Sei in: Home › Attualità › Notizie › Napolitano e l’austerità
Mercoledì, 5 febbraio 2014

Napolitano e l’austerità

astolfo

A ridosso delle imminenti elezioni europee e dell’avvio, a luglio, del semestre di presidenza italiana, Giorgio Napolitano si è recato a Strasburgo e ha sfoderato un discorso importante. Come si dice, a tutto tondo. Il passato, il presente, il futuro dell’Europa. La sua economia, la sua politica, le sue istituzioni. Conosce bene quell’aula e sa di cosa parla, ha contribuito infatti a suo tempo a redigere quei Trattati Europei che oggi governano il Continente. L’incedere del suo discorso, sempre scandito, com’è nel suo stile, da parole calibrate e appropriate, si spinge sino al punto di praticare l’autocritica sull’austerità “ad ogni costo” e a chiedere, o meglio a proporre, un cambio di rotta. Bene, molto bene. Lo diciamo senza alcuna ironia e neppure ci sfiora l’idea di pronunciare la frase “era ora”. Troppo facile, troppo scontato, inutile, soprattutto, ad aprire finalmente un confronto di merito, cioè politico e non da bar sport, sul modo con cui uscirne a sette anni dall’inizio della grande crisi. Prendiamo la parola delle parole con cui proprio in Europa, e particolarmente in Italia e prima ancora in Grecia, si è connotata la risposta alla crisi da parte dei governi, la parola “austerità”, appunto, la stessa su cui si sofferma adesso Napolitano. Che fosse la parola sbagliata l’abbiamo detto subito e ci siamo guadagnati per questo, ancora una volta, il marchio della sinistra “radicale”, “estremista”, “disfattista”, per dire un termine che oggi Enrico Letta rivolge addirittura alla Confindustria che lo critica per il suo immobilismo nell’azione di governo. Poi, a cose fatte, c’è arrivato, definendole “fallimentari”, lo stesso Fondo Monetario Internazionale, che proprio quelle politiche di austerità aveva contribuito ad imporre, fuori da un binario democratico. Il punto che adesso noi però poniamo è che per cambiare rotta, come finalmente chiede l’Italia all’Europa per bocca del suo Presidente, bisogna che l’Italia e l’Europa tornino indietro da quelle politiche. Da noi, per essere chiari, vuol dire rimettere al più presto in discussione le scellerate scelte del governo Monti, voluto a suo tempo da Napolitano in luogo del voto democratico degli italiani. Sulle pensioni, sulle politiche sociali e su quelle del lavoro. La crescita, e noi diciamo quella “sostenibile”, sarà praticabile solo a partire dalla rimozione di quelle politiche di puro rigore che hanno allargato al massimo storico e sociale, cioè come neppure nell’Ottocento, la forbice tra povertà e ricchezza dentro l’Europa. Rimozione di quel fiscal compact che nessuno dei paesi comunitari riuscirà nei fatti a praticare, men che meno noi che proprio a partire da quest’anno, e per vent’anni, dovremmo portare la crescita media annua del Pil al 2,2 % dopo che per altri vent’anni, quelli che sono alle nostre spalle, abbiamo viaggiato, quand’è andata bene, verso la prima cifra decimale dopo lo zero virgola. Gli strateghi dell’austerità ci hanno ridotti ad essere il paese con il più alto tasso di recessione e ora ci impongono, con il fiscal compact, di crescere come fossimo la Cina d’Europa. Rimozione dunque delle politiche di austerità e introduzione del social compact che metta finalmente mano ad un bilancio comunitario fondato su un patto sociale di politiche fiscali europee, sulla tassazione delle rendite, sul fiscal green. E revisione di quei trattati comunitari per fare dell’Europa quel soggetto politico che cambia le regole della finanza speculativa, regole che stanno all’origine della crisi e che oggi l’allungano e domani la riproducono, senza alcuna via d’uscita possibile finché esistono. Ecco, fare autocritica dell’austerità vuol dire intraprendere questa strada, lungo la quale s’incrocia l’idea fondativa dell’Europa federalista di Altiero Spinelli, qualcosa che viene da lontano e trae la sua forza dal fatto di prefigurare la possibilità del futuro del Continente.

Commenti

  • fabio

    no cari compagni sbadati,non e’ cosi’ che si fa’ politica,non e’ cosi’ che si fa opposizione,napolitano insieme ad altri ratifico’ i trattati che hanno imposto questo status,trattati che sono pubblici e quindi consultabili,voi siete pagati per monitorare e per informare il vostro elettorato dei danni che questa europa ha fatto,non siete li’ ad attendere e ad accodarsi senza far tanto rumore,ad un timido acceno da parte dello stesso firmatario napolitano,troppo comodo fare opposizione solo ai vergognosi politici del pdl,potremmo andarci tutti.La morte di moltissimi imprenditori non vi dovra’ dare pace,perche’ la vostra’immobilita e’ stata la loro condanna a morte.

  • fabio

    lo scrivo gia’ ,non sono un grillino,quindi risparmiatevi le offese,sono stato un compagno per moltissimi anni e forse lo sono ancora,ma adesso mi vergogno per voi,perche’ vedo in voi l incapacita’ di riconoscere “il nemico” usando parole rivoluzionarie,e penso ai nostri partigiani e mi domando se loro avessero esitato noi adesso dove saremmo,sono fiero di rifondazione che si sta sollevando e con lei altri indicandoci la strada da seguire,mentre vedo sel perdere consensi e mi chiedo se pensate davvero che quella sia la strada giusta.