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Lunedì, 23 giugno 2014

Ma non chiamatela scissione

“Sono state giornate furibonde, senza calma di vento”.
In queste difficilissime giornate, abbiamo vissuto sentimenti di sconforto, delusione e smarrimento. Oggi è più che mai necessario che insieme troviamo le risposte giuste.

Vorrei partire da una prima e fondamentale considerazione.

Nonostante gli articoli di cronaca politica (potremmo dire ironicamente che finalmente abbiamo avuto spazio sui mass media) abbiano descritto la vicenda che ci riguarda come una scissione, sappiamo che non è così.

Perchè l’abbandono di aluni parlamentari è stata una scelta individuale, non discussa nel nostro movimento politico, senza il confronto dovuto ad un passaggio così importante. Noi tutti, nelle federazioni, nei circoli, sul territorio, siamo stati travolti da decisioni prese altrove. E per questo, il corpo della nostra comunità è rimasto basito, incredulo e poco o per nulla propenso a seguire un’avventura senza prospettive e non condivisa. E, credetemi, non faccio questa affermazione per sminuire la portata di una perdita grande e dolorosa.

L’altra grande assente della vicenda a me sembra la politica. E sinceramente trovo vago e pretestuoso l’argomento della “deriva minoritaria” o dell’abbandono dell’orizzonte del centrosinistra da parte di SEL. Vorrei ricordare, a chi non se ne fosse accorto, che non solo è un obiettivo ribadito anche nella recente Assemblea nazionale, ma contestualmente alle elezioni europee, abbiamo svolto quelle amministrative dove il nostro partito è stato impegnato quasi ovunque (salvo le “normali eccezioni” che il voto comunale da sempre prevede) a far vincere le alleanze di centrosinistra in tutta Italia. In Lombardia, oggi siamo impegnati insieme al PD a valorizzare il grande patrimonio di voto amministrativo (10 sindaci di città capoluogo su 12) per costruire un progetto politico per le future elezioni regionali.

Allora, nel passaggio più difficile della nostra breve storia, credo che occorra ripartire dal “noi”, dal progetto, dalla politica. Per questo non condivo un certo furore di richieste di dimissioni, di inviduare responsabilità individuali. Se SEL ha un problema di gruppo dirigente, questo è presente a tutti i livelli, dal basso verso l’alto. Per questo non è utile discutere di nomi, ma al contrario mettere in campo e dare gambe a ciò che abbiamo recentemente deciso.

Guardare a quel campo largo che abbiamo individuato, dai tanti che hanno votato PD ai molti che hanno condiviso con noi l’esperienza della lista Tsipras; costruire per ottobre una conferenza programmatica e organizzativa aperta e partecipata. Aperta perchè ci consenta di mettere in campo reti, relazioni e interlocuzioni. Partecipata perché non può che riguardare tutti noi, valorizzando le esperienze migliori che abbiamo costruito in alcuni luoghi e favorendo quell’innovazione organizzativa e di cultura politica che troppo abbiamo trascurato.

Solo così, ripartendo dal “noi” e dal nostro progetto ritroveremo l’utilità di SEL e capiremo cosa ci serve per essere all’altezza del nostro compito.

Chiara Cremonesi, coordinatrice SEL Lombardia

Commenti

  • francesco

    Sel è malata,affetta da una malattia inguaribile: il Nichi-lismo.
    Fava, Migliore e gli altri transfughi ne sono vittime colpevoli, e dopo i comandanti seguiranno le salmerie della galassia istituzionale periferica che è più cariata di quella apicale.
    In mezzo a questa landa oscura che ammorba Sel, è consigliabile non fare uso di luoghi comuni come “campo largo”, “terra di mezzo”, “centrosinistra” (quale? dove?) . Sono categorie visionarie partorite dalla mente del narratore pugliese avvezzo al traccheggio istituzionale e distante anni luce dalle contraddizioni della società reale.
    E’ in atto una dura lotta di classe dall’alto verso il basso che i padroni del vapore stanno vincendo.
    Bisogna prepararsi a rispondere con gli strumenti e le analisi adeguati.E’ ora di mettere da parte tutto il vocabolario di aggettivi che il popolo di Sel , a partire dai capi, associa alla parola “Sinistra”, per chiamarla nell’unico modo che conta: “Sinistra Comunista”. Tutto il resto è Troika.

  • andrea bonessa

    Gentile Chiara, sai che non ho capito niente di quello che hai detto, o meglio non ci ho trovato niente che mi facesse capire cosa è successo dentro Sel, perché alcuni sono usciti perché altri sono rimasti, dove volete andare, cosa volete fare? Insomma, un po’ di chiarezza no?

  • http://detestor.blog.com/ Detestor

    Francesco, esiste già un partito (anzi, penso più di uno) che corrispondono alla tua visione (sinistra comunista, per l’appunto). Sel è frutto di un percorso di allontanamento dall’ideologia, non avrebbe senso tornare sui propri passi per avere l’ennesimo partito comunista. La proposta di Sel è originale e diversa, nonché unica nel panorama italiano. Secondo me, chiedi l’impossibile, e sarebbe forse meglio per te militare in un’altra formazione, più rispondente alle tue idee, che evidentemente non sono compatibili con le idee fondanti di Sel.

  • francesco

    L’ennesimo no, ma un unico Partito Comunista che si ponga l’obiettivo strategico di superare il Modo di Produzione Capitalistico. O dobbiamo convenire che il Capitalismo è compatibile con i bisogni dell’uomo nonostante le sue “storture”?
    Tuttavia dalle tue osservazioni si può evincere che Sel poteva far a meno di nascere , visto che in Italia esisteva già (ed esiste ) un Partito di ispirazione socialdemocratica.
    Inoltre, a scanso di equivoci, rendo noto di non essere un iscritto di Sel.
    saluti.

  • Enrico Matacena

    Concordo pienamente con la compagna Chiara Cremonesi , e aggiungo una cosa: che trovo quella di Migliore e altri una vera e propria fuga, senza confronto pubblico sulle posizioni politiche, altro che “scissione”. Senza volerli criminalizzare, però questo insospoettisce sulla loro logica.
    Io sopno sicuro che da questa faccenda SEL uscirà rafforzata e con una linea più chiara e senza le ambiguità e incertezze che talvolta purtroppo l’ hanno caratterizzata Poi invito i compagni che partecipano a questo dibattito a non accettare le provocazione dei soliti troll , i cui insulsi messaggiinfestano queste pagine .

  • simonetta

    si era capito

  • http://detestor.blog.com/ Detestor

    Neanch’io sono iscritto, ma simpatizzo.
    Capisco ora il senso dei tuoi commenti, ma comunque la linea di Sel non è quella e penso non lo sarà mai.

    Per il resto, io un altro partito socialdemocratico in Italia non lo vedo, il PD è un partito di centro senza più alcuna connotazione di sinistra, penso che lo sappia anche tu, paragonare Sel al PD mi sembra un po’ una provocazione fine a sè stessa (a meno che non abbia ancora travisato il senso delle tue parole).

  • L’amara verità

    La crisi di SEL è profonda, non è una finzione, né un gioco delle parti.
    Ma qual è la divergenza reale tra Migliore e Vendola? Non la prospettiva di governo a braccetto col PD di Renzi. Ma il modo migliore di arrivarci con un proprio ruolo negoziale e una propria riconoscibilità.
    Lo spiegano Vendola e Migliore nelle interviste simmetriche rilasciate rispettivamente a Repubblica e al Manifesto il 21 giugno.
    “Qual è la differenza tra lei e Migliore?” chiede l’intervistatrice di Repubblica a Vendola. Risposta: “Io voglio essere una sinistra di governo e lui vuole essere una sinistra al governo. SEL continuerà… a stimolare il governo sulla questione sociale e l’uscita dalla crisi. Renzi rompa l’alleanza con la destra e in questo Parlamento ci possono essere le forze disponibili a ricomporre un’alleanza di centrosinistra…”
    “Dove va la SEL che lei lascia?” chiede l’intervistatrice del Manifesto a Migliore. Risposta: “Spero di trovarla presto in un nuovo centrosinistra… I miei compagni di SEL dicono che finché non si modifica la base parlamentare del governo non si può far nulla, come fossimo alla finestra. Invece dobbiamo agire per determinare questa modifica… Comunque la definizione governo Renzi-Alfano mi fa ridere. Questo è il governo Renzi”.

    Chiaro? La stazione d’arrivo è la stessa: il blocco di governo col PD di Renzi. Il treno per arrivarci è diverso. Migliore pensa a un Freccia Rossa senza fermate, ritenendo che non vi saranno altri treni disponibili: se questo significa sgomitare per riuscire a sedere, ben venga. Vendola pensa che salire sul Freccia Rossa nelle condizioni di oggi significa finire fra i posti in piedi, essendo quel treno già affollato come non mai. Meglio aspettare che si liberi un posto e un’assegnazione numerata di biglietto. Per questo è utile che il passeggero SEL sopravviva e si metta in attesa, naturalmente segnalando al guidatore l’aspirazione a una sistemazione dignitosa.

    Fuor di metafora, questa è oggi la divisione di SEL. La sua crisi è l’epilogo di una storia e il fallimento di una politica.
    SEL fece blocco nel 2013 col PD di Bersani, per entrare con ministeri e sottosegretari nel suo “annunciato” governo. Di più: con la proposta pubblica di “un partito unico della sinistra” attraverso un’unificazione fra SEL e PD, Vendola rivelava l’ambizione ad una propria scalata del PD, allora allo sbando: pronto a varcare, al di là delle parole, lo stesso confine della sinistra per candidarsi a guidare un indistinto “polo democratico”.
    La sconfitta elettorale del centrosinistra di Bersani e i successivi governi di unità nazionale hanno frustrato l’ambizione di SEL, emarginandola all’”opposizione” e mettendola in lista d’attesa. L’ascesa folgorante di Renzi, e il suo successo elettorale, hanno completato l’opera. SEL è finita con le spalle al muro. Il PD della Nazione conquistato da Renzi non è certo scalabile da Vendola. Mentre la ricomposizione negoziale dell’alleanza di centrosinistra con un PD al 40% non è né scontata né facile. Ecco allora l’enigma. Usare l’”utilità marginale” dei numeri di SEL al Senato per offrirli in dote a Renzi? Ma non sarebbero sufficienti a rimpiazzare NCD, che in ogni caso non ha voglia di sloggiare. Rimanere sull’uscio, con una “opposizione” di sua maestà, in attesa di una chiamata di Renzi? Ma nessuno assicura che la chiamata ci sarà, il 2018 è terribilmente lontano, e oltretutto la porta di Renzi potrebbe anche allora risultare sbarrata. Ammesso che SEL possa reggere la traversata.
    Il bivio drammatico tra Migliore e Vendola ha qui la sua radice. Nella crisi verticale della ragione stessa di SEL. Una “sinistra del centrosinistra” orfana dello spazio sognato. Vittima di un ascesa renzista che abbatte la sua rendita negoziale. Tra un Vendola in caduta libera tra i fumi dell’Ilva, e giovani parlamentari scalpitanti alla ricerca di un proprio futuro. Tra un Migliore – già ospite della Leopolda – che naviga direttamente verso il PD di Renzi (prenotando in cambio la candidatura a sindaco di Napoli col sostegno del PD e del centrosinistra) e un Vendola che cerca di salvare SEL dall’abbraccio immediato di Renzi nella speranza di potergliela vendere domani a miglior prezzo, dentro una alleanza negoziata di governo (se possibile anche all’interno di questa legislatura, come Vendola stesso ha chiarito). Magari usando allo scopo la stessa scialuppa di Tsipras.

  • francesco

    Hai male i nterpretato. Io ritengo il PD un asse portante degli interessi delle multinazionali , votato all’economia di mercato e al primato delle Imprese sui diritti dei lavoratori (vicenda Fiat-Marchionne-Fiom docet). Altro che Partito di centro!
    Ma visto che non ha alcuna connotazione di sinistra , mi chiedo quando sarà ufficialmente chiusa (contrariamente a quel che scrive Cremonesi) qualsiasi interlocuzione con quel Partito.
    Il riferimento del post precedente alla socialdemocrazia in verità riguardava il sempiterrno Partito Socialista. Nonostante le mie criticità non mi sfugge la differenza che c’è tra Sel e il PD. Non intendo assimilarli nello stesso calderone. Fino a prova contraria.

  • Dario

    Non ha senso oggi parlare di trasformazione del capitalismo: qualora diventassimo tutti uguali (ma non ci arriveremmo, perché dopo la dittatura del proletariato che diverrebbe come è sempre accaduto una dittatura del partito), ossia il comunismo secondo Marx (quello senza stato), saresti il primo a lamentarti della perdita dei tuoi beni. Inoltre, ci ha provato un grande uomo come Fidel Castro (anzi il suo era “solo” socialismo reale): ha fallito perché isolato. Il social-comunismo funzionerebbe solo se tutti adottassero un sistema del genere: la presenza di anche solo uno stato grande capitalista inficerebbe tutto.

    Io credo che i simboli non servano più. Per me è assolutamente indifferente. Ciò su cui bisogna insistere è il socialismo democratico, ossia trasformare le attuali liberaldemocrazie (queste sono tecnicamente) in socialdemocrazie: tutti devono poter ben più che sopravvivere, devono poter vivere dignitosamente, e la grande ricchezza non deve esistere, va redistribuita attraverso pesanti patrimoniali. Io auspico una formazione di sinistra come in Francia, Germania o Spagna: il sogno sarebbe Syriza, che è molto più di sinistra e soprattutto efficace di Sel e di Rifondazione, senza alcun cenno a falce e martello.

    Siamo in una nuova epoca. Io nutro un rispetto profondissimo per quei simboli: ma ora bisogna contrapporre ad essi la nuova democrazia e la modernità, mantenendo inalterati tutti i valori morali.

  • Dario

    Non dico che questo intervento sia inutile perché ho rispetto per tutti, ma non fa che ripetere quello detto da altri negli scorsi giorni e sintetizzato da Vendola: non è brillante ecco, solo informativo.

  • francesco

    Ben detto. Rare volte mi sono trovato daccordo con te come adesso.

  • Dario

    Mi dispiace rispondere così brevemente e banalmente ad un intervento ragionato, ma secondo me le cose sono molto più semplici di quanto ipotizzi. Migliore e altri sono saliti sul carro del vincitore, punto, come hanno fatto quasi tutti (è così vecchia come tattica). Vendola, il resto del gruppo dirigente e noi elettori restiamo coerenti: non escludiamo a prescindere il dialogo col PD (la minoranza è da tenere in considerazione); ma finché il PD è questo, quello del Renzi di destra che fa le riforme con Berlusconi pur di non farle con M5S e Sel (poteva esserci un l’accordo sul testo Chiti, ricordiamolo…), non ne se ne parla proprio. Noi siamo una normale sinistra.

  • http://detestor.blog.com/ Detestor

    Capito. Il partito socialista è bruciato, alla gente viene subito in mente Craxi, purtroppo ormai è un nome da cancellare. Per il resto, che dirti? Io vedo le cose in maniera un attimo più pragmatica: ll PD è il primo partito d’Italia, se si vuole governare si passa necessariamente da un’alleanza, per quanto la cosa possa dispiacerci. Io voto Sel perché sia sinistra di governo, non perché stia a lamentarsi con i comunisti (sempre però mantenendo la propria identità, sparire nel PD sarebbe un grave errore).

  • Filippo Boatti

    La battaglia che prospetta Migliore si poteva fare tranquillamente nel partito, fra chi dice che il nostro obiettivo è il centrosinistra ma va costruito perché oggi non c’è (Vendola) e chi dice che bisogna spingere Renzi a cambiare maggioranza subito (Migliore), c’è un normale polo dialettico che può stare nello stesso partito. Capisco che in qualche modo si saranno deteriorati dei rapporti personali, ma questa discussione che è importante va condivisa con il corpo del partito e non solo nel gruppo parlamentare.

  • francesco

    Il “socialismo democratico” in Europa (per intenderci quello di Blair,Schroder,Zapatero, Hollande, Bersani ecc.) ha aperto la strada alla precarizzazione del lavoro, al primato dell’economia sui bisogni degli uomini, alle guerre di aggressione per annettere mercati e trafugare risorse : Iraq, Yugoslavia, Afghanistan, Libia, Ucraina fallendo (almeno per il momento) in Iran e Siria.
    Insomma la Socialdemocrazia si è rivelata una variante del “tallone di ferro” ammantata di una finta patina di sinistra ed è stupefacente tesserne l’elogio dopo le critiche ai deputati che hanno fatto il salto della quaglia.
    Se questa è la strategia futura nonostante l’evidente fallimento, Sel andrà incontro alla completa disfatta e alla totale assimilazione alle “larghe intese”.

  • Tonino Fornaro

    Buon ragionamento, ma che fare? Bisogna tracciare una linea per uscire da questo colossale equivoco: “siamo un partito di governo” ripetuto fino alla noia mortale, però portatore, di un equivoco, appunto. Essere un partito di governo e di sinistra in questo contesto politico: fine del berlusconismo e inizio del renzismo, con poche differenze sostanziali, non può per forza significare avere come obbiettivo entrare in un governo di cui non si possono condividere i fondamentali politici, economici , istituzionali e morali. Il PCI è stato per 45 anni all’opposizione

    con programmi e progetti alternativi alla DC e al centro-sinistra, eppure ottenne grandi risultati a favore dei lavoratori e per il rinnovamento del Paese. SEL deve rompere questo schema politico che ci ha condannato alla marginalità. Basta con l’equivoco. Dobbiamo essere autonomi rispetto al PD, si collabora solo se ci sono le condizioni che marcano connotati di sinistra. In quanti comuni e regioni siamo in alleanza con il PD pur senza una qualsiasi traccia di diversità rispetto al centrismo renziano. Potrei citare una fila di casi. Sarebbe utile una imediata discussione generale, di tipo congressuale per ripartire su basi nuove.

  • Adriano

    Bella analisi, fine ed elegante, ma un po’ troppo in
    equilibrio. La politologia va bene sulle pagine dei quotidiani, qui mi
    piacerebbe si concludesse con un giudizio, ché l’equidistanza non aiuta. E
    soprattutto non credo si tratti solo di differenze politi ciste – brutta parolam
    ci capiamo -: “peso negoziale”, “riconoscibilità”, posti in piedi o a sedere. Vi
    è una sostanza politica e programmatica che va dalla direzione delle riforme
    istituzionali renziane, alla politica economica e del lavoro, alla idea di
    partito, che rendono questo PD e il suo governo, poco frequentabili. Io, da
    simpatizzante, concordo con Chiara Cremonesi .

  • stemi

    Chiara: Se in generale il tuo punto di vista è accettabile, la tua analisi ha un punto debole, cioè quello del confronto aperto. Dalle conclusinoni di Vendola al congresso di RImini è emerso che dietro le quinte più che un confronto uno scontro stava avvenendo, avrebbe potuto aprirsi una dialettica trasparente ma così non è stato. Questo metodo è stato portato all’interno della tua regione la Lombardia, dove la sconfitta alle elezioni regionali che non ha permesso a nessun candidato di SEL di riconfermare il consigliere regionale. Una debacle totale a cui i dirigenti locali di SEL non hanno neppure abbozzato una risposta. E ancora peggio non si discute del perchè ben due Sindaci di SEL lombardi (una di Cinisello un grandissimo comune alle porte di Milano) abbiano lasciato il partito, prima ancora dei parlamentari. Quindi se nella sostanza politca molti di noi si ritrovano appieno nelle posizioni di SEL espresse da Vendola, almeno una piccola autocritica sulla democrazia interna e di conseguenza sul metodo occorre che prenda corpo in SEL, soprattutto quando le questioni che si portano al tavolo della discussione non sono marginali, come quella del rapporto con il PD.

  • sergio turri

    cara cremonesi non si tratta di scissione ,ma peggio. e’ il crepuscolo di sel

  • Dario

    Ma guarda, se l’attuale PSE è di sinistra, io il Mago Silvan. Quelle poche parole che ho scritto non le ho mai viste attuate: patrimoniali, nazionalizzazione di banche ed imprese importanti, intervento dello stato nell’economia, reddito di cittadinanza, lotta alla finanza…
    Hai detto bene sui presunti compagni: proprio perché loro hanno finto la socialdemocrazia io credo che sia tutt’altra cosa.

  • Guido Conti

    Chiedo alla redazione di cercare di contenere lo sfogatoio quotidiano che sempre quelli agitano nel sito…
    Chiara Cremonesi ha dato un contributo ideale, oltretutto molto chiaro e aggiungo condivisibile nel medio- lungo periodo…Siamo in grado di confrontarci su questo o dobbiamo continuamente piantare esili bandierine identitarie e autoreferenziali? Comprendo che il fasciocomunismo e il grillismo abbiano fatto scuola di antipolitica e di critica reazionaria, ma sono anche certo la disintossicazione da ciò è possibile….Forse il mio pensiero stride con la cultura non violenta…La generosità di SEL è risaputa, anche io oggi ne abuso, ma la lotta politica per me è passione trasformante, non ragioneria spicciola da bar o peggio ignoranza complottistica a prescindere…….Grazie!

  • Lidia Franzoso

    Mi chiedo se Fidel Castro non abbia fallito anche per sue scelte sbagliate: interventi economici disastrosi e l’istaurarsi di un innegabile regime didattoriale che ha violentemente escluso qualsiasi dissenso. Alla sconfitta da Batista e complici interni ed estreri non é seguita la realizzazione di un progetto di vera liberazione. Gli abitanti di Cuba stanno proprio male. Ti assicuro che é sufficiente parlare con alcuni di loro, vedere la miseria in cui la maggiorparte gente vive per capire che la politica di Fidel Castro non é certamente un modello da seguire.

  • Lidia Franzoso

    Correzioni: Instaurarsi sconfitta di Batista