Oltre il Pil. Finalmente anche in Parlamento
La discussione sulla proposta di legge per l’introduzione degli indicatori di benessere è stata calendarizzata alla Camera dei Deputati per il prossimo mese di giugno. Si tratta di una proposta di legge dal titolo: Disposizioni per l’utilizzazione degli indicatori di benessere nelle politiche pubbliche a mia prima firma e sottoscritta da altri 55 deputati di diversi gruppi politici.
Questa proposta di legge prevede – nel corso della legge di bilancio e del DEF- di integrare gli indicatori macroeconomici con indicatori di benessere, di sostenibilità ambientale, di genere. Il PIL non ci spiega tutta la verità della situazione sociale ed ambientale e non ci descrive veramente il benessere del paese. Il PIL non ci racconta delle diseguaglianze di un paese, non ci dice delle esternalità negative della crescita (l’inquinamento, il consumo di suolo, il peggioramento delle condizioni di salute). Non tutta la crescita è buona: il PIL può aumentare perché si fabbricano più armi o perché si costruiscono palazzi sulle spiagge e si distrugge il territorio.
Robert Kennedy disse in un memorabile discorso nel 1968:
Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, comprende anche la ricerca per migliorare la disseminazione della peste bubbonica, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.
Si tratta allora di creare e trovare indicatori diversi, alternativi. E’ il lavoro che negli anni scorsi ISTAT e CNEL hanno portato avanti creando l’indicatore del BES (Benessere Equo e Sostenibile) che ci mostra quali siano veramente i parametri sociali, ambientali, ecc. cui fare riferimento per capire se stiamo procedendo nella giusta direzione: quella del benessere, della sostenibilità, della qualità della vita. Non si tratta semplicemente di un’esigenza scientifica e conoscitiva. L’uso degli indicatori di benessere nelle politiche pubbliche ci permette di valutare l’impatto delle politiche stesse e serve a orientare queste politiche verso gli obiettivi che veramente importano ai cittadini: il lavoro, la qualità dell’ambiente, l’esistenza di servizi sociali adeguati, ecc.
La proposta di legge sugli indicatori ha influenzato un’altra proposta di legge (probabilmente saranno abbinate) molto importante: la riforma della legge di bilancio (dal titolo: Modifiche alla legge n. 196 del 2009, con particolare riguardo al contenuto della legge di bilancio, in attuazione dell’articolo 15 della legge n. 243 del 2012). E’ una legge bipartisan che fissa le regole del gioco per discutere le misure economiche e finanziarie un tempo individuate con la legge finanziaria, poi con la legge di stabilità e domani con la legge di bilancio.
I contenuti della proposta di legge sugli indicatori di benessere ha positivamente influenzato la stesura della futura legge di bilancio che ha ripreso alcune delle formulazioni della proposta sugli indicatori. E infatti, si dice nella riforma del bilancio: “In apposito allegato al DEF, è riportato l’andamento nell’ultimo triennio degli indicatori di benessere equo e sostenibile adottati a livello internazionale nonché le previsioni riguardo alla evoluzione degli stessi nel periodo di riferimento, anche sulla base delle misure previste per il raggiungimento degli obiettivi di politica economica…
Con apposita relazione, da presentare alle competenti Commissioni parlamentari entro il 15 febbraio di ciascun anno, è evidenziata l’evoluzione dell’andamento degli indicatori di benessere equo e sostenibile adottati a livello internazionale sulla base degli effetti determinati dalla legge di bilancio per il triennio in corso.”
Se venissero approvati i testi in discussione ci sarebbe un’innovazione profonda nei modi con cui vengono analizzate e decise le politiche pubbliche ed in particolare le politiche economiche e della spesa pubblica. Andare oltre il feticcio del PIL è ormai necessario ed un modo per costruire su basi nuove le politiche per uscire dalla crisi, rimettendo al centro il lavoro, i diritti, l’ambiente: il benessere vero.