Nichi Vendola diventa papà, chi sarebbe la vittima?
Il dibattito suscitato in queste ore sulla maternità surrogata e sui fatti che hanno riguardato la felice vicenda personale di Nichi Vendola, ha avuto e continua ad avere toni e in molti casi tratti distintivi squadristici, su cui molto vi sarebbe da riflettere. Non è la prima volta che capita e temo non sarà l’ultima. In tutti gli angoli più reconditi e oscuri di questa potente, meravigliosa macchina di connessione che è il web, si annidano le stesse squadre che un tempo assaltavano le camere del lavoro o le istituzioni e che oggi occupano il profilo del lebbroso di turno, con lo stesso odio, con la stessa rabbia, con la stessa volgarità. E alcune testate ne sono, oggi come allora, i fogli volanti di propaganda. Non sarebbe mai troppo tardi per una moratoria dell’insulto di tutte le principali forze politiche, sociali e culturali del paese.
Quello che continua a sfuggire in queste settimane di dibattito è una domanda che sembra essere stata cancellata, ma che è fondamentale quando si discute di diritti, libertà e scelte: dove risiede il danno e chi ne è vittima? Nel caso di specie il danno non esiste. Nessuna delle parti coinvolte subisce un danno, o potenzialmente potrà subire un danno. Non lo subisce il minore, circondato da un affetto di cui non si può dubitare, mettendo nel conto gli ordinari dubbi che riguardano tutti i rapporti tra genitori e figli. Non lo subisce la madre, coinvolta quotidianamente ed affettivamente nella crescita ed educazione del minore. Non lo subisce la comunità, non limitando o invadendo la sfera di nessun’altra libertà collettiva e individuale.
Questo non mi induce, ovviamente, a pensare che sia sempre così. Spesso queste pratiche, in alcuni paesi in via di sviluppo, avvengono calpestando la dignità e mercificando la vita umana. Ma su questo è la formazione di un quadro normativo certo ed efficace che deve intervenire. Il legislatore dovrà trovare nei prossimi tempi, speriamo brevi, una soluzione coerente con la complessità del problema. Io spero e credo che saprà trovarla utilizzando questo principio: garantire le libertà e la dignità umana. Fingere che la gestazione per altri – che viene praticata da anni in altri paesi legalmente da coppie etero ed omo – non esista è un danno innanzitutto per i bambini e le donne. Immaginare di proseguire con un impianto legislativo esclusivamente repressivo, come già oggi avviene con la Legge 40, la ritengo una follia. Occorre invece porsi il tema di una regolamentazione più avanzata perché è proprio il proibizionismo che talvolta – e non solo in questo campo – moltiplica gli arbitrii e rischia di consegnare al mercato scelte che vanno fatte con autonomia e consapevolezza.
Molto dipenderà anche da Sinistra Italiana, e dalla maturità che saprà dimostrare in questo delicato dibattito. Distinguere diritti e libertà civili dai diritti sociali rischia di mutilare il fronte di progresso che abbiamo avuto intenzione di costruire con il nuovo soggetto politico della sinistra italiana. Non si è conosciuta mai, nella travagliata storia di progresso repubblicano, una stagione di diritti sociali che non sia stata accompagnata da un progressivo avanzamento sul terreno dei diritti civili e del costume.
Fonte Huffington Post
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Enrico Matacena