Parliamo di ambiente per parlare di noi
Inutile, credo, sia raccontarsi di come le condizioni climatiche del nostro Pianeta siano completamente stravolte dagli ormai sempre più frequenti eventi atmosferici estremi.
Siamo sempre più in balia dell’imprevedibilità, del dissesto idrogeologico, di eventi come le “bombe d’acqua”, capaci di fare ingenti danni all’agricoltura e di allagare le metro, le cantine, i negozi, le strade. Siamo sempre più avvolti da temperature elevate concausa estiva di incendi e siccità che repentinamente si trasformano in vento e ondate di freddo fuori stagione.
L’allarme che però credo qui oggi bisogna lanciare è la difficoltà di dare forma alla tematica. Si tratta di disastri ambientali perché “fanno notizia” creano “scalpore” e “sgomento” in milioni di persone che sentono parlare di territori a loro più o meno vicini devastati dalle raffiche di vento (come recentemente accaduto a Corigliano e Rossano Calabro), dalle improvvise grandinate. Si continua a parlare dall’accumulo incessante e dalla difficoltà di recupero dei rifiuti nelle aree urbane ed il loro riversamento non solo lungo le strade ma anche nelle terre limitrofe, nelle peggiori ipotesi adibite alla coltivazione (come accaduto nei mesi scorsi a Spezzano Albanese in provincia di Cosenza). La difficoltà di trovare un programma televisivo, una rivista o ancora un settore in libreria con manuali, libri, saggi ambientali ed ecologici ne sono la dimostrazione.
Il problema viene percepito dai cittadini come vicino a loro ma difficilmente risolvibile se non dagli enti nazionali od europei forse proprio perché vengono ad essi negati gli strumenti e le occasioni per apprendere e metabolizzare le tecniche che potrebbero essere messe in campo, dando alla tematica forma, proprio partendo dalle singole soggettività.
Di ambiente, forse non è inutile sottolinearlo ancora, si discute nei dibattiti televisivi solo se ci sono alluvioni, frane, trombe d’aria, ma non si spiega ai cittadini che noi tutti possiamo agire non solo politicamente sugli amministratori locali ma anche culturalmente modificando i nostri comportamenti quotidiani e delle nostre comunità, educando i più piccoli, come avviene nei paesi del nord Europa, alla tutela ed al massimo rispetto dell’ambiente in cui si vive.
Conduciamo, insomma, dibattiti sulla tematica solo quando accresce lo “share” televisivo.
Si riduce da una parte a questo il tema dell’ambiente. Dall’altra, relegati nei loro dibattiti invece estremamente interessanti gli studiosi sembrano essere una élite che non merita ascolto se non in maniera marginale dai grandi media che preferiscono parlare di finanza, gossip, sport, ritenuti argomenti principalmente interessanti per un vasto pubblico.
Eppure mi domando come oggi, nonostante la necessità dimostrata scientificamente di occuparsi di tale tematica in maniera seria e lungimirante, sia possibile relegarla a luoghi difficilmente pubblicizzati e quindi raggiungibili alle orecchi della grande massa. Il rapporto dell’IPCC del marzo scorso presentato a Yokohama non lasciava né dubbi né spazzi di manovra ampi ai governi nazionali (soprattutto ai 15 produttori del 70% delle emissioni quali USA, India, Cina) ma poneva in allarme l’intero sistema di produzione industriale mondiale affermando con certezza che la soglia dei 2° C è la soglia oltre la quale i nostri modelli di crescita diventano insostenibili non solo per molte specie animali e vegetali, che rischiano l’estinzione, ma anche per la stessa salute umana.
Per questo oggi parlare di ambiente dovrebbe essere del tutto naturale. Dovrebbe riguardare attenzioni legislative, tutele naturalistiche, la messa in sicurezza di vaste aree del nostro Paese che necessiterebbero urgenti investimenti per rafforzare immediatamente la messa in sicurezza del nostro patrimonio storico, artistico, culturale (come accaduto agli scavi di Pompei, certo, ma anche ad esempio al colle della Madonna del Castello a Castrovillari e agli Scavi di Sibari in provincia di Cosenza negli scorsi anni) che rischia di essere cancellato per sempre dalle intemperie, e conservarlo intatto alle future generazioni.
Potremmo parlare di come il concetto di “green jobs” e di “produzione verde” andrebbe a rivoluzionare la mentalità produttrice dei piccoli e medi imprenditori che oggi si affacciano curiosi ad un’Europa e ad un mondo esasperato dalla crescita produttiva incontrollata e che con difficoltà si sporgono al margine di un mercato globalizzato aggressivo che pone forti barriere all’entrata per nuovi concorrenti. Di come per loro e per i grandi agglomerati investire nella trasformazione del processo industriale in un processo “Green” possa significare il rilancio dell’occupazione locale e la produzione di prodotti “hight-quality” riconosciuti da marchi che ne attesterebbero il rispetto di norme ambientali e sanitarie tra le più avanzate da esportare anche all’estero.
Potremmo parlare di territori che grazie alla lungimiranza dei loro amministratori hanno realizzato progetti funzionanti e premiati in tal senso, come l’esperienza del Siena Carbon Free 2015 che ha cambiato radicalmente il modo di fare ed immaginare l’impresa e ha raggiunto l’obiettivo dell’abbattimento delle emissioni di CO2 all’interno di un territorio meraviglioso come quello della Provincia di Siena, vincendo inoltre il primo premio nel concorso promosso dal programma ambientale delle Nazioni Unite “Liveable Communities Awards” nel 2012, per trarne esempio e esportarne i principi in altri territori.
Gli strumenti per parlare e curare il mondo malato che ci circonda ci sono e trasversalmente coinvolgono tanti temi e tanti esperti quanti territori e popolazioni. Mi piacerebbe uscissero le testimonianze e le voci dei professori e degli operatori dalle sale dei convegni e che, a partire dalle scuole primarie fino a raggiungere le aule delle Università, si iniziasse a creare un dibattito ed una cultura sempre più “verde” volta alla consapevolezza della necessità di provvedere al nostro Pianeta a partire dal proprio territorio e a partire dalle proprie piccole “buone pratiche” quotidiane. Parliamo d’ambiente per parlare di noi perché tutti noi inquiniamo e tutti noi possiamo e dobbiamo impegnarci a farlo sempre meno. Lasciare intatto alle generazioni future il Mondo incredibile che viviamo con ogni sua singola biodiversità e bellezza è ancora possibile. Desideriamolo.