Mediterraneo occupato da Trident Juncture, la più grossa esercitazione Nato
Trentaseimila militari, trenta Paesi coinvolti, 140 aerei e 60 navi: Trident Juncture è la più grande esercitazione di guerra della Nato che si sia mai svolta nel Mediterraneo dal crollo del muro di Berlino a oggi.
Un dispiegamento di forze colossale sbattuto in faccia alla Russia, con al centro dei giochi di guerra la Sardegna, i suoi poligoni, le sue coste, le sue aree marine e di volo interdette.
Si alzeranno gli F16, i Tornado, gli Amx, per dire al mondo “che la Nato è pronta ad affrontare ogni minaccia”. Ma alla luce di quanto fin qui accaduto – dalla fine della guerra fredda in poi – verrebbe davvero da chiedersi quale sia la minaccia per l’ordine internazionale e la pace, se non proprio la Nato.
L’Alleanza atlantica si è accanita senza pietà sulle ceneri del Patto di Varsavia, penetrando minacciosamente oltre i confini di quella che fu la cortina di ferro, cooptando e destabilizzando i Paesi satellite di quella che fu l’Urss, impedendo una più graduale ed ordinata ricerca della democrazia, danzando sul rancore di popoli desiderosi di vendetta e riscatto, adagiandosi infine sui confini della Russia, dove oggi si costruiscono e potenziano le basi Nato, si dotano gli eserciti di missili a lunga gittata e – come tecnologici e postmoderni pavoni – si mostrano muscoli, petto e cacciabombardieri a Vladimir Putin, che ovviamente non risponde alla provocazione come farebbe un hippie.
Nel 1918 la Comunità internazionale umiliò la Germania sconfitta e così facendo innaffiò le radici dell’odio, del nazismo, di un altro bagno di sangue. Nel 1945 la strategia mutò radicalmente e si mise in campo il Piano Marshall, la cooptazione della Germania nell’alveo delle democrazie occidentali.
La Russia di Putin è la risposta muscolare all’accanirsi sullo sconfitto delle potenze vincitrici. Ed è una risposta di guerra. Altro non poteva essere.
Trident Juncture 2015 è la manifestazione di una sorta di autistica coazione a ripetere, quasi che davvero l’Occidente non riesca a comprendere come la linea della destabilizzazione – sia in Europa orientale che nel medio e vicino Oriente – sia ormai sfuggita di mano, quasi che non fosse chiara la necessità di una decisa inversione di rotta verso la trattativa diplomatica, la gestione coordinata delle crisi, il disarmo (sia quello nucleare che quello convenzionale).
E in tutto questo ecco ciò che dalla Sardegna tentiamo di dire ai pacifisti di tutta Italia quando parliamo dei tre più estesi e strategici poligoni d’Europa.
Non esistono solamente gli F35 (che paiono davvero e sempre l’unico tema da sollevare). Esistono anche 24mila ettari di territorio solo fra Capo Frasca, Teulada e Quirra (ovest, sud-ovest, sud-est) sottratti all’economia civile e dedicati alla economia della guerra.
E se fosse questa l’occasione buona per volgere uno sguardo alla Sardegna che non sia solamente quello del bagnante nei mesi estivi?
Il video è la presentazione delle operazioni prodotto dalla Nato