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Venerdì, 3 ottobre 2014

No al decreto #DLstadi e migranti. Caro Renzi, non stiamo dalla stessa parte

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Questo Governo si è caratterizzato – come abbiamo detto più volte – per le continue decretazioni d’urgenza e le conseguenti fiducie. Dico conseguenti perché ormai in maniera sistematica questo esecutivo ripropone sempre lo stesso schema: costruisce pacchetti di provvedimenti con dentro le cose più diverse, priva della discussione il Parlamento, non permette di agire gli strumenti per modificare i decreti e in nome di una finta urgenza annienta o tenta di annientare il senso che per molti di noi che stanno qui, ha ancora il fare politica.

Questa volta è il turno della violenza negli stadi e della protezione internazionale d’altronde come non vedere lo stretto legame che intercorre tra un tifoso violento e un richiedente asilo. Eh già siamo veramente dei folli a non cogliere le numerose analogie fra questi due soggetti. Ma si sa noi della sinistra arretrata e ideologica ci attacchiamo a tutto, ce lo diceva anche qualcun altro speriamo di non sentire utilizzate su di noi altre categorie di berlusconiana memoria come per esempio “l’odio”.

Sentimento che ahinoi invece cresce e si diffonde davvero in questo Paese, aumenta insieme al disagio sociale, alla povertà e alla regressione culturale. E a tutto questo si risponde solo con provvedimenti securitari come questo per cui ci state chiedendo la fiducia: si aumentano le pene, si incide pesantemente sui diritti, sulla libertà dei cittadini e sulle garanzie individuali.

Ci sarebbe piaciuto parlare, nell’affrontare questi mondi, dell’inserimento del reato di tortura, di pene davvero alternative alla detenzione e di nuove carceri. Ma non di quelle da costruire, di quelle che abbiamo creato ad hoc per intere categorie di persone: penso ai migranti e ai Centri di identificazione ed espulsione, ai minori stranieri nati in Italia, alle “catene” della precarietà e della disoccupazione giovanile.

Ma ci arriveremo dopo, visto che questi argomenti non sono stati accorpati con un ragionamento profondo e con una visione, nello stesso decreto.

Non ci sono misure di prevenzione, anzi. Sono tutte norme che aumenteranno scontri sociali ed alimenteranno tensioni. Lo dico non solo al ministro Alfano ma anche al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio: non è così che si faranno tornare le famiglie allo stadio.

Un decreto, ancora una volta senza una discussione che ci permetta di ragionare sulle politiche migratorie, sull’impegno in termini di accoglienza, sulla cooperazione con l’Europa e sulla libera circolazione delle persone.

Oggi, 3 ottobre,  anniversario della più grande ecatombe del Mediterraneo. L’anno scorso persero la vita 366 migranti che cercavano con speranza e fiducia di scappare dalla guerra.

Bisogna istituire la “Giornata nazionale per la memoria dei migranti vittime del mare”, la proposta di legge è stata accantonata per un anno intero. Oggi torna in Parlamento e ci auguriamo che questo Governo non la trasformi in un’operazione mediatica per aggirare con la retorica il tema ben più spinoso dell’accoglienza e del futuro multiculturale di questo Paese. Anche perché a questo abbiamo già assistito, non dimentico le tante parole spese sulle seconde generazioni durante le primarie di Matteo Renzi.
E allora vorrei dire al Presidente del Consiglio che accanto a Marta e Giuseppe ci sono anche Ahmed e Jasmine e sono italiani quanto quei ragazzi condannati dalla precarietà a cui si sta spiegando che togliendo diritti ai loro padri avranno un posto di lavoro.

E poi ci sono Luana, Cornelia le loro storie ce l’ha raccontate proprio ieri un bravo giornalista che si chiama Antonello Mangano. Ci ha detto che in Sicilia, a Vittoria, in provincia di Ragusa, le donne rumene che lavorano nelle Serre oltre ad essere sfruttate nel loro lavoro agricolo per continuare ad avere un tetto sulla testa e del cibo da dare ai propri figli, devono offrirsi carnalmente al proprio padrone. Si devono fare violentare come e quando pare a loro e siccome mettere un preservativo è cosa fastidiosa meglio portarle a Modica ad abortire. Tanto mica sono come piace dire alla Lega “le nostre donne”, sono donne rumene possono essere utilizzate come carne fresca da offrire ad amici e parenti, sicuramente a queste donne piace anzi se ne approfittano anche un po’ dei nostri uomini. E però guardate che loro non saranno le vostre donne ma questi signori che le sfruttano sono i nostri uomini. Sono i nostri mariti, i vostri padri, i vostri fratelli.

Questo si consuma nella campagna e tanto altro si consuma nel deserto e nel mare.

L’Italia non sta facendo nulla per combattere la tratta di esseri umani, per riformare radicalmente il diritto di asilo, per far cambiare le regole ingiuste di Dublino. L’Italia non sta facendo nulla per aprire corridoi umanitari, o creare presidi territoriali, con l’Unione Europea e le organizzazioni umanitarie.
Il Papa ha detto che “Questo rappresenta l’olocausto del nostro tempo. Una strage silenziosa che pesa sulla coscienza di tutti”. Il 3 ottobre come c’ha intimato la sindaca di Lampedusa non bisogna stare in silenzio. Ma urlare.

Abbiamo provato a parlare prima di urlare. Abbiamo cercato di restituire maggiore indipendenza e imparzialità alle commissioni, che hanno un ruolo fondamentale nelle decisioni sulla protezione internazionale. Abbiamo fornito loro maggiore garanzie sui procedimenti, sulle fonti di prova utilizzate e sugli elementi di valutazione adottati. Ma non basta, ovviamente.

Non basta alla luce di quello che sta accadendo nel nostro Paese. Il ritorno galoppante del razzismo. Quello peggiore, quello più sottile ma culturalmente devastante, che inizia spesso con “io non sono razzista però…”. Ne abbiamo avuta una dimostrazione nelle scorse settimane a Roma, dove siamo in pieno allarme sociale. Gli assalti ai bus, le aggressioni agli immigrati, le ronde e la giustizia fai da te degli abitanti, la solidarietà al rovescio. E i rifugiati rinchiusi nei centri d’accoglienza perché rischiano pestaggi.

Ci sono tante zone “calde” in città, ma nessuno però allarga il campo. Mentre il Ministro Alfano parla di “decoro urbano” nessuno cerca di capire da dove arrivano gli interminabili flussi di sostanze stupefacenti, prima origine del controllo del territorio e delle comunità dei migranti da parte della criminalità organizzata a Roma.

La droga non cresce sugli alberi delle periferie; esiste una rete criminale fatta di corruzioni, collusioni e zone grigie, che coinvolge anche e soprattutto i salotti buoni. Si chiamano mafie e il loro profitto fa parte ufficialmente del Pil del nostro Paese. E Roma ne è la capitale. Le mafie sfruttano i vuoti: la concessione di diritti fondamentali – che dovrebbero essere garantiti dalle istituzioni – diventano preziosa merce di scambio. Questi sono i poteri forti caro Matteo Renzi altro che le barzellette sul Sindacato. È con loro che prolifera il welfare delle mafie. E grande responsabilità davanti a tutto questo ce l’ha la Politica.

Serve immediatamente un grande piano di politiche di inclusione sociale e di welfare, serve un piano per l’occupazione, un reddito minimo garantito, investimenti in settori strategici per il Paese. Insomma di tanto potremmo discutere se solo ce ne deste l’opportunità. Altro che gufi… ma invece avete deciso di svuotarlo del tutto questo Parlamento e la discussione farla in ben altri luoghi. Negli show televisivi, nello streaming delle vostre direzioni nazionali, sui giornali e su i discorsi alla Nazione su You tube.

Concludo signor Presidente, dicendo a Matteo Renzi che è vero che noi di Sinistra ecologia e libertà a volte siamo dei sognatori ed è vero che ci battiamo per quell’essenziale che non è visibile agli occhi. Ma proprio per questo non abbiamo mai pensato ad una condizione comoda in cui non sporcarci le mani, proprio per questo non ci tiriamo indietro davanti alle nostre responsabilità. Cambiare la condizione di vita delle persone è il segno che in questo momento deve mettere in campo la politica. Diminuire le disuguaglianze, offrire opportunità, non rincorrere solo il falso mito del merito, perché signor presidente c’è anche chi sinceramente non ce la fa e non può e non deve soccombere perché non riesce ad essere il primo. Per tutti questi motivi vi diciamo di no. Per tutti questi motivi non ci ritroviamo dalla stessa parte e per questo non avete la nostra fiducia.

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