Madame Le Pen, la crisi e la politica della paura
La paura le ha dato sicuramente una mano a raggiungere quel 28% di consenso alle regionali. Un risultato che le ha assicurato il primo posto davanti a Sarkozy e a Hollande e le ha aperto la strada per la sfida all’Eliseo nel 2017. La paura dunque e la politica della paura, che è la sua da sempre. Ma il suo successo viene da molto più lontano, dal cambiamento in peggio di tutto, dalle dinamiche di impoverimento sociale che le politiche neo-liberiste hanno via via scaricato sulla vita delle persone, da una politica dei partiti tradizionali sempre più collocata in un altrove rispetto al Paese.
Deindustrializzazione nelle regioni del Nord della Francia, dove la leader del Front vola e dove il voto operaio fu per decenni comunista e ormai da tempo va là, verso l’ultradestra di Le Pen; e disoccupazione, diffusa incertezza, mancanza di alternative per il futuro. Mentre la sinistra di Hollande tutto ha fatto fuorché occuparsi di dove stesse andando, in questi anni di crisi, il Paese: quello della vita quotidiana di uomini e donne, quello fuori dai Palazzi, quello con sempre minori tutele e sempre maggiori insofferenze verso i gelidi diktat delle tecnocrazie di Bruxelles. La percezione di un assedio, in questi luoghi del disagio, il peso di problemi avvertiti come troppo grandi e minacciosi, l’immigrazione vissuta come ulteriore minaccia alla propria sicurezza: questo il quadro che non ha trovato nessuna risposta democratica, nessun risveglio critico della sinistra, e neanche nessun interesse della classe politica “repubblicana” a capire almeno quello che succedeva nel profondo dei sentimenti popolari, che i sondaggi avevano segnalato, alcune inchieste giornalistiche mappato ma loro hanno ignorato. Lo spirito della Repubblica, se mai ha avuto la consistenza che la narrazione pubblica in Francia gli ha attribuito, non poteva che logorarsi. In più il peso della crisi economica e la politica del rancore e della paura del Fronte nazionale hanno risvegliato un fondo oscuro da sempre presente in parti della società francese, soprattutto nel sud più tradizionale: sentimenti reazionari, sanfedisti, xenofobi, che sembravano scomparsi e invece tornano a galla e si consolidano.
I risultati elettorali mettono bene in vista anche la crescente sfiducia nell’Unione europea, fenomeno che ben conosciamo anche da noi e che va per questo oltre la Francia, parla dell’Europa e della sua crisi. La interroga sul suo domani e sul suo destino. Madame Le Pen , con abile cinismo, si è accomodata presso questi sentimenti di frustrazione, ci si è rispecchiata, con la classica mossa populista di parlare direttamente al popolo impersonandone i sentimenti, e utilizzando il disagio, il rancore, l’insofferenza degli strati più colpiti della società per costruire il fantasma del nemico esterno, il migrante da tenere lontano. Ha invocato ferree misure di sicurezza, la chiusura delle frontiere, il ripristino in chiave nazionalista della sovranità. Hollande non è stato da meno, dopo la strage al Bataclan. Se le risposte sono le stesse, vince chi le dice da più tempo, chi si è guadagnato nel tempo le stellette della credibilità. Paladina della “nazione e della Repubblica”, così si presenta Marine Le Pen, attenuando quanto basta i tratti più indigeribili del vecchio partito di suo padre per facilitare la sua marcia verso l’Eliseo.
Nell’epoca della polverizzazione del corpo sociale, dell’indistinzione delle parole, che dovrebbero distinguere i campi della politica e invece li confondono, dell’imporsi di idee e programmi sempre più interscambiabili, ciò che resta è soltanto la linea di demarcazione tra chi sta in alto, le élites appunto, e chi sta in basso, il popolo appunto. Che è oggi una realtà della politica senza parola, con cui occorre saper fare i conti anche se si vuole riaffermare e dare vita concretamente a una prospettiva di sinistra. La Pen la mette in scena dall’ultra destra da cui parla, è il suo mantra, il suo biglietto da visita. Ha ripetuto dopo la vittoria quello che aveva detto in più occasioni elettorali: “E’ finita in Francia e in Europa la distinzione tra destra e sinistra. La vera lotta è tra l’alto e il basso nella società. In alto ci sono i sarkosisti, i socialisti, l’euro e il libero mercato. In basso c’è il popolo e ci siamo noi”.
Più chiara e apodittica di così madame Le Pen non potrebbe essere.
E così cavalca l’onda. Si vedrà come andranno le cose. Ma il messaggio dei risultati elettorali non è certo confortante.
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Francesco