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Giovedì, 1 ottobre 2015

Noi continueremo a cercare lune e mondi a venire, perché te lo dobbiamo

smeriglio

La commemorazione a Lenolo di Massimiliano Smeriglio

Caro Pietro,

il fatto di essere qui oggi, dopo le celebrazioni alla Camera dei Deputati, e le parole bellissime di Alfredo Reichlin e Maria Luisa Boccia è già un manifesto della tua vita. L’attività politico-istituzionale e prima ancora quella partigiana, si legge sui libri di storia. Ma accanto alla dimensione del dirigente comunista e uomo delle istituzioni che ha girato in lungo e in largo l’Italia ci sono i legami con i tuoi luoghi, la tua terra, le tue appartenenze, verso il mondo, il pacifismo e l’ambientalismo.

Appartenenze di nascita e politiche. Come ad esempio Terni, collegio per tanti anni. Dove nel 1978 per i 30 anni della nascita della Costituzione Repubblicana. Davanti alle acciaierie. Niente di costruito, a favore di telecamere, ma un invito. Arrivato direttamente dal consiglio di fabbrica.

L’inizio del comizio puntò proprio a sottolineare l’innovazione e insieme la straordinarietà dell’occasione.

“Credo che sia la prima volta nella storia d’Italia che un presidente della Camera dei deputati, su invito del Consiglio di fabbrica, viene a parlare della Costituzione della Repubblica dentro il grande capannone di un complesso siderurgico. (…) Credo ci sia una ragione di questa innovazione. Io parlo a gente non lontana dalla Carta costituzionale, non estranea, parlo a gente che sta alla radice delle norme solenni scritte in quella Carta; parlo a “fondatori”, a “costituenti”.

Diversità. Affinità e l’esigenza già allora di creare ‘comunità’, non dividere il lavoro, i lavoratori dal naturale punto di riferimento politico.

“Ho tenuto questa assemblea in un capannone e se la paragono non solo fisicamente, all’assemblea cui partecipo a Montecitorio, seduto sul mio seggio, come sono diverse, l’aria, i volti, le esperienze! Forse abbiamo bisogno tutti di intrecciare queste assemblee, ne abbiamo bisogno noi che stiamo là per ascoltarvi, per capire cosa volete voi che siete presidio della democrazia, per non restare lontani, isolati.”

Un concetto ribadito, rinforzato. In un tentativo di reciprocità tra rappresentanti e rappresentati.

“Io domando che noi dialoghiamo, convinto che non che mi verrete a portare soltanto la vostra protesta. Penso ad un dialogo in cui si possa discutere insieme problemi gravi, difficili e complicati. Voi mi raccontate delle vostre difficoltà e dei vostri problemi ed anch’io vorrei raccontarvi delle mie difficoltà, dei miei problemi a far funzionare in modo moderno e nuovo questo Parlamento e questo Stato.”

 

Poi Lenola, la casa, la famiglia, la finestra sul monte, le notti d’estate. Un legame profondo, intenso, ma anche contrastato, tanto che è nota la telefonata di Andreotti nel 1948   per sottolineare i 17 voti conseguiti in Paese. E qui a Lenola la storia inizia, come hai raccontato nei primi capitoli di ‘Volevo la luna’ e poi ancora, recentemente in un’intervista del 2011.

“Il mio era un paese contadino, con ceppi patronali e gruppi di artigianato. Fu mio nonno Francesco, siciliano di Girgenti e garibaldino, a costruire quella casa a metà strada tra il paese e il colle. Lenola era allora sul confine tra il Regno dei Borbone e lo Stato pontificio. Dalla casa che saliva verso il colle del santuario c’erano balconi che si affacciavano sull’orizzonte e io provavo un’emozione molto forte quando riuscivo a cogliere, stavo per dire acciuffare, il sorgere della luna dietro le spalle montuose. Specie nelle notti d’estate, guardavo la corona di montagne, con cieli gremitissimi di stelle: quello spettacolo che inondava il cielo del suo chiarore è diventato per me il simbolo di un oltre che alludeva ad altri mondi”

Ed è qui negli ultimi anni, che con Manrico, con il Sindaco, con Maria Luisa abbiamo festeggiato i tuoi compleanni sottolineando un legame profondo con il territorio, dall’entroterra giù fino al mare di Formia.

Caro Pietro, sei venuto a mancare sul finire di un mese a cui avevi dedicato parole bellissime in una delle tue poesie.

Settembre sono questi cieli
il loro destino incerto
il fulgore morente
come s’aprono piano
le scogliere della luce
s’inumidiscono lembi
a dischiudere segni, come mai prima
s’incupiscono monti
lievi al nostro stupire.

Hai attraversato il Novecento da protagonista non vinto, né domato. Un impegno appassionato e visionario, il tuo. Noi continueremo a cercare lune e mondi a venire, perché te lo dobbiamo.

Fai buon viaggio. Che la terra ti sia lieve. Ciao Pietro.

 

 

 

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