Palmiro Togliatti, 50 anni dalla sua morte
Il 21 agosto del 1964 a Yalta, nella Crimea sovietica dove era in vacanza, morì Palmiro Togliatti. Togliatti, come scrisse Giorgio Bocca, “è ricordato come un uomo freddo, un intellettuale controllato nei sentimenti, un politico scaltro”. M resta allora da spiegare, come ,continua Bocca, “l’Italia proletaria fu pronta alla insurrezione armata quando si attentò alla sua vita e perché milioni di italiani di ogni ceto ebbero il sentimento, nel giorno della sua morte, che con lui se ne andava uno dei Padri della Repubblica”.
Togliatti partecipò alla nascita del PCdI nel 1921 sulla spinta della rivoluzione d’ottobre; dopo l’arresto di Gramsci e la sua lenta morte nel carcere fascista, Togliatti, da Mosca, prese la guida del PCdI nel mentre diventava uno dei più autorevoli dirigenti della Internazionale Comunista.
Condivideva la politica dell’Unione Sovietica guidata da Stalin, quello era il suo mondo politico. Nella lotta al fascismo e al nazismo, che vide alleate l’Unione Sovietica , gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia, manifestò le sue migliori doti politiche. Tornato nel 1943 in Italia, mise da parte la pregiudiziale monarchica anteponendovi la lotta al fascismo e all’occupazione nazista, ed entrò come vicepresidente del Consiglio dei Ministri nel secondo governo Badoglio e poi nel governo Bonomi, e finita la guerra dette vita ai governi Parri e poi De Gasperi e fu Ministro della Giustizia. Partecipò da protagonista alla nascita ,col referendum, della Repubblica e alla approvazione della Costituzione con la DC, il PSI e i partiti laici. Dette prova di grande realismo con il recepimento nella Costituzione dei Patti Lateranensi e la concessione di una amnistia ai fascisti.
Il suo legame con l’URSS fu forte, era insignito della cittadinanza sovietica e dopo la sua morte una città sul Volga cambiò nome assumendo quello di Togliatti, peraltro non cambiato neanche dopo il crollo sovietico, a differenza di Leningrado tornata San Pietroburgo.
Rifondò nel 1943 il PCI, trasformandolo da un partito settario e clandestino, sezione italiana della Internazionale comunista, in un grande partito di massa e democratico. La sua “via italiana al socialismo” conquisto elettoralmente,con lui 1 italiano su 4 e con Berlinguer 1 su 3 a testimonianza della fecondità ideale e pratica di quella strategia politica.
Ricordarlo non vuol dire certo sottovalutare l’errore del suo legame con l’Urss che lo spinse anche ad approvare l’invasione dell’Ungheria nel 1956. Ma questo non mette in discussione la sua parte nella costruzione della Repubblica Italiana e quanto ha saputo fare per migliorare la condizione sociale e culturale del popolo italiano, con la azione democratica di un grande partito come il PCI, di cui, al pari degli altri partiti della prima Repubblica, si sente oggi drammaticamente l’assenza. Come disse Bocca ” anche gli avversari hanno riconosciuto che era un uomo di qualità, un intellettuale, uno che aveva il senso tragico della storia, non un avventuriero o un opportunista”.
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