M5S tra mito e democrazia
L’espulsione di quattro parlamentari penta stellati e il clima incandescente che ne è seguito tra quanti, al Senato e alla Camera, sono stati eletti nelle liste del M5S, ha scatenato il solito putiferio mediatico, alimentando congetture, previsioni, calcoli più o meno strumentali in relazione al destino della legislatura e , soprattutto, alla forza attrattiva del nuovo governo a guida Renzi. Il nuovo premier riuscirà ad assorbire l’acqua in cui il demagogo genovese, stando anche agli ultimi sondaggi, continua agevolmente a nuotare, senza che fino ad oggi nessuno sia riuscito a contrastarlo? Questo è l’odierno mantra, anch’esso in tutto e per tutto funzionale ad alimentare il clima da ultima spiaggia che circonda la nascita del governo di Matteo Renzi, considerato anche lui nella luce carismatica del salvatore. Fenomenologie politiche diverse, vocazioni personali diverse, ovviamente, quelle che hanno portato alla ribalta Renzi e Grillo, che hanno tuttavia in comune l’urgenza in chiave ossessivamente personalistica di stare da protagonisti “unici” sulla scena e rispondere “in quanto loro” alla crisi del sistema che attanaglia il Paese.
Nella molteplicità dei commenti che sono seguiti all’espulsione, due in particolare sono i focus argomentativi dei commentatori, sia che si tratti di giornalisti sia che a parlare siano esponenti politici. Da un lato si mette in evidenza la natura di partito padronale del M5S, nato sulla scia dell’esperienza durata un ventennio del berlusconismo; dall’altro si sottolinea il carattere sterile e infruttuoso dell’azione parlamentare dei penta stellati, destinata, secondo questi commenti, a creare disillusione e frustrazione tra gli elettori che li hanno mandati là “a fare cose utili” e fino ad oggi invece non hanno raccolto frutto alcuno del loro voto. Il che, intanto, non è vero come le cronache dal Parlamento documentano, e soprattutto rivela il diffondersi di un senso comune pieno di deficit sul tema della rappresentanza, un’idea sempre più asfittica della democrazia rappresentativa. L’opposizione parlamentare ne fa ancora intrinsecamente parte, ne è ancora parte costitutiva e costituente?
Curzio Maltese, su La Repubblica, a proposito di Grillo e seguaci, se la prende con quanti in Italia continuano a credere alla “colossale panzana”, così la definisce, che un uomo solo al comando possa garantire più efficacia, decisionismo e magari trasparenza, mentre è fin troppo evidente, argomenta lo stesso Maltese, che i nuovi partiti padronali si rivelano presto o tardi per quello che sono, cioè del tutto inadeguati a risolvere i problemi del Paese.
Tutto vero, ovviamente, per lo meno sul medio/lungo periodo, ma non è questo il problema. Le considerazioni di questo tipo e altre analoghe non colgono, non sanno o più probabilmente non vogliono cogliere la questione di fondo, cioè l’insieme delle cause che spiegano l’esistenza e il successo e elettorale del M5S. Cause che risiedono, non basterà mai ripeterlo, nella crisi del sistema dei partiti, sempre più esplosiva in Italia, nel distacco sempre più marcato tra rappresentanza ed elettorato, nel discredito a macchia d’olio della politica e nel rancore popolare sempre più incontenibile verso élites, caste, gruppi di potere. Con in più una crisi economica-sociale che non dà scampo. Sono queste le questioni di fronte a cui tutte le argomentazioni del tradizionale buon senso politico-istituzionale risultano, esse sì, banali e perfino patetiche.
La domanda da cui partire è: che cosa sta succedendo, succede davvero qualcosa nel mondo della politica – quella nelle mani di chi da sempre l’esercita o la trasmette in eredità – che abbia la forza di rompere la iattanza demagogica con cui Grillo e Casaleggio e i “quadri” penta stellati che cominciano ad emergere – futura classe dirigente in proprio? – scagliano i loro strali? E’ ovviamente possibile che Renzi, demagogo anche lui come pochi, imbocchi il verso giusto e metta a segno alcuni punti a proprio vantaggio rispetto a Grillo, facendo dimenticare a quell’elettorato, la politique politicienne di cui con non poca iattanza anche lui si è servito per arrivare dove è arrivato. Ed è altrettanto possibile che la claustrofobica militarizzazione imposta ai gruppi parlamentari da Grillo e Casaleggio desti alla lunga molti spiriti liberi, che, ben oltre gli eletti, sicuramente ci sono, e numerosi, in quella enorme quota di elettori e elettrici che si sono affidati a Grillo; ed è egualmente possibile che la condizione di parlamentari e la conseguente parlamentarizzazione dei rapporti con gli esponenti delle altre forze politiche, alimenti un interesse politico più complesso e articolato dell’agire dei grillini nelle aule e commissioni parlamentari. Ma tutto questo non risponde affatto, né con tutta evidenza può rispondere alla necessità di affrontare i guasti dell’anima e del cuore sempre più numerosi, nel sempre più frammentato corpo sociale, le fratture sentimentali che si sono prodotte nel senso della democrazia, sempre più ridotta, nella percezione sociale che se ne ha, da una parte, alla libertà individuale di fare quello che si vuole, dall’altra al preservare, da parte di corpi/corporazioni/caste i meccanismi di tutela dei propri privilegi.
Il modo con cui viene presentato nel dibattito pubblico di questi tempi il problema dell’opposizione parlamentare dei penta stellati, segnala in emblematico, tutti gli slittamenti negativi che si sono prodotti sul terreno della democrazia rappresentativa. L’azione parlamentare deve essere soprattutto “decidente”, veloce nel funzionamento, costruttiva e dialogante; altrimenti a che serve? E tutti e dare lezioni ai grillini in questo senso. E’ utile se concorre a trovare le soluzioni per la governabilità del Paese, o, quando sia necessario, applicare al Paese le decisioni prese altrove. Altrimenti, ragazzi miei, non serve a nulla, perché tutto deve rientrare in compatibilità politico-istituzionali predeterminate e sottostare e dispositivi legittimanti in tal senso l’azione di quelli che stanno là.
La forza morale, oltre che sociale e politica, della democrazia rappresentativa è stata storicamente quella di mettere alla fine sotto scacco e sconfiggere la coinvolgente forza del mito escatologico che ha accompagnato, per quel che ci riguarda, tornanti importanti della storia dell’Europa Occidentale. Ciò aveva alimentato l’illusione, nelle note vicende all’insegna del totalitarismo, che al di fuori dell’ordine costituito sopravvenga la salvezza degli umani e dei loro bisogni. In forma appunto totalizzante. La forza morale della democrazia si è fondata invece anche sull’intrinseca legittimità dell’opposizione: da quella più conciliante a quella più rude. Il congresso americano nello scontro con Obama di un anno fa sul bilancio fino a rischio del default totale della Federazione.
Se invece l’opposizione è vissuta come un fastidioso “di più”, soprattutto se sguscia fuori da tutte le parti e reclama fastidiosamente spazio, come non può non essere in un Paese attraversato da aspri conflitti come il nostro, significa che la democrazia è proprio segnata da qualcosa che non funziona più.
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