visti gli annunci estivi sulle linee generali sulla scuola – mentre donne venivano decapitate e investite dai loro amanti e mariti – approfittiamo ancora una volta per indicare o ricordare a Matteo Renzi la proposta di legge, a mia prima firma, sull’introduzione dell’educazione sentimentale nelle scuole. L’Italia è l’unico Paese in Europa (oltre alla Grecia) a non avere un’ora del programma settimanale dedicato all’affettività o all’educazione sessuale. La ministra Giannini aveva assicurato, durante una audizione lo scorso aprile, che avrebbe inserito l’educazione all’alterità nei programmi scolastici. Parole a cui non sono seguiti fatti.
“#1oradamore”, come abbiamo provocatoriamente chiamato la campagna di sensibilizzazione, significa formazione per gli insegnanti, perché sappiano affrontare il rapporto con i ragazzi rispettando le differenze, non solo quelle tra maschi e femmine, ma anche culturali e religiose.
Proprio qualche giorno fa Presa Diretta ha dedicato un lungo speciale dedicato alla prostituzione minorile, partendo dall’episodio di cronaca avvenuto nella Capitale. Due ragazzine – 14 e 15 anni – che ricevevano in un appartamento dei Parioli centinaia di uomini adulti. Una storia che somiglia a tantissime altre che continuano ad avvenire anche sotto ai nostri occhi. Sono state definite “baby squillo”, “ragazze doccia” o “lolite”; ma è un fenomeno decisamente più complesso delle definizioni della cronaca giornalistica: riguardano l’utilizzo del corpo come moneta sociale, la mercificazione del sesso, l’immagine delle donne sui media.
Nessuno pensa con l’introduzione dell’educazione sentimentale di strappare alle famiglie l’educazione dei figli, ma un Paese maturo non può commettere l’errore di pensare che tutti gli adolescenti vivano le stesse situazioni familiari: l’esperienza ci racconta come la violenza spesso si annidi proprio tra le mura domestiche.
La scuola è lo spazio in cui i ragazzi trascorrono la maggior parte del loro tempo; lì dentro dobbiamo offrire strumenti di lettura dei processi storici, culturali e sociali, per creare una futura cittadinanza consapevole, solidale e aperta alle differenze. Diversi insegnanti attenti e sensibili – da Nord a Sud Italia – dedicano già parte delle loro lezioni a questi temi. Una ulteriore conferma di come il Paese sia più avanti della politica.
Fonte il Garantista