Mafia capitale, andare a nuove elezioni aiuta o danneggia il percorso antimafia di Roma?
Quando emerge un sistema mafioso ampio, trasversale, reticolare, che colpisce istituzioni politiche – dai Municipi di Roma al Governo del Paese – il tentativo di screditare e delegittimare il lavoro di chi ha avuto la capacità di svelare questa struttura è pressoché immediato.
In alcuni casi avviene per ignoranza, in altri per malafede, in altri ancora per una forma di autodifesa. Sono gravi tutti e tre gli atteggiamenti perché rappresentano proprio l’humus grazie al quale si radicano e si rafforzano le mafie. Niente di nuovo: sono meccanismi classici che chi proviene dai luoghi in cui si sono originate le mafie è capace di riconoscere bene e in fretta.
L’ignoranza è rappresentata dall’incapacità di riconoscere il fenomeno e dalla sua negazione: “è corruzione, non è mafia”, si dice in maniera ricorrente.
La malafede è data invece dalla parzialità del racconto dell’inchiesta. Le uscite sistematiche di alcuni giornali che tirano in ballo non i protagonisti dell’inchiesta ma le figure che stanno intorno – per di più non indagate – servono a mettere tutti in guardia dalla magistratura. Costruire il teorema più profondo del “sono tutti uguali” è infatti un tentativo di disarmo e allontanamento dalla ricerca della verità.
L’autodifesa, che può essere semplicemente di natura psicologica, non necessariamente collegata ad un proprio coinvolgimento, è rappresentata dallo sminuire l’indagine: “la mafia c’è, ma non è quella indicata dall’inchiesta”.
Davanti a tutto questo che si può fare? Dico la mia pubblicamente: prima di ogni altra cosa non bisogna avere paura della verità. E questo deve avvenire sempre.
Bisogna dirlo chiaramente: il problema riguarda chi riporta le parole di chi non è neanche indagato per gettare ombre su tutti, non di chi ha fatto delle indagini. Per questo penso che dovremmo tutti essere contenti di questa inchiesta e non dare l’idea di subirla. Lo svelamento di questo sistema è un’opportunità per la politica sana e quindi un’opportunità per noi. Con la mafia non si scherza. Davanti alla mafia non c’è spazio per i giochetti politici, per le rendite di posizione, per le preoccupazioni di sopravvivenza, per ogni strumentalità propagandistica. Mai come in questo momento la responsabilità, la vera responsabilità, non quella sbandierata per fare le peggiori nefandezze, deve muovere l’agire politico.
Quali scenari può determinare la politica davanti a mafia capitale? Quali scelte vanno fatte?
Vedo che in tanti – da Casa Pound a Rifondazione comunista – invocano le elezioni. Viene anche chiesto a Sel di non sostenere più Marino. Ma fuori dalla propaganda, faccio una domanda molto chiara, e la faccio a tutti i cittadini, alle associazioni, ai movimenti, ai giornalisti, agli intellettuali, ai magistrati: andare a elezioni e iniziare una campagna elettorale, aiuta o danneggia il percorso antimafia di questa città? Non è la domanda retorica di chi conosce già la risposta, tutt’altro. Io voglio solo problematizzare la questione e non rincorrere semplificazioni facili o convenienti.
La mia preoccupazione è la seguente: siamo in presenza oggi di un livello alto di attenzione dell’opinione pubblica e di un livello alto di impegno anche da parte delle forze politiche messe sotto scacco, in primis il Pd. Interrompere questo meccanismo per tuffarsi in una campagna elettorale darebbe spazio o no alla riorganizzazione del sistema? Oggi conosciamo personaggi e protagonisti, domani rischieremmo di rimettere confusione al sistema?
Pongo queste domande per una riflessione collettiva. Non affermo nulla se non il terrore che si perda la centralità di quello che sta avvenendo per paura di rimanere schiacciati da una politica e da un’opinione pubblica irresponsabile.
Aggiungo anche però che non mi sfugge un altro passaggio fondamentale: pensare di sconfiggere i clan soltanto con le inchieste della magistratura o affidandosi soltanto all’esercizio asettico della legalità è solo un’illusione. Le mafie – come dimostrano anche le inchieste su Ostia o su Mafia capitale – hanno e gestiscono consenso sociale perché forniscono reddito e servizi che le istituzioni non hanno saputo garantire. È su quel terreno che va combattuta la battaglia se vogliamo vincerla davvero. Su questo ha un ruolo importante il Governo nazionale che, in questo delicato passaggio, non ha contribuito a un sostegno concreto su welfare, politiche sociali e ambientali della città.
In questo scenario Sel dovrebbe aprirsi pubblicamente e condividere questa riflessione con tutte le forze sane e democratiche del Paese. Da una discussione seria e partecipata si capirà come andare avanti, per costruire una Roma pulita e con una forte attenzione ai bisogni delle persone. La retorica, rinchiudersi nei fortini, le urla che riecheggiano il ventennio non salveranno la città.
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edoardo trotta da Genova
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francesco
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Dario